C’è chi da piccolo ha avuto paura del buio, chi dell’orco, chi dei fantasmi e chi di tutti loro. Un’intera generazione, negli anni Sessanta, fu segnata da Belfagor il fantasma del Louvre, che tolse il sonno a tanti di noi bambini. Con il passare del tempo la tecnologia ha affinato la rappresentazione filmica dell’horror con l’intervento di effetti visivi e sonori estremamente all’avanguardia.
Da dove nasce questo amore e successo per l’horror? La scrittrice Usa Lisa Morton ha ben spiegato che uno dei maggiori terrori è quello di incontrare le persone ormai morte. Invece, dal punto di vista razionale, dovrebbe essere una logica aspirazione quella di incontrare gente che non esiste più. Insomma, è l’ignoto che spinge le persone a sviluppare un misto di fobia e curiosità verso mondi altri, verso gli spettri, verso il non conosciuto, verso il pericoloso. Ma è così che spesso sono nate le invenzioni o le scoperte.
Resta il fatto che la fascinazione del mistero è grande e contemporaneamente i luoghi e gli edifici considerati infestati sprigionano paura e nello stesso tempo attrazione. Ogni spirito, ogni spettro, “abita uno spazio” per esistere ed essere riconoscibile. E’ un modo anche per circoscrivere uno spazio e sapere qual è il luogo per assistere a queste manifestazioni orrorifiche o per tenersene lontani. O per alimentare il mito dell’orrore. Ma i luoghi infestati sono tali a seguito di voci che si diffondono nel tempo o sono davvero tali? Giulio D’Antona e Daria Petrilli hanno pubblicato un vero e proprio atlante nel quale sono esposti i luoghi infestati più spaventosi al mondo ed è arricchito da leggende e racconti su questi posti. Dalla Gran Bretagna (con il maggior numero di luoghi infestati del mondo, dall’Africa all’Asia, all’America fino all’Antartide. Castelli, manieri, cimiteri, alberghi, foreste, parti di deserto, ponti nella giunga, palazzi moderni o semplici pub. Per ognuno c’è la storia, con tanto di fenomeni, nomi e cognomi, con le radici nei periodi storici più diversi. Gli autori finiscono per credere che “un edificio è sempre infestato: che sia disabitato o abitato, lasciato cadere in rovina, ristrutturato o magari ridotto a un cumulo di macerie poggiate su fondamenta antiche. E infestati sono tutti i luoghi che sono stati abitati, frequentati o visitati da esseri viventi. Ogni luogo vissuto porta e porterà per sempre le impronte di chi ci è passato, ci ha abitato, se n’è andato, è morto. Segni sulle piastrelle, graffi sui muri, scalfitture nelle travi dei tetti, solchi nel verde. L’infestazione è nei dettagli”.
Insomma, un libro che è una miniera di storie, inquietanti e/o orrorifiche, a seconda dei casi, ma anche una mappa per chi volesse continuare a studiare questi casi e magari disporre di un catalogo per viaggi avventurosi dai quali tornare terrorizzati. E affascinati.
Giulio D’Antona, Daria Petrilli, Atlante dei luoghi infestati, Bompiani ed., pagg. 159, euro 25,00