Fra i giornalisti, il migliore è Indro Montanelli, che oltre a essere stato un cronista di razza non ha disdegnato, con la sua scrittura limpida, di fare incursioni nella storia italiana, anche europea, per divulgare fatti, dinamiche, storie che altrimenti non sarebbero state così ben conosciute dal pubblico.
E infatti, dopo aver pubblicato libri di successo sulla storia di Roma, della Grecia e dell’Italia, nel 1993 pubblicò ventiquattro fascicoli dedicati a personaggi storici illustri (da Giulio Cesare a Benito Mussolini) fra i quali uno dedicato a Dante Alighieri (il quarto fascicolo). La serie, intitolata “I Protagonisti”, veniva data in omaggio ai lettori del quotidiano “Il Giornale”.
Adesso, a settecento anni dalla morte del Sommo Poeta e a venti da quella di Montanelli, l’editore De Piante pubblica, nella collana “Gli aurei”, il testo di quel famoso fascicolo ormai introvabile: Dante Alighieri ovvero Durante di Alighiero degli Alighieri. Un omaggio doppio dell’editore al Sommo scrittore e a Montanelli.
In poche pagine Montanelli mette a fuoco il poeta e il suo tempo. Emerge la figura di un uomo speciale che amava la poesia, la politica, le donne, con una visione letteraria che contribuì a far nascere la corrente del Dolce stil novo, l’immagine della “donna angelicata”, spirituale, di contro alla letteratura provenzale che mostrava una donna sensuale e legata alla bellezza fisica. Si trovò a vivere in un periodo tutt’altro che facile dove prendere posizione era quasi d’obbligo e pieno di rischi. Nacque nel 1265, cinque anni dopo la battaglia di Montaperti (quando Firenze guelfa fu sconfitta da Siena ghibellina).
L’origine della sua famiglia era nobile ma non ricca. E così il padre di Dante dovette barcamenarsi nonostante avesse qualche proprietà. Lo scrittore rimase ben presto orfano e visse una triste infanzia con la matrigna Lapa. Quando anni dopo Dante fu bandito da Firenze la sua casa al “sesto di Porta San Piero”, fu demolita come si usava fare nei confronti dei nemici politici esiliati. Montanelli descrive le case fiorentine del Medioevo, tutt’altro che comode, e la città che era tutt’altro che bella e ricca di testimonianze come nei secoli successivi. Un affresco efficace della città di quei tempi, quando aveva solo 50mila abitanti. Ma fu nell’infanzia che Dante incontrò e conobbe Beatrice che secondo gli studiosi era Beatrice Portinari, figlia di Folco, stimato banchiere fiorentino. Lui ebbe di lei una visione “angelicata”, ebbe altre donne e nel frattempo Beatrice sposò Simone de’ Bardi. Nel frattempo Dante frequentava Brunetto Latini, da lui definito “maestro”: era un notaio stimato, colto, esperto di lettere e diritto, ma omosessuale e per questo relegato dal Sommo Poeta nell’Inferno. Importante fu l’innovazione letteraria e l’importanza nella definizione della lingua volgare, l’italiano, che offrì una identità comune a tutta la penisola, la base per poter rispondere alla domanda su che cosa è italiano, ma anche nella politica ebbe rilevanza, ma non fortuna. Con la nomina a Papa di Innocenzo IV, la lotta fra Impero e Papato raggiunse il culmine con una serie di eccessi. La guerra contro gli Hohenstaufen, nonostante la morte di Federico II, continuò e il Papa la vinse spingendo Carlo d’Angiò a strappare agli eredi di Federico II il Regno di Sicilia. Dante era ghibellino, ma quando i ghibellini furono sconfitti, entrò nella fazione dei guelfi bianchi, una delle due fazioni nelle quali i Guelfi si spaccarono (Neri e Bianchi) per darsi battaglia fra loro. Dante passò nel campo dei Bianchi, che persero malamente e dovette fuggire a Ravenna prima di fare una brutta fine. Una vita difficile, votata alla politica alla quale dedicò numerosi saggi, come il De Monarchia, testo tradizionale. Non a caso, come dice Montanelli, “in politica era soltanto un reazionario che sognava l’impossibile restaurazione dell’unità imperiale. Ma diede agli Italiani lo strumento più rilevante a diventar tali: la lingua. In questo Paese di insopportabili retori latineggianti, il ‘volgare’ diventò nobile solo grazie a Dante”.
E ovviamente, dette molto alla letteratura: il De Vulgari eloquentia, “prima trattazione scientifica della lingua italiana” e soprattutto la Divina Commedia. Non fu compreso e apprezzato. Solo Boccaccio ne capì subito la grandezza (e in seguito, nel 1337, l’Università fiorentina istituì la cattedra di Esegesi dantesca) e Michelangelo Buonarroti che disse che nessun uomo era stato maggiore del Poeta, né prima né dopo.
Montanelli indugia anche nelle traversie che accompagnarono la morte del grande fiorentino, il tentativo di traslazione delle ossa da Ravenna a Firenze, le difficoltà nel ritrovare i resti del grande fiorentino.
Montanelli, Dante Alighieri ovvero Durante di Alighiero degli Alighieri, De Piante ed., pagg. 53, euro 20.00 (introduzione di Gianfranco Ravasi).