Anglista, comparatista, conservatore illuminato (senza rancidumi), Praz passeggia per Roma e la osserva tranquillamente deteriorarsi. Luoghi comuni, velleità, mode e furberie, vitia tutti italiani, che Praz passa in rassegna con esempi che gli sono passati dinanzi nella vita di tutti i giorni, di una società che, sul finire degli anni Cinquanta, si parla e sparla addosso, sono l’oggetto di questo libro, straordinario nella sua icasticità. Tre articoli di racconti, aneddoti, ricordi, Misteri d’Italia è testimonianza della collaborazione di Praz al «Borghese», settimanale fondato nel dopoguerra da Leo Longanesi.
La collaborazione di Praz allo storico rotocalco si limitò a soli quattro articoli – mai pubblicati in volume, a parte Retrospettiva preraffaelita confluito nel suo opus magnum La casa della vita (1958). Praz non rinuncia a posare sulla realtà che lo circonda, e che sempre meno gli somiglia, il suo occhio acuto e beffardo di irregolare, delineando un trittico che ben sintetizza lo stile e lo spirito pungente del Professore. Ne offriamo di seguito un breve estratto dal Borghese del 16 ottobre 1958.
Alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna, al principio di giugno, proiettarono in visione straordinaria San Clemente de Tahull e Around and About Miro di Thomas Bouchard. Si potrà discutere se sia arte quella confezione di certi quadri di Miro che in nulla differisce dalla confezione d’una pizza (Miro si fa aiutare da una bambina a impiastricciare con pennelli e con le dita codesta torta estetica), ma i film erano in ogni modo interessanti. Prima dello spettacolo però si svolse una scenetta che mise tutti di buon umore. Una fila di seggiole, verso il fondo della sala, recava una minuscola scritta «riservato». Benché quando arrivai io la sala fosse quasi vuota, gli spettatori via via che arrivavano si dirigevano come automaticamente verso quella fila, e si sedevano.
Allora si faceva avanti uno dei custodi del museo e invitava coloro che si erano così abusivamente seduti ad alzarsi: «Questi sono riservati; fuori che lì se ponno mette dove vonno». Così vidi, e con me gli altri videro, cascare in quella trappola molti italiani e stranieri, una coppia formata da un’americana e da un negro, un’altra da un’altra straniera e da un asiatico, un anziano signore con la consorte, giovani sfaccendati e capelluti ostensibilmente vestiti da artisti, e tanti altri. Io e le persone già sedute cominciavamo a divertirci come a uno sport. Ogni nuova persona che entrava la seguivamo cogli occhi, e se si sedeva sulle seggiole vietate, ci scambiavamo un divertito sorriso d’intesa. E quando il custode s’avanzava verso gli occupanti abusivi, e ripeteva: «Questi sono riservati; fuori che lì se ponno mette dove vonno», per tutta la sala passava un fremito d’ilarità. Bergson ha visto nella ripetizione meccanica d’un atto la fonte del riso. In questo caso avrebbe avuto ragione.
Ma infine, chiesi io non vedendo nessuno di quanti s’eran seduti su quelle sedie poter vantare un qualsiasi diritto a rimanerci, per chi sono riservati quei posti? «Per le autorità!» esclamò con aria importante il custode. Lo spettacolo doveva cominciare alle 18. Alle 18 e un quarto il pubblico s’impazientisce, applaude; una signora grida: «Possiamo cominciare?». E il custode: «Aspettiamo gli ordini!». La sua faccia esprime una dedizione cieca a un formidabile Dovere. Finalmente entra la direttrice seguita dall’autore del film. Ma nelle seggiole delle autorità non c’è seduto nessuno.
* Misteri d’Italia, di Mario Praz, a cura di G. Balducci (Nino Aragno Editore. – 2022: pagg. 58 – euro 10)