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La caduta di Kabul e il cortocircuito della destra tra Gino Strada e Massud

Oggi , dopo essersi dimenticati dell’Afghanistan per quattro decadi, si riscoprono tutti guerrafondai. Bushani di ritorno, appunto.  Con la piccola postilla che, a parte rare eccezioni (vedi Belpietro), nessuno ha il coraggio di dichiararlo apertamente e quindi la massa degli intellò si accalca davanti a questo curioso altare dove si affastella un po’ di tutto: Gino Strada e Massud, gli arcobaleni e i caccia americani, i diritti delle donne e Guantanamo, l’autodeterminazione dei popoli e il globalismo spinto.  La logica cercatela altrove

by Leonardo Petrocelli
26 Agosto 2021
in Corsivi
7
Eduring freedom, la missione internazionale in Afghanistan

Un’inquietante convergenza affratella destra e sinistra: sono tutti bushani di ritorno. Non fallaciani, non gandhiani. Sarebbe troppo nobile. Tutti generali del Pentagono con l’elmetto in testa e per ragioni diverse: tra i sovranisti l’ennesima semplificazione della complessità riduce il tutto a “non si tratta con i talebani”, islamici barbari e cattivi, mentre nelle fiere progressiste si saltella di qua e di là parlando solo di donne e profughi. Ma alla fine quello che nessuno dice, ma tutti pensano, è che gli Stati Uniti avrebbero fatto meglio a rimanere, a bombardare quel che c’era ancora da bombardare, a stanare i talebani di seconda generazione rannicchiati in qualche grotta e a consolidare l’enduring freedom, quel roboante nome appiccicato alla missione occidentale in Afghanistan poi rovesciatasi grottescamente nel suo contrario.

Vent’anni fa

Eppure ce li ricordiamo lorsignori, vent’anni fa. Non i capoccia, allineati e coperti, ma tutti gli altri: quelli di destra che sventolavano gli articoli di Massimo Fini e la sua biografia del Mullah Omar e quelli di sinistra che appendevano le bandiere arcobaleno al balcone di casa “per mandare un segnale”. Oggi , dopo essersi dimenticati dell’Afghanistan per quattro decadi, si riscoprono tutti guerrafondai. Bushani di ritorno, appunto.  Con la piccola postilla che, a parte rare eccezioni (vedi Belpietro), nessuno ha il coraggio di dichiararlo apertamente e quindi la massa degli intellò si accalca davanti a questo curioso altare dove si affastella un po’ di tutto: Gino Strada e Massud, gli arcobaleni e i caccia americani, i diritti delle donne e Guantanamo, l’autodeterminazione dei popoli e il globalismo spinto.
Massimo Fini e la biografia del Mullah Omar

La logica cercatela altrove. Ha provato a dirlo Carlo Calenda, timidamente: “Non puoi essere nel 2001 contrario alla guerra contro i talebani e nel 2021 contrario al ritiro perché favorirebbe i talebani. Le due cose non si tengono”. Vaglielo a spiegare, non c’è verso.

La missione Usa

Tralasciando tutto l’arrovellamento sulla democrazia che non si esporta e sulle nazioni che non si costruiscono colonizzandole (saremo d’accordo, spero), due cose  possiamo comunque dirle. La prima è che i vent’anni di commissariamento americano non sono stati una passeggiata di salute. Qualcuno ricorderà  il quasi sistematico bombardamento di matrimoni scambiati per assembramenti di talebani. Meno, nella memoria, sono scolpiti anni di stupri, violenze, angherie perpetrati da quei “signori della guerra“ resuscitati dall’intervento occidentale e lasciati liberi di razziare impunemente mezzo Paese. Primo nell’elenco delle atrocità, il raccapricciante fenomeno della pedofilia dilagante dopo l’occupazione. Secondo il New York Times dal 2010 al 2016 risultano quasi 6mila richieste di indagine da parte degli americani su abusi a danno dei minori da parte delle milizie afghane, quelle per cui oggi tutti i giornaloni fanno il tifo in chiave anti-talebana. Ebbene, per quelle madri a cui furono strappati i figli per violentarli nessuno ha lacrime da versare? Sembra che le donne siano atterrate in Afghanistan solo qualche giorno fa in coincidenza con la presa del potere degli “studenti”.  Naturalmente, ad “atterrare” è solo la pelosa propaganda che accende e spegne i fari a suo piacimento, tralasciando di raccontare la forte connessione dei talebani con l’anima rurale del Paese e ponendo a favor di telecamera solo i giovani ormai occidentalizzati del centro di Kabul. In chiusura il problema dell’oppio, altro esempio illuminante. Il ritiro delle truppe americane ha buttato giù dal letto Roberto Saviano che, preoccupatissimo, ora denuncia il sorgere del narco-stato talebano. Peccato che, proprio sotto i talebani, per la prima volta nella storia recente dell’Afghanistan, si erano interrotte le coltivazioni del papavero, riprese a pieno ritmo subito dopo l’invasione e serenamente proseguite in questi ultimi vent’anni nel silenzio generale e complice dei commentatori di casa nostra.

La realpolitik

Rimessa in asse la verità, cosa resta? Resta la strategia che è la seconda parte del ragionamento. La politica estera è l’arte del realismo non dei tweet e degli slogan. I talebani possono non piacere, e non piacciono in effetti quasi a nessuno, ma l’unica cosa che resta da fare è parlarci, riconoscendo l’Emirato afghano solo a patto che alcune condizioni essenziali  – che dovranno essere oggetto di un negoziato – siano rispettate. Bisogna sedersi al tavolo. Lo ha capito, furbescamente, la Cina e a ruota la Russia. Ma sono della partita anche i turchi e perfino gli iraniani che dei talebani dovrebbero essere nemici naturali. Solo l’Europa non l’ha capito, ed era ovvio, perché quando la questione si fa seria – si esce, cioè, dai confini grotteschi del gender e del debito allo “zero virgola” e si spalancano le porte del Grande Gioco  – l’encefalogramma continentale si fa piatto. In Italia, poi, il paziente politico è clinicamente morto da un pezzo, ucciso dal “non si parla coi talebani” dei sovranisti, dall’ “accogliamoli tutti” della sinistra e dall’immediato scarto dell’opzione dialogo solo perché il primo a suggerirla è stato l’ex premier Giuseppe Conte. L’ha detto mister lockdown? Allora è di sicuro una scemenza. Il merito della questione, come da tradizione, non interessa a nessuno.

In realtà, fatevene una ragione, l’unica strada è proprio quella. A meno, cari amici di destra, di non voler tornare a bombardare e colonizzare. In questo caso, però, evitate di esibire incautamente i libri di Fini, i ragionamenti sull’autodeterminazione dei popoli o di esultare se è Trump ad annunciare il ritiro. Nel 2001 non c’erano i social, oggi sì. E ammirare il passaggio dal “prima” al “dopo” potrebbe essere un amaro spasso.

@barbadilloit

Leonardo Petrocelli

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Tags: AfghanistanBarbadillobushDestragino stradamassud

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Comments 7

  1. sandro says:
    4 anni ago

    eccellente analisi, il problema vero è la persistente sudditanza dell’Europa alla Nato, forse al di là dell’accoglienza “a prescindere” e del “continuiamo la guerra”, sarebbe ora di discutere e di sciogliere questa anacronistica struttura. Altrimenti l’Europa dello “zero virgola” e dei “gender” si avvierà verso una meritata fine…

  2. Guidobono says:
    4 anni ago

    La questione è che la NATO non doveva essere impiegata in Afghanistan e che gli italiani, come altri europei, proprio non dovevano andarci. Adesso è la solita baruffa chiozzotta a dominare questo nostro strano Paese, dove tutti chiacchierano, pochi fanno (e non sempre bene)…

  3. Guidobono says:
    4 anni ago

    Grazie ai nostri gonzi filo-atlantici di destra e sinistra non solo in questi anni abbiamo sacrificato inutilmente, sottolineo inutilmente, vite umane e risorse, ma adesso ci prendiamo sul groppone anche altre migliaia di profughi! Amici dei barconi, gioite!
    Ne arrivano altri, direttamente a Fiumicino!

  4. Fernando says:
    4 anni ago

    Concordo essenzialmente con l’analisi dell’articolo,eccetto la solita spingulettata alla destra che in verità è risaputo di non avere nessunissima valenza di mipotere.Ovviamente Fini dovrà pur accontentare a chi gli ha dato un lavoro… Vorrei comunque, se mi si consentisse, mettere in luce due considerazioni: Primo,si era sempre detto che l’Afghanistan era un paese poverissimo,viveva di pastorizzia ed oppio,ora d’incanto è divenuto un paese ricchissimo a quanto pare.Bisogna fare attenzione financo quando si cammina ci si potrebbe inciampare su una pipita d’oro o altro prezziosissimo minerale,miracolo ammaliante che solo i midia alle volte riescono a scoprire.Secondo punto:Gli Italiani sono efficientissimi quando si tratta di portare migranti in Italia infatti In pochissimo tempo hanno sbarcato sul suolo Italiano la bellezza di ben 4980 esuli cosa che tutti gli altri paesi europei non hanno fatto.Sono tutti inumani!!??O cosa!! L’Italia può permetterselo nelle sue floride realtà economiche!?? Se poi come già propagandato sotto traccia ognuno potrà chiamare il resto della sua cerchia famigliare che ammonterebbero all’incirca di venti persone sarebbe un bel colpo di giustizia e democraticità siamo all’avanguardia almeno in questo campo di saggia politica.Personalmente ne sono felicissimi Cosi come non essere depennato..

  5. Iginio says:
    4 anni ago

    Premesso che a praticare la pedofilia sono gli afghani come abitudine locale e non come frutto USA, non esiste un obbligo di riconoscere i talebani solo perché sono in questo momento più forti. Il vero Afghanistan è anche altro, ad esempio era la monarchia che vi ha regnato per moltissimo tempo e che gli americani non hanno voluto ripristinare.
    Quanto al pensiero geniale di Conte, l’autore lo ha definito benissimo senza accorgersene, anzi tentando di difenderlo: l’ennesima cretinata di uno che non sa nulla e si atteggia a grande politico solo perché qualcuno negli anni passati gliel’ha fatto credere.

  6. Guidobono says:
    4 anni ago

    Riconoscere il Governo talibano è un potenziale vantaggio per noi, non per loro!

  7. Guidobono says:
    4 anni ago

    Scrivere sequipedali fessate sui tagiki di Massoud (parlando impropriamente di ‘resistenza’) è un po’ come riconoascere ai sudtirolesi/altoatesini il diritto di rappresentare tutta l’Italia…

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