Un puntuto commento di Guidobono al mio articolo sul ruolo della Nato e in particolare al mio giudizio sulla coscrizione obbligatoria mi ha indotto a una serena riflessione sull’importanza del servizio militare nella storia italiana. Alcune considerazioni del mio interlocutore sono senz’altro valide. È vero che i tedeschi nella seconda guerra mondiale si scandalizzavano perché anche in zona di guerra (e, aggiungo io, persino nei sommergibili) esistevano tre mense distinte, per ufficiali, sottufficiali e truppa; bisogna aggiungere però che fra di loro esisteva un senso della gerarchia molto diverso che fra noi, per cui il fatto di mangiare insieme non induceva a un eccesso di confidenza. È vero pure che molti ufficiali erano arroganti con i sottoposti, anche se non si può generalizzare. Per esempio fra gli eroi della X Mas Durand de la Penne era piuttosto altezzoso (anche per questo leticò con il suo “secondo” Bianchi, durante la prigionia), mentre Teseo Tesei aveva il dono di “farsi obbedire con il sorriso”. È vero che c’era un subisso di sciacquini e attendenti, ma spesso erano proprio i soldati, che magari erano camerieri a servitori nella vita civile, a cercare quella forma di imboscamento: ricordo ancora nel 1977 un fante tornare dalla licenza con una tanica da venti litri di vino della sua terra con cui ringraziare un tenente colonnello che l’aveva fatto passare come cameriere alla mensa unificata (ufficiali e sottufficiali) della caserma Mazzoni di Bologna. E bisogna aggiungere pure che i circoli ufficiali a basso costo e i piantoni erano un modo per risarcire a basso costo i militari di carriera di stipendi rimasti bassi fino agli anni Ottanta: all’ufficiale che non poteva pagarsi la cameriera si dava come compensazione l’attendente, con grande consolazione della moglie. Ci sono stati anche casi di attendenti tanto affezionati all’ufficiale da scegliere di morire accanto a lui, come l’ordinanza del comandante Borsini, che come lui non abbandonò la nave che affondava (e furono decorati alla memoria entrambi). Rinvio per questo al mio articolo reperibile su questo sito.
In realtà, le forze armate italiane riflettevano pregi e difetti di una nazione in cui, soprattutto al Sud, le differenze sociologiche ma anche psicologiche fra le classi erano molto più accentuate (il “tu” al cameriere era generalizzato, oggi semmai sono molti camerieri a dare del tu al cliente). C’era senz’altro arretratezza tecnologica e un certo gusto di sottoporre il soldato a disagi inutili. Noi in Africa settentrionale avevamo fasce mollettiere (un incubo ad allacciarsi) e scarponi chiodati che facevano esplodere col loro peso le mine antiuomo disseminate nel deserto; gli inglesi avevano le Clarks, non a caso soprannominate “le scarpe del deserto”.
Detto questo, resto dell’avviso che la coscrizione obbligatoria abbia svolto un ruolo importante di pedagogia sociale sino alla crisi degli anni Settanta, contribuendo a quella nazionalizzazione delle masse con cui bene o male sono stati fatti gli italiani. In questo, fu pari soltanto alla scuola; non a caso uno dei giornalisti e scrittori più apprezzati, con qualche eccesso, nell’Italia della seconda metà dell’Ottocento, Edmondo de Amicis, scrisse i racconti della Vita militare e in seguito il più noto (e più melenso) Cuore per far amare agli italiani due istituzioni, l’esercito di leva e la scuola, in particolar modo elementare, a lungo impopolari.
Ricordo che ancora negli anni Sessanta scuola ed esercito godevano di un notevole prestigio e popolarità. A Radio Montecarlo, radio “trasgressiva” perché libera dalla censura Rai, il conduttore che conduceva una delle trasmissioni più amate, il Balla Balla, sponsorizzato dalla cera Liù della Superiride, a una “sbarbina” addolorata perché il suo ragazzo partiva soldato rispondeva: “Così diventerà un uomo”. Il servizio militare di Gianni Morandi divenne un caso nazionale e ispirò persino un “Musicarello” con Bramieri e Pisu. Un alto dirigente romano del ministero dell’Istruzione, mio coetaneo, mi raccontò della sua visita di leva: mentre i coscritti della capitale speravano di essere riformati, i “burini” temevano di non essere fatti idonei. Vigeva anche in tempi di Repubblica il vecchio detto: “Chi non è buono per il Re, non è buono nemmeno per la Regina”.
Venne poi la contestazione, giunsero i “proletari in divisa” e infine il “mammismo” che più di tutto condusse alla fine della leva, pratica se non teorica (ci sarebbe voluto un emendamento alla Costituzione). E non a caso uno dei maggiori avversari della lcoscrizione obbligatoria con la Lettera ai cappellani militari fu don Lorenzo Milani, lo stesso individuo che con la Lettera a una professoressa contribuì come pochi altri alla crisi della scuola, altro grande fattore di nazionalizzazione delle masse, e alla delegittimazione del ruolo del docente.
Vorrei aggiungere che tanti soldati di leva imparavano nelle scuole reggimentali a leggere e a scrivere e più tardi, con i corsi Cracis, prendevano la licenza media, acquisivano specializzazioni utili nella vita civile, prendevano gratis patenti per conducenti di camion altrimenti costose da conseguire, apprendevano persinole buone maniere, se avevano superiori validi. Se penso che il manuale del caporale insegnava anchecome deve tenersi un uomo a fianco di una persona di riguardo – dandole per rispetto la destra, o la parte più protetta del marciapiedi – e a cedere il posto a una donna, anche se giovane, rimasta in piedi su un mezzo pubblico, credo che per molti ragazzi di oggi sarebbe necessaria una ferma almeno triennale. Ma forse sarebbe inutile, perché a difesa dei pargoletti interverrebbero le mamme, le stesse che con le loro chat e i loro esposti avevano chiesto giustizia sommaria alla maestra che in classe aveva osato alzare non le mani, ma la voce, sui loro figli.
Ringrazio Enrico. Fino alla WWII, quella per noi purtroppo decisiva, eravamo ancora l’Esercito non della Licenza Media, ma delle ‘pezze da piedi’ al posto dei calzini, dove spesso un ufficiale si rivolgeva al soldato semplicemente con ‘dimmi, coglione’, dove il peggio di una nazione squilibrata, sfilacciata, ignorante, furbastra e rozza (quella che già descriveva Leopardi) esprimeva il peggio di sé, a partire dai marescialli (quasi tutti) che facevano la cresta sulle spese ed il rancio faceva schifo… Mussolini ‘volava alto’ e si compiaceva purtroppo delle sue boutades, come quella degli ‘8 milioni di bajonette’ , invece di preoccuparsi delle sue Forze Armate…
La cresta sul cibo i marescialli hanno continuato a farla a lungo, ma per un gioco contabile. La razione pro capite prevedeva due pasti al giorno, ma molti soldati andavano in libera uscita e mangiavano fuori a cena. La differenza la incameravano, quelli onesti, senza peggiorare il rancio. Esisteva poi un NCC (nucleo controllo cucine) formato da un caporale e due soldati semplici, che avrebbe dovuto controllare. Ma controllava poco e i militari avevano tradotto il suo acronimo in Non Conta un Cazzo. Poi è venuta la professionalizzazione e ora le mense sono state esternalizzate: in sostanza tutti precotti e nemmeno il quartino di vino che un tempo era di rigore, come il cordiale per le sentinelle, in omaggio al proibizionismo trionfante…
Enrico. Il nonno di uno zio d’acquisto, che lasciò lettere ed un interessante ‘Memorie di Famiglia’, nato a Torino nel 1819 ed ivi morto ottantenne, padre di un tenente-colonnello e nonno di un generale che era stato Capo Gabinetto di De Vecchi, quand’era Governatore del Dodecanneso, era un semplice impiegato civile (contabile) del Ministero della Guerra sardo e poi del Regno d’Italia. Ebbene nelle sue lettere alla moglie, che conservo, egli parla di acquisti di cascine, immobili ecc., di ristrutturazioni e quant’altro per un ammontare odierno di qualche milione di Euro…. Come? Altro che ‘crestina’ sul rancio…
Lessi molti anni fa qualche studio di Giorgio Rachat sull’Esercito italiano, non male, anche se l’autore è stato troppo schierato a sinistra. Mi chiedo, e chiedo ad Enrico Nistri, se non ci sia qualche buon studio d’insieme sulla materia pubblicato successivamente. Senza agiografie e senza condanne aprioristiche. Certo che è difficile, credo, accostarsi alla materia sine ira et studio. Se Ciano dava del ladro, del ‘grattone’ a Cavallero nel Diario, altri, di parte fascista, facevano altrettanto col padre suo Costanzo, il ‘ganascia’ di Livorno… l’approssimazione colpevole nell’ambito militare appare da fatti incontestabili. E non ci fanno bella figura, ahimè, i generali piemontesi (erano in netta maggioranza). Già Giolitti diffidava di loro… Nel 1940 la conquista dell’Olanda, la resa del Belgio e l’invasione della Francia fecero maturare in Mussolini la decisione che l’Italia potesse entrare in guerra in qualunque momento. Informati i generali (forse solo i vertici) della sua decisione, che non fu portata nemmeno pro forma davanti al Gran Consiglio del Fascismo, al Consiglio dei Ministri, alla Camera, al Senato, il 30 maggio 1940 il duce scrisse a Hitler che ‘il popolo italiano (era) impaziente di schierarsi al fianco del popolo germanico…durante questi nove mesi lo sforzo compiuto nella preparazione militare è stato veramente considerevole. Oggi sono in stato di buona efficienza circa 70 divisioni… Avendone i mezzi potrei formare altre 70 divisioni, perché non sono gli uomini che mancano in Italia…’. Una sbruffonata, uno sproposito, come si sarebbe visto da subito, essendo molto piu credibile Alberto Sordi quando ricordava quel 10 giugno e giorni seguenti… Certo, il duce era ben accompagnato nel suo delirio…
Giorgio Rochat, perdon…
In quasi tutti I paesi Sono successi e succedono taglieggiamenti.Ricordo in Inghilterra addirittura ministri chiedevano prebende alla luce del sole.Certamente in Italia è più endemico e lassivo,serve soprattutto per combattere il Fascismo!! Sarebbe interessante sapere dove e come ha assolto il servizio militare l’ex ambassatore che è così sagace in tal proposito.!!
FERNANDO. DOVE VOLANO LE AQUILE!!!!
Il 31 di agosto 1939 per entrare in guerra Mussolini richiedeva (e Attolico di suo ci mise: subito!) l’equivalente di 180 mila treni (o vagoni, non ricordo) dalla Germania all’Italia, con ogni ben di Dio per la guerra! A maggio 1940, per miracolo, il duce vantava con lo stesso Hitler 70 Divisioni + altre potenziali 70, preso dalla fregola tutta italica di partecipare al bottino tedesco con un bluff indecoroso… Nel 1943 il Re finalmente dirà al duce: Presidente, possiamo chiamare Divisione anche una sedia, ma una sedia rimane…
Scriverà Ciano nel Diario che Cavallero, da lui detestato, gli comunicò trionfante: abbiamo risolto il problema dei mezzi di trasporto. Invece di camminare per 10 chilometri, i nostri soldati cammineranno per 30-35 chilometri al giorno! Neanche al tempo delle guerre puniche…
Le aquile rimangono sempre aquile,non hanno nessunissima metamorfosi di sorta.!!
Bisognerà avere una saggezza particolare,per osare dire che fece tutto Mussolini..