Essere idoli delle folle è una responsabilità importante e perciò Papa Francesco, nel corso dell’udienza prima dell’amichevole tra Italia ed Argentina, ha voluto ricordare a calciatori e dirigenti azzurri e albiceleste l’importanza dell’esempio e della rettitudine. Detta così, sembrerebbe un po’ una notizia scontata, vaga e, forse, nemmeno degna di approfondimento. In realtà, Bergoglio, scatta in contropiede e, dribblando i preconcetti del mondo più verboso e vacuo che ci sia (quello del calcio e dei buoni sentimenti) richiama tutti al dovere di coltivare la propria spiritualità.
“’Vi chiedo di vivere lo sport come un dono di Dio, una opportunità per far fruttificare i vostri talenti, ma anche come una responsabilità” ha detto il pontefice alla comitiva pallonara che ha invaso le sale vaticane ed ha poi aggiunto: “Per favore vi chiedo che preghiate per me, perché anch’io, nel ‘campo’ in cui Dio mi ha posto, possa giocare una partita onesta e coraggiosa per il bene di tutti noi”.
Speriamo che abbiano capito, tutti, cosa voleva davvero dire il Papa. Prima delle solite sparate e tiritere dell’interpretazione buonista d’accatto occorre ricordarsi bene che Bergoglio è lo stesso pontefice che ha scosso più volte i cattolici dal loro torpore per incitarli ad abbandonare la ‘vita comoda’ dei salotti e sporcarsi le mani. In un senso, però, del tutto nuovo almeno rispetto alle tiritere populiste che si abbattono ogni giorno sul capo di tutti noi. “La Chiesa non deve essere un’Ong”, disse a pochi giorni dal suo innalzamento al soglio pontificio e già questo dà un senso del tutto originale alle frasi pronunciate da Bergoglio e ribattute dalle agenzie di mezzo mondo. Quindi il Papa chiede impegno vero, serio e concreto non sterili peana smielati ed inconcludenti o fiumi di denaro donati in beneficenza a favore dei tamburi battenti della grancassa mediatica. E sembra proprio lanciarsi in uno spietato contropiede chiedendo ai calciatori (ma per tramite loro a tutto il mondo di cui rappresentano nient’altro che la punta di diamante) di farsi alfieri di un rinnovato culto della spiritualità alla faccia di chi, parafrasando un grande pensatore, vorrebbe ridurre l’impegno ‘religioso’ di ognuno ad un indistinto e vago volontarismo altruismo caratterizzato da un caritatevole ‘scaricarsi la coscienza’.
In pratica, se li avesse presi a schiaffi il caritatevole evasore fiscale Messi e l’untuoso Prandelli, forse avrebbe fatto loro meno male.