La guerra in Ucraina ha fatto emergere sotterranei moti ancestrali, ma ha anche confermato tendenze degli ultimi tempi; in più, ha fatto esplodere contraddizioni che già covavano nelle nostre società, ad esempio rimescolando le distinzioni fra destra e sinistra, tanto che lettori di “Avvenire” e “La Verità” si sono ritrovati su posizioni di contrarietà rispetto all’invio di armi all’Ucraina, e quindi sulla sponda opposta a quella occupata dai lettori del “Giornale”, del “Corriere” e di “Repubblica”. Ai moti ancestrali appartiene invece la dinamica contrapposizione fra Terra e Mare, già teorizzata da Carl Schmitt, che individuava nel conflitto romano-cartaginese la sua prima manifestazione; ebbene, i fatti bellici in essere a due ore di volo da noi ne rappresentano una variante tipica della nostra epoca.
Solo con l’avvento dell’arma nucleare e con l’estendersi all’intero pianeta dello scenario sul quale si affrontano i nuovi soggetti che si contendono il Potere si è andata affermando la nozione di “guerra per procura”, dove i veri protagonisti – l’uno, gli Stati Uniti, simbolica Balena, l’altro il binomio russo-cinese, spesso raffigurato come Orso – scelgono teatro e tragici rappresentanti dei loro rispettivi interessi, per innescare conflitti che li coinvolgano il meno possibile.
E’ un copione che abbiamo visto mettere in scena fin dalla guerra di Corea, con gli USA impegnati direttamente contro quella potenza regionale, ma in realtà contro la Repubblica Popolare Cinese, come poi avvenne anche in Vietnam. Nel seguito della storia di quel Novecento che credevamo “secolo breve”, ma che ha proteso i suoi rami maligni fino al XXI, la superpotenza americana è stata sempre presente, in prima persona o come guida di coalizioni, nel segno di quella “alleanza atlantica” che fin dal nome evidenzia la sua appartenenza alla categoria “mare”: prima dell’Ucraina, ne avevamo avuto un saggio in Siria.
Dunque, non dovrebbe stupire la rinnovata contrapposizione fra quell’Orso e quella Balena, che ancora una volta – dopo Belgrado e il Kosovo, altri esempi recenti – ha scelto l’Europa come sede di quella ancestrale, tragica rappresentazione. Ai nostri occhi, allora, contano meno le cause occasionali del conflitto – che semplicisticamente si vuol ricondurre e ridurre all’invasione russa dell’Ucraina – che non quelle fatali tendenze sotterranee alle quali accennavamo. Con un briciolo di lungimiranza e di memoria storica, si sarebbe potuto evitare il conflitto, con il suo cruento corteo di morti e devastazioni.
Quanto all’evanescente ruolo dell’Europa, nel suo pallido avatara di “Unione Europea”, siamo ancora al déjà vu: il chimerico “impero di 400 milioni di uomini” sognato da schiere di politici e pensatori degli orientamenti più diversi, da De Gaulle a Schumann a Jean Thiriart, assomiglia fin dal suo nascere al declinante impero bizantino, destinato ad essere inghiottito dalla giovane potenza islamica, nelle sue varie configurazioni imperiali. Sul suo asservimento alla NATO, braccio militare dell’Egemone Atlantico, non occorre spendere troppe parole: perfino nel nostro sbrindellato paese, dopo l’iniziale unanimità a difesa del paese invaso, si stanno levando riserve e distinguo, quasi da ogni parte dello schieramento politico, e ci si sta interrogando sui reali interessi degli Attori in gioco. Gli USA infatti non nascondono la loro intenzione di fondo, che consiste non tanto nel regime change, quanto nel logorare fino al declassamento economico, militare e politico la potenza russa, peraltro in un teatro lontano dal loro territorio; mentre in Europa – segnatamente in alcune sue componenti come Germania e Italia, dipendenti energeticamente dall’Orso russo – l’idea di un eventuale allargamento e prolungamento del conflitto non risponde ad alcuna strategia geopolitica.
E a proposito dell’Italia, è appena il caso di notare il rovesciamento ancillare dei rapporti Governo-Parlamento, con quest’ultimo chiamato unicamente e sempre più di rado a ratificare le scelte dell’Esecutivo. Soltanto quando si è trattato di scongiurare lo scioglimento delle Camere – e il probabile esito sfavorevole ai pluridecennali detentori del Potere di elezioni anticipate – si è invocata la natura di Repubblica Parlamentare del nostro paese, con l’acquiescenza “alimentare” di tanti Deputati e Senatori, timorosi di perdere stipendi e prebende anzitempo.
Vi è poi un aspetto di questa guerra che, se non si trattasse di evento tragico, farebbe sorridere, ed è la connotazione “giuridicista” di ogni iniziativa: si deve punire la Russia putiniana – non il popolo russo, ci si affretta a precisare – per aver violato il diritto internazionale con la sua “operazione speciale”. Per inciso, una delle conseguenze di questo conflitto si riverbera sull’uso delle parole: non già guerra ma, appunto, “operazione speciale”, e non già resa del battaglione Azov, bensì evacuazione; oppure si ricorre a perifrasi, per non definire “cobelligerante” o “alleato” chi fornisce armi a una delle parti in conflitto. Ma quando mai la politica di potenza si è attenuta alle regole del diritto internazionale? Già la diplomazia ottocentesca definiva i trattati chiffon de papier…
E ora basterebbe ricordare che nessuna delle guerre, dopo il ’45, è stata dichiarata secondo quelle regole; senza contare l’azione delle contrapposte “intelligence” e l’organizzazione dei vari “colpi di Stato”: sarebbero sufficienti questi argomenti per smascherare “di che lacrime grondi e di che sangue” ogni politica imperiale, ogni rapporto conflittuale fra Stati. Non parliamo della pretesa di definire “genocidi” le inevitabili stragi di ogni conflitto e di invocare i tribunali internazionali per colpire i perdenti (ma ci si guarda bene dal chiamare alla sbarra, anche soltanto per accertare responsabilità di cui pure cominciano ad emergere i profili, la Repubblica Popolare Cinese, rispetto a quella pandemia nella quale ancora ci dibattiamo). Di genocidi in senso stretto ne abbiamo visti, purtroppo, e non avevano nulla in comune con quanto sta avvenendo fra Leopoli e Karkiv, fra Kiev e Odessa: basti pensare alla strage dei nativi americani, alla persecuzione degli Armeni e, soprattutto, all’Olocausto, per comprendere cosa significhi la parola “genocidio”.
Fra le degenerazioni della cultura “occidentale”, insomma, vi è il pur lodevole intento di incasellare nelle categorie del diritto il ricorrente conflitto fra il Leviatano e Behemoth, nel tentativo di esorcizzarlo; ma il Mito e la Tecnica, che danno anima e corpo alla Politica, non si lasciano governare dall’Economia e dall’etica (a proposito di quest’ultima, infatti, i vincitori si atteggiano sempre a custodi e tutori della Morale Unica). E naturalmente, corollario del Diritto – o sua ineludibile controparte – sta la Democrazia, che l’Egemone Atlantico vorrebbe imporre a tutto il Globo, a suon di bombe e di golpe; una categoria del Pensiero greco trapiantata oltreoceano e squisitamente europea, che si è affinata nei millenni e che ora si vorrebbe imporre a porzioni del pianeta come un corpo estraneo a quelle disparate culture. Ecco, nel conflitto russo-ucraino c’è anche l’ipocrita copertura degli interessi geopolitici con i virtuosi argomenti di principio. Purtroppo, se la nostra Europa è la Bella Addormentata della favola, non s’intravede all’orizzonte alcun Principe Azzurro pronto a risvegliarla col suo bacio salvifico.
Considerando i bio laboratori, non più tanto segreti e con personale, mi sembra di capire, non cinese, forse c’è da rivedere la tesi dominante sull’origine del virus. Just saying…
Gli ucraniani non meritano nulla. Han detto di non voler trattare fino a che sarà partito l’ultimo soldato russo? Questo è un prendere per i fondelli chi li ha aiutati. Basta! Che se la veda il guitto di Kiev.
L’Europa non è mai esistita politicamente. Ma se non ha neppure uno straccio di esercito?
‘chiffon de papier’ fu infelicemente definita da von Bethmann Hollweg la neutralità belga nel 1914, non sempre…
Noi ne paghiamo il prezzo delle follie e bizzarrie ‘guerresche’ di Putin, Zelensky, Biden…..
E’ un guitto ben retribuito quello di Kiev e sappiamo bene che non è lui a trattare, se non per procura.