Questo dialogo sul mondialismo non è frutto di fantasia, nasce da un commento a caldo all’articolo di Massimo Fini intitolato “Greta è una bolla di sapone e non si oppone al mondialismo” (pubblicato il 2 ottobre sul quotidiano on line Barbadillo): le varie risposte e repliche che sono seguite sono testuali e sono state adattate al dialogo. Non c’è dunque un solo autore, ma tanti coautori: Sandro Marano (scrittore e collaboratore di Barbadillo), Daniele Giancane (poeta e critico letterario), Nicola Accettura (docente di materie scientifiche, poeta e attore), Paolo Scagliarini (giornalista e avvocato), Mariella Ceglie (poetessa e scrittrice).
Daniele – Allora, hai letto l’articolo di Massimo Fini su Greta?
Sandro – Sì, l’ho letto.
Daniele – E che ne pensi?
Sandro – Per la verità, devo ammettere che è un po’ strano: da un lato sembra criticare Greta, o meglio il movimento da lei suscitato, dice che è un fenomeno creato dai media e che, in mancanza d’una critica radicale del modello di sviluppo capitalistico, non può opporsi efficacemente al mondialismo; dall’altro riconosce la giustezza dei suoi obiettivi, se pure incompleti, e della sua influenza sui giovani.
Daniele – E tu che ne pensi?
Sandro – Credo che bisogna cogliere il buono che c’è in questo movimento. Lo scontro che oggi si profila non è tra le vecchie, superate categorie di destra o sinistra, bensì tra mondialismo e sovranismo.
Daniele – Non so, Sandro. Io cerco sempre di trovare posizioni unitarie, anche se spesso è difficile. Anche in questo caso, credo che la verità possa trovarsi nel mezzo. Un mondialismo che annulli le identità locali sarebbe orrendo, roba da omologazione universale; ma una nazione che si chiuda al mondo ed alle sfide che tendono sempre più ad essere planetarie, vedi il commercio della droga, le mafie internazionali, l’ambiente, sarebbe fuori gioco, tanto più l’Italia, che vive grazie all’export, quindi ha bisogno di ottimi rapporti con Germania,Francia,eccetera, senza contare le tante aziende italiane che operano in Cina,per esempio,eccetera. Non credi?
Sandro – Per la verità, Daniele, io non intendo il sovranismo come chiusura, come isolamento dal mondo, come mera conservazione, ma come difesa della propria identità, delle proprie tradizioni, del proprio paesaggio, ecc., in una parola, come patria, il che non significa non ricercare accordi o fare necessariamente guerra agli altri, soprattutto di fronte a sfide, come la tutela dell’ambiente o, che so, la sovrappopolazione in Africa e in alcuni paesi asiatici che vanno affrontate globalmente. Il punto, credo, è che solo chi ama la propria patria può comprendere e rispettare quella altrui. D’altra parte, io sono per una confederazione europea, che rispetti le sovranità dei popoli e le diverse tradizioni, mettendo in comune solo alcuni grandi ambiti (difesa, ambiente, politica estera, ecc), come insegnava Drieu, non per l’odierna UE che si è costituita solo su basi finanziarie, è assoggettata alla dittatura della Commissione europea e della BCE (organi non elettivi!), nega la specificità dei singoli popoli che la costituiscono con normative assurdamente dettagliate e spesso prevaricatrici e sancisce di fatto l’egemonia franco-tedesca!
Nicola – Caro Sandro, con tutti questi nostri ragazzi che girano per il mondo e per l’Europa in particolare, il concetto di Patria sta assumendo un significato attenuato. I miei ex alunni sono sparpagliati nel mondo, dalla Nuova Zelanda al Canada, all’Argentina, alla Cina, alla Russia (ricordi che insegnavo in un linguistico? E che ho avuto alunni provenienti da diverse culture e religioni?). Innumerevoli vivono in Germania e in Gran Bretagna. La stragrande maggioranza vive con compagni/e dei vari posti del mondo. Che concetto di Patria sortirebbe da un incontro dei loro figli? La Patria sarebbe la Terra intera, con gli apporti delle diverse culture, e ciò mi renderebbe lieto, anziché rattristarmi… … Chissà che orecchiette con cime di rapa verrebbero fuori da un pranzo collettivo… …
Sandro – Caro Nicola, per me la patria ha un valore storico-politico ed etico, è la mia casa, la mia lingua, il mio paesaggio, è il bisogno di riconoscere un luogo come proprio, sono le “orecchiette con le cime di rapa” e le “patate riso e cozze” che solo da noi puoi gustare ed anche i ragazzi che emigrano a causa della globalizzazione alla fine provano nostalgia e fanno comunità e cercano una propria storia prima familiare, poi comunitaria. La globalizzazione è per me uniformità, omologazione, pensiero unico, gusti standard, mentre, come insegnava Ortega y Gasset, vivere è preferire ed avversare, ed aggiungo: stabilire un dentro e fuori, un’identità, un qualcosa che viene prima di noi e resta dopo di noi. Se i grattacieli stanno a Milano, a New York, a Dubai, a Pietroburgo che senso ha viaggiare? Tu dici: siamo cittadini del mondo, ma prima sono figlio di un padre e di una madre, sono figlio di una storia, poi ho amicizie ed amori e camerati, poi vengono gli altri via via fino all’umanità. Questa è la scala naturale, non l’altra…
Paolo – Scusate se mi intrometto, la globalizzazione, lo si voglia o no, è inevitabile. Il fatto che anche le fasce più umili della popolazione italiana possano oggi, al contrario di qualche decennio fa, andare da un capo all’altro del mondo a fare shopping; il fatto che con la tecnologia di oggi facilmente e con metodi intuitivi, si possa comunicare e parlare con persone che stanno dall’altro capo del pianeta, il fatto che già da tempo la cinematografia ha uniformato modi e stili di vita, tutti questi fatti, non teorie, stanno ad indicare che l’umanità si sta avviando ad una unica cultura. Ovviamente questo non è un fenomeno incruento e farà vittime non solo a livello culturale. Il mondo che ci attende avrà meno colori di quello che oggi vedono i giovanissimi, ed ancor meno dei colori che noi, più anziani, abbiamo visto viaggiando all’estero durante la nostra giovinezza. Tuttavia, proprio il fenomeno globalizzante dovrebbe galvanizzarci perché oggi più che mai si può essere determinanti!
Sandro – E in che modo?
Paolo – La sfida dei tempi di oggi richiede più che mai orgoglio. Orgoglio per la propria fede, orgoglio per la propria lingua, orgoglio per le proprie tradizioni. Solo questo orgoglio potrà permetterci di fecondare e caratterizzare l’umanità che si va costituendo. Dall’intensità dell’orgoglio e dal grado della nostra “vis bellica” dipenderà quanto di noi caratterizzerà, in maniera definitiva, l’umanità nel suo evolversi. La sfida è affascinante! Lo scenario, invece, è avvilente perché il nostro occidente e soprattutto la nostra gens italica, in primis intellettuali e ben pensanti, è stata ammorbata da un virus culturale letale che impedisce a noi stessi di valutare le altezze della nostra civiltà, riconoscendo pari dignità a sub culture presenti qua e la sul globo. Il rischio che corriamo è che di questa nostra civiltà non resti traccia nella futura umanità, e ciò per una nostra resa incondizionata ad culture più determinate ed agguerrite. Per rispondere scherzosamente a Nicola: se nel piatto globale ci saranno le orecchiette con le cime di rapa dipende da noi. Per ora, altri senza sofismi e senza guanti, stanno facendo diffondere il kebab!
Daniele – Ho solo una cosa da obiettare: la nostra civiltà è stata grande,non è grande. I suoi momenti epici li ha avuti,ora i momenti sono mediocri (da parte di tutti). Come tutte le civiltà,nascono,hanno grandi splendori,poi decadono. E’ il destino umano,L’Italia (e l’Europa) sono in decadenza. Contro questo movimento storico non si può far nulla,se non ululare alla luna o rammentare chi fummo,da Giulio Cesare a Dante.
Mariella – Insomma, da parte di tutti voi riscontro un punto in comune, vorrei dir “globalissimo”. Volete al più presto assaggiare un buon piatto di orecchiette e cime di rape!
“io non intendo il sovranismo come chiusura, come isolamento dal mondo, come mera conservazione, ma come difesa della propria identità, delle proprie tradizioni, del proprio paesaggio, ecc., in una parola, come patria, il che non significa non ricercare accordi o fare necessariamente guerra agli altri, soprattutto di fronte a sfide, come la tutela dell’ambiente o, che so, la sovrappopolazione in Africa e in alcuni paesi asiatici che vanno affrontate globalmente. Il punto, credo, è che solo chi ama la propria patria può comprendere e rispettare quella altrui. D’altra parte, io sono per una confederazione europea, che rispetti le sovranità dei popoli e le diverse tradizioni, mettendo in comune solo alcuni grandi ambiti (difesa, ambiente, politica estera, ecc), come insegnava Drieu, non per l’odierna UE che si è costituita solo su basi finanziarie, è assoggettata alla dittatura della Commissione europea e della BCE (organi non elettivi!), nega la specificità dei singoli popoli che la costituiscono con normative assurdamente dettagliate e spesso prevaricatrici e sancisce di fatto l’egemonia franco-tedesca!”: quante bellissime parole, intelligenti e di buon senso, tutte condivisibili. Ogni commento é superfluo.