Una delle difficoltà più grandi dei nostri tempi è quella di continuare ad osservare senza partecipare. Stare nella realtà senza esserne dominati. Si tratta di una pratica stoica. Jungeriana: essere il Martin Venator barista al servizio del Condor; coscienti di un fluire più alto. Non a caso, dopo la Dottrina del Risveglio, Julius Evola avrebbe voluto scrivere un ampio saggio sullo stoicismo.
Esserci, senza partecipare. Agire senza agire. Una via di liberazione non facile nella vita meditativa del singolo. Figuriamoci in politica.
Non è un caso che senza più politica sia caduta ogni forma di ragionevolezza. Il filosofo aveva da sempre il compito poetico di saldare la società umana con quella divina. Ragione e Logos coincidevano nel giusto mezzo di una legislazione ad immagine e somiglianza delle leggi di natura. Al di fuori di esso ci si apriva al Caos.
Paragonare Roma oggi, con gli stipendi retrocessi in 30 anni del 2,9%, con la Roma del 494 a.c, anno di fondazione dei Tribuni della Plebe, fa effetto. Ma è un discreto esercizio per comprendere, anzi ricordare, come Logos e Tecnica, o se volete Politica e Capitalismo, siano effettivamente due elementi inconciliabili.
La crisi della scienza, e della società liberale popperiana basata sull’epistemologia delle scienze lo dimostra tragicamente: i tecnici al potere si dimostrano irragionevoli. Dallo scranno alto della propria conoscenza specialistica, stampano moneta, ne difendono il valore, creano vaccini sperimentali, ne sostengono la massiva diffusione.
Epperò, caso strano, la realtà smentisce il modello tecnico. Il whateveritakes di Mario Draghi sprofonda in una svalutazione monetaria mai vista; l’euro perde 20 anni sul dollaro; i contagi, nulli nelle estete pandemiche, risalgono in piena siccità di buon senso e quattro dosi di surplus multinazionale.
Il re è nudo. Lo è ovunque in occidente. Lo è dal 2008, da quando scoprimmo cosa era un credit default swap; è talmente nudo che lo si vorrebbe coprire con qualche foglia di fico, rattoppare tassando gli extraprofitti prodotti ad Amsterdam sui future del gas, o con qualche donazione Fao di fronte alla mancanza di grano ucraino detenuto al 75% dal fondo americano Blackrock.
Siamo tutti nudi. Ma non va bene dirlo. Occorre mandare avanti il teatrino, in attesa che tutto crolli o tutto tramonti. È la società di Epimeteo, del fratello scemo del Prometeo incatenato. All’orizzonte nessun Ercole in grado di riconciliare l’Occidente con la ragione e il Logos.
Noi, come Martin Venator, serviamo cocktail con una dose eccessiva di consapevolezza. Quella overdose che non fa usura e che, stoicamente, consola.
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