Nella grande storia del motorsport un posto d’onore spetta al rally. C’era un tempo in cui la Formula 1 non era certo la categoria egemone del motorismo sportivo. Anzi, almeno fino agli albori degli anni ’90, anche altri due campionati, entrambi a ruote coperte, erano in grado di suscitare sincere manifestazioni di entusiasmo e contavano su un seguito di massa, nelle piste, come ai bordi delle strade: stiamo parlando del Campionato Mondiale di Rally e del Campionato del mondo sport prototipi.
Ecco, rimaniamo sui Rally e sfogliando l’album dei ricordi, puntiamo diritti sugli anni ’80, il vero periodo d’oro, con tutti i grandi a competere: Fiat, Lancia, Toyota, Subaru, Peugeot, Renault, Ford, Volkswagen, Audi, addirittura la Ferrari (con la 308 GTB Gruppo 4, preparata dalla Concessionaria Michelotto), solamente per compilarne una lista sommaria.
Le prove da affrontare poi, sono massacranti, con i Rally di Monte Carlo da oltre 30 tappe (più di 700 chilometri cronometrati complessivi), i Tour de Corse da 1000 chilometri e soprattutto il “vero” Safari, nulla a che vedere con le gare di oggi che si aggirano sui 300 chilometri.
1982, l’anno della svolta
In ogni caso, il vero anno di svolta è il 1982, allorché la FISA (l’allora commissione della FIA che organizzava le competizioni automobilistiche, abolita nel 1993, con la riforma che riportava suddetta competenza direttamente in seno alla FIA stessa) introduce, a partire dalla stagione successiva, le Gruppo B, in sostituzione sia delle Gruppo 4 (Gran Turismo modificate) che delle Gruppo 5 (GT prototipo).
Tutto sommato, i nuovi prototipi nascono nella cornice tecnica di un regolamento con poche restrizioni: un minimo di 200 esemplari prodotti per ottenere l’omologazione e per il resto, come detto, nessuna particolare limitazione alle prestazioni, né alle caratteristiche delle vetture.
E così, le grandi case cominciano ad impegnarsi nel progettare modelli sempre più performanti e leggeri, con punte di oltre 500 cavalli (forse anche 600) tra l’85 e l’86, biennio di massimo sviluppo: i costruttori infatti, avevano imparato considerare il Mondiale Rally un’importante banco di sperimentazione per i modelli da strada, oltreché un grande palcoscenico per affermare la propria immagine; il tutto mentre gli appassionati si moltiplicavano, assiepandosi ai bordi delle strade.
Le potenze, per l’appunto, nell’ordine dei 600 cavalli, muovevano delle masse di circa 900 kg: tale miscela garantiva alle vetture accelerazioni sullo 0/100 nell’ordine dei 2,5/2,7 secondi e con velocità di punta, sulle prove speciali, di oltre 200 km/h.
Di quei tempi, restano su tutte, come icone indelebili, le Lancia (la cui squadra ufficiale gareggiava sotto le insegne del Martini Racing), con i modelli 037 (campione tra i costruttori nel 1983) e 037 EVO prima, la Delta S4 poi, le Audi quattro A1 e A2, le Toyota Celica Twin-Cam Turbo, le Ford RS200 e le Peugeot, sia con le 205 che con le 405 Turbo 16.
Un sogno eroico; eppure, il giocattolo non riesce ad andare oltre il 1986.
La fine
Che la giostra funzionasse lungo il sottilissimo filo di un rasoio, era piuttosto evidente: quei telai, al netto dell’innovazione, non erano letteralmente in grado di sostenere “il peso dei propulsori” (per altro, similmente avveniva, grossomodo, durante lo stesso periodo, nella Formula 1 degli anni d’oro della sovralimentazione; per avere una idea chiara della situazione, basta ricercare negli archivi una qualsiasi performance di Ayrton Senna in qualifica, tra l’85 e l’88).
Per di più, l’imperativo dei progettisti era la ricerca della massima leggerezza possibile, per rendere il corpo vettura massimamente guidabile.
Su tutto però, la vera spada di Damocle veniva rappresentata dal fuoco, totalmente impossibile da gestire, anche perché, non di rado, il serbatoio del carburante veniva posto direttamente sotto i sedili.
Il colpo di grazia alla storia delle Gruppo B lo da una duplice tragedia, incredibilmente ad un anno esatto di distanza: è il 2 maggio 1985, quando Attilio Bettega, alla guida della Lancia Rally 037, perde il controllo e si schianta contro un albero durante la quarta prova speciale del Tour de Corse.
L’impatto stoppa bruscamente la Lancia, in procinto di precipitare in un dirupo; a causa dell’immane energia dissipata però, la vettura si spezza in due per tutta la sua lunghezza: Bettega resta ucciso sul colpo, mentre il suo navigatore Maurizio Perissinot ne esce illeso.
Assurdamente, di nuovo al Tour de Corse e ad un anno esatto dalla prima sciagura (è il 2 maggio 1986), anche Henri Toivonen va incontro al proprio destino, pure lui al volante della vettura numero 4 (in questo caso però, di una Lancia Delta S4).
Toivonen aveva cominciato benissimo quel 1986, con la vittoria al Monte Carlo ed è uno dei grandi favoriti per la conquista dell’iride; e invece, il 2 maggio 1986, pur abbondantemente in testa nella temporanea classifica del rally, il finlandese esce di strada e si cappotta, fino a fermarsi sul tetto.
Nella carambola, il fondo vettura colpisce un albero e il serbatoio della benzina (sotto ai sedili), va a comprimersi fino a rompersi: la benzina, venendo a contatto con le parti incandescenti del turbocompressore e dei collettori di scarico, si incendia e con essa l’intera auto.
Per Toivonen e per il suo navigatore Sergio Cresto non c’è nulla da fare.
La FISA, a quel punto, deve dire basta e abolirà le Gruppo B già dal 1987, interrompendo sul nascere lo sviluppo delle Gruppo S, che nei piani sarebbero dovute divenire le nuove vetture di vertice del rallysmo mondiale.
Al loro posto, ecco arrivare le Gruppo A, derivate dalla serie, meno prestazionali ma più sicure.
Tra il recente passato e la rivoluzione ibrida
Per ritrovare qualcosa di simile, bisognerà attendere il quinquennio 2017-2021, con le WRC Plus: 380 cavalli (fino a sfiorare 200 km/h), aerodinamica sofisticata ma anche una grande sicurezza, possibile grazie ai telai di ultima generazione e all’evoluzione dei Roll-bar (oltre al collare HANS da tempo indossato da tutti i piloti e i navigatori).
Gli incidenti, anche gravi non sono mancati (solo per citarne alcuni, basti vedere quelli di Thierry Neuville in Cile nel 2019 e di Ott Tanak a Montecarlo nel 2020) ma gli elevatissimi standard di protezione hanno dimostrato interamente la loro validità.
Adesso, nel WRC si volta nuovamente pagina: in effetti, anche su questa disciplina si è abbattuta la rivoluzione dell’ibrido che nel 2022 porterà su strada le nuove Rally 1, più pesanti e con aerodinamica meno spinta rispetto alle predecessore.
Tra gli appassionati e gli addetti ai lavori c’è già chi ha storto il naso ma anche in questo caso non resta che attendere i primi verdetti del Rally di Monte Carlo, in programma dal 20 al 23 gennaio venturi.
Il Gruppo B, le Delta S4 ecc. erano il vero e proprio trionfo di una mentalità omicida. Comunque nei rallies rimane insoluto, spesso almeno, il problema della sicurezza degli spettatori.