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Focus. Biden, Putin e la Corte Penale Internazionale

Come potrebbero gli USA, non membri della CPI, attivarla contro la dirigenza politica e militare della Federazione Russa (anch’essa non aderente allo Statuto di Roma) e per supposti crimini di guerra compiuti sul territorio di uno Stato, l’Ucraina, esso pure non membro?

by Massimo Lavezzo Cassinelli
23 Marzo 2022
in Corsivi
4
Una mappa del conflitto in Ucraina

Nel quadro del costante deteriorarsi della situazione sul fronte russo-ucraino, hanno fatto una certa sensazione le dichiarazioni rilasciate alcuni giorni fa dal Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, che ha definito Vladimir Putin “un criminale di guerra”, “un dittatore omicida“ e “un puro delinquente”.

Un osservatore attento dovrebbe peraltro concentrarsi ancor più su quanto in seguito dichiarato dal Segretario di Stato americano, Antony Blinken. «Il presidente Biden ha affermato che in Ucraina sono stati commessi crimini di guerra. Personalmente, sono d’accordo», ha detto Blinken in una conferenza stampa, aggiungendo che esperti del Dipartimento di Stato “stanno documentando e valutando potenziali crimini di guerra commessi in Ucraina”. Le evidenze che deriveranno da tali indagini, si presume, verranno impiegate in un eventuale processo a Putin e ai suoi principali collaboratori di fronte alla Corte Penale Internazionale (CPI), il cui Procuratore Capo, Kharim Khan, si trova attualmente a Leopoli.

I rapporti Stati Uniti-CPI

Ma la storia recente non sembra deporre in favore della collaborazione fra Washington e la CPI. La posizione degli Stati Uniti fu infatti ostile sin dall’inizio alla nuova Corte e la firma dello Statuto di Roma, seppure apposta dal delegato statunitense il 17 luglio 1998, venne poi ritirata. Tale circostanza, come noto, fu sostanzialmente causata dal timore che un organo giurisdizionale autonomo potesse avere autorità nei confronti del personale militare statunitense impegnato all’estero, fino ad allora (e tuttora) protetto da ogni possibile persecuzione penale non nazionale per le proprie attività. Ultimo esempio in proposito, la decisione dell’amministrazione Trump di imporre nel 2020 un divieto di viaggio all’allora Procuratore Capo della Corte, Fatou Bensouda, che aveva deciso di aprire un’indagine formale sui crimini di guerra commessi in Afghanistan da tutte le parti, compresa quella americana; e di vietare ai cittadini statunitensi di fornire consulenza alla CPI in qualità di esperti.

L’autonomia della Corte

E’ indubbio, d’altra parte, che la Corte, se potesse agire nella pienezza dei propri poteri, potrebbe teoricamente aprire indagini anche sui “Comandanti in capo” delle truppe USA, a seguito di eventuali crimini di guerra compiuti da queste ultime: si pensi all’Iraq, all’Afghanistan, ai bombardamenti di Belgrado nel 1999 e così via.

Ci si chiede quindi: come potrebbero gli USA, non membri della CPI, attivarla contro la dirigenza politica e militare della Federazione Russa (anch’essa non aderente allo Statuto di Roma) e per supposti crimini di guerra compiuti sul territorio di uno Stato, l’Ucraina, esso pure non membro? E’ vero che la Procura della Corte potrebbe attivarsi autonomamente: ma, in ogni caso, la giurisdizione della CPI si esercita per crimini commessi sul territorio di uno Stato parte o da un cittadino di uno Stato parte. Nel caso dell’invasione dell’Ucraina, dunque, sembrano mancare del tutto i presupposti; potranno più facilmente essere investiti degli eventuali crimini di guerra in Ucraina la magistratura di quello Stato, oppure un tribunale penale internazionale ad hoc, sul modello di quello che condannò a suo tempo il Presidente serbo Milosevic.

La storia recente

Da questo punto di vista, le soluzioni a disposizione dell’Occidente vincitore sono sempre state varie: non soltanto per perseguire i nemici sconfitti ai sensi di un diritto internazionale spesso a “doppio standard”, ma anche per attaccarli preventivamente sotto la protezione dello stesso diritto. Tipico esempio di ciò, la famigerata dottrina della “responsabilità di proteggere”, secondo la quale, qualora uno Stato non difenda i propri cittadini dalle più gravi violazioni dei diritti umani, la comunità internazionale deve intervenire adottando misure che possono giungere fino all’uso della forza. Tale dottrina, già prefigurata nell’intervento NATO in Serbia del 1999, venne poi applicata in tutta la sua forza in Libia nel 2011, con gli esiti che conosciamo.

Sembra in ogni caso che le citate dichiarazioni di Biden e Blinken, pur di valenza principalmente propagandistica, ben difficilmente contribuiranno ad una pacifica soluzione del conflitto in corso.

@barbadilloit

Massimo Lavezzo Cassinelli

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Tags: bidenCorte penale internazionaleMassimo Lavezzo Cassinelliputin

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Comments 4

  1. Guidobono says:
    3 anni ago

    Bell’articolo. Putin, Sleepy Joe ed il bugiardo comico ucraino sono dei folli pericolosi. Ci stanno trascinando in un conflitto mondiale. Un piacere sapere di te. Abbraccio. GM

  2. MASSIMO LAVEZZO CASSINELLI says:
    3 anni ago

    Grazie mille, un abbraccio a te (sei Gianni vero?). ML

  3. Guidobono says:
    3 anni ago

    Certo. Ho scritto parecchi articoli per Barbadillo negli ultimi anni. Vivo a Montevideo. Se ti interessanno li trovi sotto la lente. Abbraccione.

  4. Francesco says:
    3 anni ago

    Guidobono, chi ci sta trascinando più di tutti in un conflitto mondiale è Biden, che muove i fili della sua prima marionetta e degli altri figuranti italiani ed europei.

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