Attraversare l’Armenia è un viaggio affascinante, coinvolgente, spirituale tanto da assumere anche i tratti di un pellegrinaggio. I profili paesaggistici e naturali di questa piccola terra (appena più grande della Sicilia) incastrata nel Caucaso sono sorprendentemente vari, basti pensare che ogni sua provincia si caratterizza diversamente dalle altre in un’armonia che trova la sua sintesi nel carattere e nella cultura millenaria del suo popolo. Tra sinuose strade si attraversano i rigogliosi boschi delle regioni nordiche, si passa per il grande lago Sevan che offre freschi profumi e quella brezza che invita alla contemplazione, fino a raggiungere le dorate e brulle distese dei campi di foraggio nel sud, questa terra ti accoglie sempre con gratuito calore e si racconta con profondo dolore. Nonostante stiamo parlando di una civiltà antica e fortemente identitaria, l’Armenia ha ritrovato la sua indipendenza solo trent’anni fa, al crollo dell’Unione Sovietica, dopo secoli di varie dominazioni a opera dei persiani, dei bizantini, dei selgiuchidi, dei mongoli, della Russia zarista e sovietica, degli ottomani fino alla tragedia del Genocidio armeno vissuta fra il 1915 e il 1918 in cui circa un milione e mezzo di armeni trovarono la morte per mano turco-ottomana.
La prima tappa di questo viaggio è Gyumri, già Leninakan sotto il dominio sovietico e già Alessandropoli sotto il dominio zarista. Situata a nord-ovest, a ridosso del confine turco, Gyumri è la città più antica dell’Armenia nonché la seconda per dimensioni dopo la capitale Erevan. In realtà le città armene sono poche, forse solo i capoluoghi delle sue undici province, perché il tessuto demografico si estende soprattutto lungo tanti piccoli villaggi che in sé possono racchiudere straordinarie testimonianze storiche e monumentali. Questa città venne devastata da un tremendo terremoto nel 1988 che portò qui una delegazione umanitaria italiana di cui faceva parte anche il medico Antonio Montalto, oggi Console onorario per la Repubblica italiana e impegnato ormai da oltre trent’anni in numerosi progetti che spaziano dall’umanitario alla promozione culturale, turistica e urbanistica di questa affascinante città. Passeggiare fra le vie di Gyumri, infatti, significa lasciarsi meravigliare dalle suggestive costruzioni in basalto nero che ne fanno una caratteristica unica benché i segni del terremoto siano ancora purtroppo evidenti. Il rapporto fra questa città e l’Italia si è arricchito anche grazie all’impegno dell’Ong identitaria e italiana “Manalive” la quale lo scorso anno ha donato una biblioteca multimediale alla Casa Famiglia gestita dalle suore cattoliche dell’ordine dell’Immacolata Concezione e che conta di avviare presto una missione permanente sul territorio. L’ospitalità di queste religiose ma soprattutto l’accoglienza e il sorriso di questi bambini, è sicuramente uno dei ricordi più belli di questo viaggio.
I giorni seguenti abbiamo attraversato le verdeggianti province di Lori e di Tavush, dove fra canyon e altipiani mozzafiato raggiungiamo subito la “Croce Sirun” nella valle di Dzoraget. Si tratta di un tipico Khachkar, ovvero le croci votive scolpite dentro un blocco di pietra con ricchi motivi geometrici e floreali che rappresentano un importante simbolo identitario per tutta l’Armenia. Questo tipo di rappresentazione artistica e religiosa, infatti, esiste solamente in Armenia benché presenti una varietà di motivi pressoché infinita. Questo particolare Khachkar del XIII secolo (ma ne esistono centinaia di più antichi) intarsiato in una pietra di tufo, è interessante perché presenta una tale ricchezza ed eleganza nei suoi ornamenti che il famoso poeta armeno Hovhannes Tumanian lo ha eletto a suo monumento preferito.
Da qui si continua ad attraversare le prospere vallate sempre ricche di acqua fino a raggiungere il carismatico monastero di Kobayr. Questo luogo risulta di particolare fascino sia perché incastrato sul fianco del canyon del Debed, sia perché rappresenta una preziosa testimonianza storica della dinastia Bagratidi, quando forti erano le influenze politiche e religiose fra la Georgia ortodossa e l’Armenia rimasta pre-calcedoniana. Oltre allo scenario di poetica bellezza che offre questo sito, è degno di ammirazione e nota l’affresco sulla parete dell’altare di questo monastero purtroppo in rovina. La Chiesa apostolica armena, infatti, è generalmente molto spoglia di rappresentazioni pittoriche ma ricca di decorazioni incise nella pietra. L’augurio è che presto qualcuno possa farsi carico del restauro di questo posto che avvolge e incanta insieme con una forza misteriosa che proviene da secoli di storia tutt’altro che silenziosi.
Sarebbero tanti i posti visitati e da descrivere in quest’area nordica, uno dei più importanti certamente è il monastero di Haghpat, patrimonio dell’Unesco e modello perfetto per apprezzare l’architettura religiosa armena che risulta essere molto originale rispetto ai paradigmi europei. Quando si parla di Armenia è impossibile non pensare anche al Cristianesimo, perché la storia di questa terra si lega sin da subito alla fede nel Risorto spesso pagata con il martirio e che si è espressa nei secoli con una fiorente vita monastica. Entrare nel complesso monastico di Haghpat, anche questo immerso in uno scenario paesaggistico di grande suggestione e ascetismo, significa attraversare il centro spirituale e culturale più importante dell’Armenia medievale. Basta semplicemente chiudere gli occhi e si può subito immaginare la vita che questi religiosi conducevano fra i loro orti, la biblioteca con migliaia di manoscritti e gli altari incensati che congiungono a Dio.
Un altro monastero importante in zona, e che abbiamo visitato, è certamente quello di Sanahin ma ancora più particolare è il monastero-fortezza di Akhtala. Anche questo posto si colloca come particolarmente significativo per le vicende religiose di questa terra poiché al centro delle influenze ortodosse bizantine, calcedoniane di matrice georgiana, e la fedeltà alla dottrina del “miafisismo” tipica della Chiesa apostolica armena. Non è un caso che questa chiesa presenti numerosi affreschi che la rendono particolarmente affascinante così come il fatto che sia meta ecumenica di pellegrinaggi, ma certamente una caratteristica che non passa inosservata di questo complesso sono le sue fortificazioni militari. Akhtala, dove oggi risiede anche un importante e colorata miniera, sorge su un punto che nei secoli fu strategico dal punto di vista della difesa militare contro le pressioni dei popoli asiatici.
Prima di chiudere questa prima parte è doverosa almeno una menzione a una delle caratteristiche più belle dell’Armenia, ovvero la splendida accoglienza del suo popolo. Se in Italia, e in particolare nel Meridione bizantino, l’ospite è ancora sacro, in Armenia l’ospite è addirittura di famiglia! Qui sono rare le strutture alberghiere e spesso l’ospitalità è affidata alle case delle famiglie dove, a prezzi irrisori, riservano delle stanze per i turisti per poi coinvolgerli nella loro quotidianità, soprattutto a tavola fra un pezzo di pane-lavash, ricche insalate, carne arrostita e un bicchiere di vodka rigorosamente fatta in casa, magari nel mentre di una cena fra amici.