In un intervento di qualche settimana fa, avevo definito “dream team” il nuovo Governo afghano, comprendente tutti gli esponenti storici del movimento talebano: una definizione intesa ovviamente da punto di vista degli studenti coranici.
I primi passi o – per proseguire con la metafora sportiva – le prime partite di questa squadra da sogno non sembrano avere in realtà riservato grandi soddisfazioni ai suoi tifosi. Varie sconfitte, pochi pareggi e nessuna vittoria: la classifica langue, come direbbe un commentatore calcistico. La vulnerabilità del Paese, nei due mesi seguiti alla drammatica partenza degli occidentali, si è fortemente aggravata sia dal punto di vista politico (nessun serio progresso nei contatti con i possibili sostenitori esteri) che economico (esplosione dell’inflazione e della povertà; impossibilità dello Stato di fornire alla popolazione almeno i servizi indispensabili); mentre, all’interno, la sfida dell’Isis-K ha causato vari gravi attentati e il consolidamento in diverse zone del potere del sedicente “Stato islamico”.
Dal canto loro i Talebani, negli incontri svoltisi a Doha con rappresentanti occidentali, hanno cercato di accreditarsi come “garanti”, allo scopo ovviamente di ottenere lo sblocco dei fondi afghani bloccati all’estero, senza considerare minimamente l’assoluta mancanza di un credibile assetto da garantire. Con la squadra in “crisi di risultati”, poi, sono riaffiorati all’interno dello “spogliatoio” antichi contrasti, in primo luogo quello fra gli esponenti storici e la Rete Haqqani dell’attuale Ministro dell’Interno.
In questa situazione, il pericolo è – come temono molti osservatori – che l’Afghanistan si trasformi, oltre che nella bomba migratoria che già rappresenta, in “sponsor passivo” del terrorismo: nel senso che l’attuale latitanza delle istituzioni potrebbe favorire l’affermarsi di personaggi e movimenti pericolosi per la comunità internazionale.
E di fronte a tutto questo, come si sta muovendo proprio la comunità internazionale? Finora, la massima espressione di interesse (al di là delle fibrillazioni migratorie di vari Stati europei) è stato il G20 straordinario che il nostro Presidente del Consiglio è faticosamente riuscito a convocare nei giorni scorsi, pur in assenza dei Capi di Stato russo e cinese. L’alto consesso si è concluso dando mandato all’ONU a coordinare gli aiuti all’Afghanistan: sostanzialmente aria fritta, quando invece l’ex “dream team” – se ancora ritenuto in grado di arrivare alla “salvezza” – dovrebbe almeno ricevere, a titolo gratuito o quasi, “giocatori in prestito” che siano capaci di togliere l’Afghanistan dalle secche della “bassa classifica”.