In Arabia Saudita la Formula 1 ha nuovamente perso la propria credibilità, e la situazione sembra ormai sfuggita di mano, offuscando quella che sul campo sarebbe una competizione di altissimo livello.
1 contro 1
Verstappen e Hamilton se le sono date di santa ragione, con l’olandese che ha fatto dei numeri di alta scuola, alzando l’asticella dell’aggressività, quanto dell’agonismo, molto in alto: la staccata portata in occasione della seconda ripartenza di giornata, inserendosi all’interno di Ocon e Hamilton, sembrava riportare la memoria a Città del Messico.
La sfida è divenuta rissa, quando al giro 47 Verstappen doveva lasciarsi sfilare dall’inglese, dopo un ennesimo taglio alla frenata iniziale, nel tentativo di resistere; l’olandese però, anziché agevolare lo scambio, rallenta e muove leggermente il volante.
Hamilton, dal canto suo, si dimostra piuttosto attendista, proprio per non concedere successivamente il DRS e la scia; nel momento di battezzare la sua sinistra, il 44, tradito forse dalle mosse dell’avversario, non può far altro che tamponarlo, rompendo l’ala anteriore.
Nonostante il danno, Hamilton vince comunque.
Verstappen, a fine gara, sarà invece penalizzato di 10”(che si sommano ai 5” comminatigli per aver guadagnato un vantaggio dal passaggio sulle vie di fuga, in occasione delle schermaglie contro la Mercedes), ininfluenti rispetto al risultato finale.
Le regole, le trattative, le bandiere
A fare da gustoso canovaccio, era già arrivato l’ennesimo episodio di quella che ormai sembra sempre di più una serie o, peggio, un videogioco: la “trattativa” tra il Direttore di gara Michael Masi e il muretto Red Bull, conclusasi con la cessione delle posizioni ad Ocon e Hamilton, in cambio della cancellazione di ogni possibile penalità, dopo l’evidente infrazione commessa in occasione del secondo via di giornata.
Tutto questo diviene un bel problema, giacché in condizioni normali, di fronte ad un illecito, ci deve essere una sanzione certa e applicabile, fatta rispettare da un’autorità, senza che venga ammessa forma alcuna di contrattazione.
In caso contrario, si crea solo un immenso disordine, un far west televisivo, sublimato ogni volta dalle comunicazioni, trasmesse in mondovisione, tra la FIA e la Mercedes o la Red Bull, a seconda dei casi.
Addirittura, non c’era stata neanche una investigazione sulla mossa di Bottas, che in occasione della Safety Car aveva largamente rallentato l’olandese della Red Bull, così da favorire l’ingresso di Hamilton in pit lane per gestire il primo cambio gomme con minore frenesia.
La chiave di lettura potrebbe essere allora la volontà di generare artificialmente uno spettacolo fine a sé stesso, un terno al lotto confusionario, mentre sullo sfondo permane una interpretazione dei regolamenti che spesso cambia a seconda degli episodi, se e quando applicati.
Al di là del fatto che, nel caso della prima interruzione, la barriera fosse effettivamente così danneggiata da non poter essere riparata celermente, forse si sarebbe potuto fare come in passato, mandando in pista la Safety Car, per poi organizzare una partenza lanciata, evitando tutti i problemi e i rischi che la procedura classica comporta.
E invece, ciò a cui ormai si assiste sempre più spesso, per lo meno da un paio d’anni, è un abuso che si fa delle bandiere rosse, esposte così da generare delle nuove partenze da fermo e rimescolare le carte (lo scorso Gran Premio di Azerbaigian, in tal senso, fu un caso ancora più agghiacciante).
Le piste
Per di più, la Formula 1 continua ad esplorare nuove terre promesse, anche se questo significa correre su tracciati improbabili: nessuna novità certo, basta ripercorrerne la storia.
Dai cittadini statunitensi in mezzo a pericolosissimi blocchi di cemento negli anni ’80, al Medio Oriente di oggi; d’altronde, l’inesauribile necessità di introiti, maggiorata dalle conseguenze della pandemia, sta portando la Formula 1 a dipendere sempre di più dai mercati emergenti.
Solo che le piste spesso, oltre ad essere piatte e anonime, possono dare adito a insospettati, quanto evidenti, problemi di sicurezza, come a Gedda, velocissima ma stretta, senza le adeguate vie di fuga; una netta contrapposizione, rispetto all’esasperata ricerca di sicurezza statuita dall’automobilismo contemporaneo.
L’impressione, anche in questo senso, è che se ci scappa qualche incidente, tale da far saltare gli spettatori sul loro divano, di fronte al televisore, tanto meglio, così da aumentare l’audience e fare tendenza sulle reti sociali, attraverso la ricondivisione e il commento dei video, con annesse didascalie di sorta.
Finalmente Giovinazzi
Peccato che a causa del trambusto, alla fine sia quasi passata sotto traccia la splendida domenica di Giovinazzi, decimo in qualifica e nono all’arrivo: l’italiano dell’Alfa Romeo Sauber non conquistava punti dal Gran Premio di Monaco e da allora era spesso incappato in episodi sfortunati e scelte tattiche errate.
Il pilota di Martina Franca è stato autore di una grande gara, nella quale ha battagliato con Alonso ed è stato lungamente davanti ad entrambe le Ferrari, confermando una volta di più la sua grande capacità di interpretare le piste più tortuose e insidiose.
Una bella iniezione di fiducia, in vista della nuova avventura in Formula E, dove sarà prossimamente protagonista.
Tutto vero. Ma è chiara la volntà del circus, ormai americano, di far vincere Hamilton in una logica BLM.
Formula E per Giovinazzi? Poveraccio, il nulla…
Spero che Hamilton sbatta (forte) contro un muro….
Viva Verstappen!
Nonostante Masi abbia cercato di tirarla in lungo fino all’ultimo giro…. Hamilton ha perso lo stesso! Farla finire in regime di SC sarebbe stato troppo scandaloso anche per Masi ed il circus….