“I sogni degli uomini sono i messaggi degli dei”. Guillaume Faye è stato un intellettuale dalle idee non allineate, un intellettuale militante, controcorrente, autenticamente rivoluzionario perché contestava l’establishment per ambire a fare parte di un nuovo ordinamento europeo.
“Dei e Potenza” è una antologia curata e introdotta da Adriana Scianca: consente di avvicinarsi al percorso ideale di Faye da un lato riconoscendo uno stile di impegno autenticamente antiborghese, dall’altro l’onestà intellettuale e la linea rigorosa nel confrontarsi con i capisaldi di una visione antimondialista ed etnocentrica, per ridestare la forza degli europei da un orizzonte di declino.
E risalta l’eleganza anche nel rappresentare le differenze tra le sue nuove elaborazioni e quelle della Nuova Destra francese, evidenziando come il distacco dal popolo di riferimento possa creare sostanzialmente idee neoapolidi, magari riconosciute dai media ma poco efficaci nel far crescere uno spirito critico non allineato e nel dare una dimensione politica di impatto.
Il volume è costituito da una selezione di scritti che Scianca ha “cucito” con un filo rosso radicato di idee forti: dalla critica all’occidentalismo al paganesimo, da Heidegger a Baudrillard, alla critica espresse in maniera vigorosa ad alcune forme sterilizzanti di tradizionalismo. Fino al riconoscimento del debito ideale nei confronti di Nietzsche e Giorgio Locchi. Negli scritti in cui approfondiva il ruolo della tecnica, inoltre, si coglie il senso del nostro tempo e la sfida della politica nella dialettica con nuove tecnologie disumanizzati o sovramunanizzati. Particolarmente efficaci poi sono le interviste, nelle quali seduce per capacità di sintesi e di semplificazione divulgativa delle sue speculazioni filosofiche.
Faye, anche grazie alla diffusione del suo pensiero svolta in anni recenti dalle riviste Polemos e Primato nazionale (e precedentemente da Diorama letterario), conserva la dimensione carismatica di riferimento per articolare una resistenza autenticamente europea, ma soprattutto per vivere il conflitto ideale con integrità e coraggio. Lo scrittore francese rispettava le tendenze ribelli, deprecabili se non collegate ad alcuna lotta (mentre rispettava la ribellione come posizione alla Dominique Venner). Aveva però un’altra rotta:
“Il “ribelle” – scrive l’autore di “Archeofuturismo – non ha mai efficacia nella storia, poiché resta nella sua torre d’avorio e non si schiera. Il rivoluzionario, prendendo concretamente dei rischi su di sé, ha la forza dell’esempio”.