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La psicologia politica e l’irrazionalità delle masse

Torna nelle librerie "Psicologia politica" di Gustave Le Bon, per i tipi di OAKS editrice a cura di Francesco Ingravalle

by Giovanni Sessa
6 Maggio 2022
in Libri
2

Uno degli assunti fondamentali del pensiero di Gustave Le Bon può essere sintetizzato in questa affermazione: l’irrazionalità delle masse, mosse dal sentimento, dà sempre luogo, in ambito politico, alla ricerca di un capo. Tale constatazione emerge dalle pagine della nuova edizione italiana di una delle opere capitali dello psicologo e sociologo francese, Psicologia politica, nelle librerie per i tipi di OAKS editrice a cura di Francesco Ingravalle (per ordini: info@oakseditrice.it, pp. 291, euro 16,00). L’idea cardine che abbiamo riferito è, ab origine, motivo ritornante della filosofia politica. Presente in Platone, si riafferma con Althusius, Taine e guida le considerazioni dello stesso Pareto. In Le Bon, ricorda il curatore: «la ragione è propria delle minoranze, delle élites, i sentimenti sono la voce delle masse» (p. II). La prima edizione francese di Psicologia politica vide la luce nel 1910, poco più di un quindicennio dopo l’uscita di Psicologia delle folle, in un momento in cui l’autore aveva pienamente definito il proprio mondo ideale.

L’edizione che presentiamo è strutturata in cinque libri (è stato eliminato il VI libro, in quanto non attuale). Nel primo, il francese sostiene l’urgenza di mettere a punto una vera psicologia politica al fine di governare i possibili sviluppi della società di massa, tenendo conto dell’importanza concessa a tale disciplina da Machiavelli. Essa induce, in prima istanza, a rilevare i: «pregiudizi ereditari di un popolo e la necessità per il politico di introdurre i cambiamenti necessari con gradualità […] per creare nuove consuetudini» (p. XII). Nel XX secolo la società era dominata dal fattore economico e dal tratto sovranazionale del capitalismo, che hanno prodotto: «padroni invisibili, ma onnipotenti, ai quali i popoli e i loro stessi sovrani debbono ubbidire» (p. XII). Questi, agendo sulla psicologia del profondo e di massa, miravano a condizionare comportamenti e scelte degli uomini. Con il crescere del disordine, la logica dei sentimenti avrebbe spinto le masse, nota Le Bon, tra le braccia di un Cesare. Inoltre, in ogni scelta politica, un ruolo rilevante andrebbe assegnato: «alle “predisposizioni razziali”» (p. XII) delle genti e alla loro storia pregressa. Tali fattori determinano il diverso modo di considerare lo Stato da parte dei popoli latini che propendono per il “socialismo”, lo statalismo, e delle popolazioni anglo-americane che ne hanno fatto il tutore delle libertà individuali.

Nel secondo libro, Le Bon si occupa di leggi. Sostiene che esse altro non siano se non la formalizzazione di consuetudini ataviche. Il politico che volesse contrastarle, voterebbe la sua azione all’insuccesso: «Moventi reali dell’azione  politica sono la paura, l’odio, l’invidia» (p. XIII). Nei primi decenni del secolo scorso la sostituzione dell’interesse di classe al bene comune, era la caratteristica più evidente dell’agone politico. Ciò, in particolare, nei paesi latini, aprì la strada a demagoghi di tendenze diverse. Nel terzo libro, Le Bon rileva l’importanza delle élites e l’inarrestabilità dei processi di democratizzazione della vita politica, sottolineando il rischio che, di tale situazione, potessero profittare i demagoghi i quali, potenziando la credulità delle folle, stimolandole “sentimentalmente”, diffondono, per contagio mentale, il proprio carisma. Nel quarto libro, il socialismo viene presentato dall’autore quale immanentizzazione della mistica cristiana, mirato a realizzare il paradiso in terra, muovendo da: «un presupposto infondato: tutti i mali derivano dal capitalismo» (p. XV).

Nell’ultima parte del volume Le Bon mette in guardia i suoi contemporanei: il disordine sociale avrebbe presto prodotto una forma di “cesarismo socialista” intollerabile. Di fronte a tale situazione egli auspicava una “difesa sociale” capace di ribaltare tale esito politico. In tale contesto, sarebbe risultata essenziale: «la difesa del concetto di patria» (p. XVI), atta a garantire le gerarchie sociali, senza le quali nessun ordine politico può conservarsi. E’ proprio sulla scorta di tali considerazioni che la prima edizione italiana di Psicologia politica, curata da Adrian Popa nel 1973, riscosse un certo successo. Le tesi di Le Bon conciliavano l’anticomunismo atlantista della “maggioranza silenziosa” di quegli anni, con le istanze “rivoluzionarie” di gruppi della destra radicale, che guardavano all’esperienza politica di Jeune Europe. Per entrambi: «Che Mussolini avesse considerato Psicologia politica “un’opera capitale” era […] una certificazione sufficiente» (p. XVII) a rendere questo libro riferimento imprescindibile per il “ritorno all’ordine”. Insomma, se al Convegno dell’ “Istituto Alberto Pollio” all’Hotel Parco dei Principi di Roma, negli anni Sessanta, il diffondersi del comunismo nel mondo occidentale era stato letto quale risultato dell’ “ingegneria di anime” o “guerra psicologica” messa in atto da questi ultimi, in quell’occasione si pensò di contrapporre loro una opposta e contraria “ingegneria di anime”, secondo la lezione di Le Bon.

Le edizioni italiane successive di questo testo incontrarono un panorama politico assai diverso. La svolta a “destra” non c’era stata e si annunciava con evidenza l’imporsi della “società del controllo”. In essa si esplicava, per la prima volta nella storia: «la possibilità telematica di “creare folle” e di dispiegare nuove forme di controllo sociale» (p. XXII), e ciò ha reso il libro dello psicologo francese, nonostante la diversa situazione, di stringente attualità. Il “capitalismo cognitivo” esercita il proprio potere attraverso la pervasiva colonizzazione dell’immaginario individuale e comunitario. Le Bon invitava i suoi contemporanei a battersi per la “difesa sociale”: oggi tale battaglia la si combatte sul fronte “estetico”, nel luogo in cui la Forma-Capitale realizza la mercificazione della vita. In tale trincea, anche le tesi di Le Bon possono svolgere il ruolo di un significativo contravveleno.    

@barbadilloit

Giovanni Sessa

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Tags: Giovanni SessaGustave Le Bonoaks

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Comments 2

  1. Guidobono says:
    2 settimane ago

    Rimpiango le monarchie assolute.

  2. Guidobono says:
    2 settimane ago

    Oggi la gente non si riunisce più in Italia per passione politica. O per vandalismo e ‘casino’ (il rompere e sfasciare del nihilismo anarcoide) o per un ‘concertone’ tipo Primo Maggio a San Giovanni, Poi c’è il riunirsi da movida, per sbevazzare e drogarsi assieme. Abbiamo bruciato 2 generazioni. La terza sarà ancora peggio…

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