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Nella guerra Russia-Ucraina (per ora) vince la confusione

Giuseppe Del Ninno: "Vi è una lettura prevalente che tende a semplificare tutto rifiutando l'approfondimento"

by Giuseppe Del Ninno
12 Marzo 2022
in Cronache, Cultura
3

Non bastava la pandemia a far vacillare le nostre certezze, a destabilizzare la nostra quotidianità, a farci avvertire la scomoda esigenza di schierarsi da una parte o dall’altra (pro-vax, no-vax): ci mancava questa guerra scoppiata a due ore di volo dalle nostre case. Quante volte, in questi lunghi anni di pretesa pace, abbiamo sentito dichiarare o urlare dai microfoni di convegni togati, dai pulpiti, dalle piazze, quel “mai più” riferito alle violenze di massa, alle prepotenze cruente, agli odi etnici, alle ingiustizie contro gli innocenti, insomma alla guerra?

 

Eppure, questa dura realtà connaturata con l’essere umano di qualunque tempo e di qualunque razza aveva già lambito le nostre città e colpito tante nostre famiglie: sì, le guerre incendiavano tanti paesi del globo, in maniera strisciante o nel clangore di missili e blindati; guerre per lo più non dichiarate e che comunque mietevano vittime nel nome dei più disparati “valori”, laici o religiosi: dal Congo all’Irak, da Timor allo Sri Lanka, dalla ex Jugoslavia alla Siria, dallo Yemen alla Striscia di Gaza, dal Libano all’Afghanistan alla Somalia e via elencando; e in questi scenari, quanti caduti italiani, a dispetto della Costituzione! E così, non è del tutto fuori luogo paragonare la guerra alle calamità naturali, contro le quali poco si può fare; la guerra, che ci rende inaspettatamente ora pavidi e ora crudeli, ora caritatevoli ed ora eroici, ora egoisti e ora solidali.

 

Della guerra, le generazioni a partire dalla mia hanno conosciuto tutt’al più qualche racconto frammentario da padri e nonni e moltissime immagini proiettate su schermi e teleschermi, con queste ultime che ci hanno quasi mitridatizzati rispetto alla realtà (virtuale?) che si svolgeva sotto i nostri occhi. Siamo stati educati ad aborrirla concettualmente, non solo emotivamente, la guerra, l’abbiamo espulsa dalla nostra cultura, e ora che ci minaccia ci troviamo impreparati, inermi. “Si vis pacem, para bellum”, ammonivano gli antichi; ma pochi moderni – ad esempio, la neutrale Svizzera – hanno seguito quell’insegnamento. Eppure, la Storia insegna che proprio con l’affievolimento di ogni spirito guerriero è cominciata la decadenza di ogni civiltà, di ogni impero… E ora, i progetti putiniani – ancora mal definiti ai nostri occhi – ci espongono a rischi ai quali, ripetiamo, non siamo preparati.

 

Questa guerra fra la Russia che invade e l’Ucraina che viene invasa è forse la più filmata e la più fotografata di sempre: “pietà l’è morta”, cantavano i nostri alpini durante il primo conflitto mondiale, e questo tragico canto sembra accompagnare le impietose cartoline dal fronte, che è dovunque in quel disgraziato paese. Ecco la vecchina trasportata chissà dove su di un carrello della spesa; ecco una scarpa “Nike” spuntare fuori da un telone a coprire uno dei tanti cadaveri in strada; ecco le voragini provocate dalle bombe nelle strade di Kiev e di Mariupol; ecco le code di mamme e di bimbi dalle faccine smarrite, con i loro orsacchiotti stretti al petto o con i loro cagnolini protetti da un cappottino, che lascia immaginare interni domestici colmi di affetti e perfino di agi, ora sconvolti o perduti; ecco le barricate e le statue infagottate di Leopoli, ecco gli occhi vuoti degli edifici sventrati e anneriti da fiamme inesauste…

 

Putin

Mai come stavolta la guerra ci appare vicina, ci spinge a schierarci, torto a questo, ragione a quello, ma col limite un po’ ipocrita e un po’ vile che ci suggerisce: fino a un certo punto e non oltre, armi sì, co-belligeranza no… E questi interrogativi, questi dubbi, questi schieramenti sconvolti nella trasversalità di una politica sempre più confusa ci vengono riversati quotidianamente dalle tv affollate di politologi e generali, che ormai hanno sostituito epidemiologi e virologi sotto i riflettori degli studi televisivi.

 

E’ difficile orientarsi, anche emotivamente, nell’incessante flusso di notizie e di immagini – mai veritiere fino in fondo – dove, fra l’altro, mancano gli odori della guerra, di quell’umanità ammassata nei rifugi o negli spazi di accoglienza, del fumo acre, delle cariche appena esplose… E’ difficile distinguere nelle contrapposte propagande il vero dal verosimile e dal falso. Certo, vi è una “lettura” prevalente che tende a semplificare e a collocare tutto il bianco di qua e tutto il nero di là, e che rifiuta ogni approfondimento storico, per fermarsi alle tragedie dell’oggi. Lo scandalo del bombardamento sull’ospedale di Mariupol suscita il nostro sacrosanto sdegno, ma guai a ricordare l’analogo bombardamento di cui solo pochi anni fa fummo responsabili, al seguito dei bombardieri americani, su quello di Belgrado… Chi si azzarda, viene bollato come amico – o servo… – di Putin.

 

Al “nemico principale” di oggi vengono affibbiati gli epiteti di folle e di nazista (quest’ultimo, dallo stesso Putin ribaltato sugli ucraini): in fondo, siamo sulla stessa lunghezza d’onda dell’insensata durezza sovietica, che sottoponeva i dissidenti, bollati appunto come folli, alle terapie ed alle reclusioni in appositi spazi concentrazionari. Quando poi non viene dichiarato pazzo, il nemico viene degradato a essere “non umano”, anche per dimenticare che quelle pulsioni distruttive, quell’odio, quello spirito di rivalsa, covano in ognuno di noi – e in ogni popolo – e aspettano soltanto l’occasione per liberarsi.

 

Il Patriarca Kirill e Papa Francesco in un foto dal sito dei papaboys

Il nazismo. Ma come si conciliano le dichiarazioni del patriarca russo Kirill, che bolla la civiltà occidentale – quella del relativismo, del materialismo pratico, dell’egoismo dei diritti individuali – come corrotta e ne fornisce l’esempio con il sostegno alla “cultura gay”, con i proponimenti putiniani di denazificazione dell’Ucraina, asservita a quella cultura? Insomma, questi ucraini e l’occidente a cui ambiscono sono a favore dei gay o dei nazisti? Dicevamo della confusione: coloro che fino a ieri – politici e intellettuali – sostenevamo la Russia come simbolo della “Terza Roma”, a difesa dei valori tradizionali (Dio, Patria e Famiglia), ora si pongono come suoi più spietati detrattori; chi deplorava “il male americano” e la deriva buro-finanziaria dell’Unione Europea esalta di quest’ultima una ritrovata compattezza (?) nel segno delle sanzioni che colpiranno soprattutto le popolazioni (inclusa la nostra); e si dimentica che quei provvedimenti applicati all’Italia fascista la gettarono fra le braccia della Germania nazista, proprio quelli irrogati alla Russia rischiano di farla volgere all’Asia, nell’orbita della Cina; chi ha sfilato in cento cortei per la pace, si arruola nelle schiere di coloro che plaudono all’invio di armi agli ucraini, con il conseguente prolungamento della tragedia bellica… E ancora: fieri anti-russi perché anticomunisti enumerano sottovoce le ragioni di Putin (nessuno, a destra, sembra ricordarsi di Drieu e, più di recente, di Jean Cau e del suo Discours de la décadence). Di più: i detrattori del sovranismo, si stracciano le vesti per la sovranità violata dell’Ucraina…Tutti poi sembrano aver dimenticato le stragi del Donbass e – a proposito del giusto principio di autodeterminazione dei popoli – il referendum “pro Russia” della Crimea. Molti, infine, si aggrappano alla speranza di una soluzione negoziale, che nessuna delle parti in causa sembra, ad oggi, auspicare.

 

E’ vero: nelle piazze di tante città dell’Ucraina troneggiamo monumenti a Stepan Bandera, eroe nazionale celebrato perfino sui francobolli, feroce alleato di Hitler e poi assassinato nel 1959 da agenti del KGB a Monaco di Baviera, dove si era rifugiato; è vero: gli ucraini accolsero i soldati della Wermacht come liberatori (grave incomprensione di Hitler!) e ancor oggi formazioni politiche e paramilitari ispirate al nazismo operano contro i russi. Insomma, pur sotto i riflettori – e i rigori… – del Pensiero Unico, la confusione sotto il cielo è massima, ma la situazione, con buona pace del presidente Mao, non è ottima.

 

 

 

 

Giuseppe Del Ninno

Giuseppe Del Ninno

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Tags: giuseppe del ninnorussiaucraina

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Comments 3

  1. enrico says:
    4 mesi ago

    Splendido articolo: dice la verità. E purtroppo chi dice la verità in circostanze come queste rischia di essere considerato non au dessus de la mélée, ma au dessous de la melée, come rinfacciava Mussolini ai tempi della grande guerra a Romain Rolland, il grande scrittore francese pacifista. Ma è un rischio che bisogna affrontare serenamente, mentre incombre nel migliore dei casi una crisi economica più grave di quella del 2008. nel peggiore un’apocalisse nucleare.

  2. Guidobono says:
    4 mesi ago

    La Russia è una Tigre di Carta. Putin un cialtrone, il capo di una banda di ladri, corrotti, profittatori, i putiniani di casa nostra degli idioti.

  3. Guidobono says:
    4 mesi ago

    Ma la Bliezkrieg al Valium di Putin e dei suoi cialtroni oligarchi, generaloni pataccati e leccaculo d’ogni risma, starà per finire?

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