Del fine settimana saudita restano le istantanee dei tanti sorpassi e controsorpassi: d’altronde, la maggiore facilità delle vetture di rimanere in scia, i lunghissimi rettilinei larghi come autostrade e le tre zone DRS, facilitano gli scambi di posizione.
La verità, infatti, come per altro ribadito da diversi protagonisti, è che senza le ali mobili (che quest’anno sono ancora più decisive vista l’aereodinamica tendenzialmente meno disturbata, col rischio di lunghi trenini) i sorpassi sarebbero quasi impossibili, a maggior ragione con auto così pesanti che riducono gli spazi di frenata.
Mancando sensibili differenziali velocistici al momento di impostare la staccata, il grosso dei sorpassi continua ad arrivare non in curva (in frenata) ma sui rettilinei (in accelerazione) con il DRS spalancato.
Nessun disfattismo e nessuna pignoleria, perché lo spettacolo e le scintille sono arrivate ma lo sport, quello vero, resta altra cosa.
La Ferrari e il motore Ferrari
Più in generale, la Ferrari sembra disporre del migliore pacchetto complessivo: gestisce bene le gomme (che in Arabia Saudita si sono degradate di meno, nonostante la scelta più morbida della Pirelli rispetto al Bahrein), ha una trazione incredibile e ha costruito un gran motore, che sembrerebbe avere ancora margini: la controprova, solo per fare un esempio, si è vista nel confronto tra la Haas di Magnussen (a proposito, gran 9° il danese, di nuovo a punti) e la Mercedes di Hamilton.
A Gedda però, la Scuderia di Maranello ha alla fine pagato dazio nei confronti della Red Bull essenzialmente per la scelta di un assetto da maggior carico aereodinamico, confermato al sabato e poi in gara.
La scelta dell’assetto non ha pagato fino in fondo nell’ultima parte del Gran Premio, quando non ci si poteva più risparmiare: una parte, quella decisiva, in cui Verstappen, più scarico, si è scoperto incredibilmente veloce ed efficace soprattutto nel terzo settore del circuito, arrivando al sorpasso definitivo al giro 47.
Leclerc a suo modo è stato anche sfortunato: il monegasco, montate le Hard, ha controllato senza grandi patemi fino alla neutralizzazione virtuale che gli è costata sei decimi, prima che si accendesse il confronto finale; un confronto, questo, anche di nervi e di astuzie, con i due rivali che si facevano sorpassare (Leclerc) o deceleravano in anticipo, per poi sfruttare le due zone DRS consecutive o per non concedere un vantaggio.
Le bandiere gialle esposte negli ultimi due giri per il contatto tra Stroll e Albon hanno, di fatto, spento qualsiasi eventuale strenuo tentativo di Leclerc, arrivato sotto la bandiera a scacchi, alle spalle di Verstappen, per soli 549 millesimi.
La pista: quanti dubbi
Ciò che però più conta, a pochi mesi di distanza dall’edizione inaugurale, è una riflessione sulla pericolosità del circuito di Gedda: la pista, sulle rive Mar Rosso, nata come provvisoria (in attesa che venga ultimata la pista di Qiddiya) ha medie orarie inferiori solo a quelle Monza, senza però disporre delle vie di fuga di quest’ultima, così come sono preoccuoanti le delimitazioni della pista, spesso dei semplici muri di cemento.
È chiaro che le nuove vetture (dal peso minimo aumentato, arrivato a 798 kg) siano le più solide ma c’è una discrasia tra gli approcci maniacali della Formula 1 contemporanea, sempre pronta ad asfaltare le vie di fuga, rendendole degli aeroporti (mentre si appesantiscono le macchine) e la tendenza nel gareggiare in contesti simili.
A onore del vero va anche detto che, qualifiche a parte e a differenza delle categorie minori o della scorsa annata, nell’edizione 2022 del Gran Premio non si sono registrati incidenti di particolare entità che hanno richiesto delle bandiere rosse.
Insomma, la Formula 1 2022 ha già offerto numerosi spunti di riflessione: non ci resta che attendere il terzo appuntamento dell’anno, in quel di Melbourne, per il ritorno in grande stile del Gran Premio d’Australia, assente nel 2020 e 2021.