“I giovani, anche se non sempre ne sono consci, stanno male. E non per le solite crisi esistenziali che costellano la giovinezza, ma perché un ospite inquietante, il nichilismo, si aggira tra loro, penetra nei loro sentimenti, confonde i loro pensieri, cancella prospettive e orizzonti, fiacca la loro anima, intristisce le passioni rendendole esangui.
Le famiglie si allarmano, la scuola non sa più cosa fare, solo il mercato si interessa di loro per condurli sulle vie del divertimento e del consumo, dove ciò che si consuma non sono tanto gli oggetti che di anno in anno diventano obsoleti, ma la loro stessa vita, che più non riesce a proiettarsi in un futuro capace di far intravedere una qualche promessa. Il presente diventa un assoluto da vivere con la massima intensità, non perché questa intensità procuri gioia, ma perché promette di seppellire l’angoscia che fa la sua comparsa ogni volta che il paesaggio assume i contorni del deserto di senso.” È così che inizia L’ospite inquietante, celebre libro che Umberto Galimberti ha dedicato ai giovani e al loro male di vivere modernissimo, che non riesce a essere placato, a meno di non cambiare radicalmente rotta. Filosofo, sociologo, psicanalista, professore, editorialista, Galimberti ha concentrato le sue riflessioni su temi come la società, l’economia, le relazioni, l’amore, il sacro, i rapporti tra scienza e fede, il corpo. Il suo ultimo libro è La parola ai giovani. Dialogo con la generazione del nichilismo attivo (Feltrinelli, 2018) dove insegna ai ragazzi (ma anche ai genitori) l’arte di riprendere in mano il proprio tempo, aiuta a sciogliere quel cinismo, quella disillusione, quell’indifferenza che la società di massa ha contribuito a costruire intorno al loro cuore e a liberarlo, finalmente, per scoprire la sua passione – cioè il suo destino.
La scuola di oggi riesce a dare agli studenti gli strumenti per affrontare le necessità di questo tempo? È ora di riformare radicalmente i suoi programmi? Partendo da cosa?
Quello che è interessante capire è se la scuola dà agli studenti la capacità di fidarsi di sé stessi. E questo non succede. Perché la scuola contemporanea si limita a istruire, a far passare una nozione da una testa all’altra, ma non educa. Educare significa seguire un ragazzo nel suo passaggio dallo stato pulsionale allo stato emozionale, in modo che abbia una risonante emotiva nei suoi comportamenti, e riesca a capire la differenza tra corteggiare una ragazza e stuprarla, tra insultare un professore e pigliarlo a calci. Educare vuol dire poi portare al sentimento, perché i sentimenti sono fenomeni culturali, non naturali, quindi si imparano. Il problema perciò è questo: diventare uomini. A prescindere dal tipo di scuola – liceo, istituto professionale, tecnico etc. – lo scopo della scuola fino a 18 anni è formare l’uomo. Le competenze sono secondarie e conseguenti. Quanti manager non sono uomini e fanno fare una vita d’inferno ai loro subordinati?
Che cosa cambierebbe, che cosa toglierebbe, che cosa introdurrebbe?
Bisogna riformare la scuola su due livelli. Sul piano oggettivo, occorre creare delle classi di 12, 15 studenti: è impossibile seguire ed educare 35 ragazzi a livello emotivo/sentimentale. Ed è necessario selezionare i professori sottoponendoli a un test di personalità, in modo da verificare se siano empatici (l’empatia non si impara: o si ha o non si ha, e se non si ha non si fa il professore), se abbiano passione per il loro lavoro e se posseggano la capacità di affascinare, trascinare, sedurre, non con la propria persona, ma con la propria cultura. Non è un problema se un professore plagia una classe, il problema è se la demotiva.
È ancora sensato puntare a una pedagogia di tipo etico – astratto, idealistico, invece che funzionale? Non è un prendersi in giro fingendo vivo un universo di valori assoluti che la storia recente ha ucciso? La formula “serve per aprire la mente” non ha il sapore di un’illusione?
Certo, la scuola deve aprire la mente, ma prima della mente deve aver aperto il cuore. Tutti noi abbiamo studiato con piacere quelle materie insegnate dai professori che ci hanno affascinato. Il bravo insegnante è quello che apre il cuore e cattura l’emotività dello studente. Non è vero che gli studenti non abbiano voglia di studiare: non vogliono studiare materie che vengono proposte male.
L’alfabetizzazione di massa è un problema ormai superato. Varrebbe la pena lasciare, fin dalle elementari, più libertà di scelta agli studenti e alle famiglie, sia per quanto riguarda la possibilità di specializzarsi in certi ambiti piuttosto che in altri, sia per quanto riguarda gli orari in cui frequentare la scuola? Mantenere magari un minimo di ore obbligatorie e renderne facoltative e personalizzabili altrettante?
La scuola dev’essere severa. Non si va a scuola a giocare, si va a scuola a far fatica. Perché chi non fatica non arriva da nessuna parte. Gli edifici scolastici però sono notevoli: dovrebbero rimanere aperti fino a mezzanotte, in modo tale che, dopo la mattinata di lezione, i ragazzi si possano frequentare, trovandosi a studiare, suonare la chitarra, fare teatro, discutere di informatica – o anche a fare l’amore, perché no, l’importante è che lo facciano in posti protetti. Le scuole quindi devono essere luoghi di socializzazione. Oggi il deficit dei ragazzi è proprio questo: la mancanza di socializzazione. Gli adolescenti si incontrano nei bar o in discoteca, dove non ci si parla nemmeno, perché non ci si può parlare. E facciamo sì anche che le scuole vengano pulite da loro, dai ragazzi. Facciamoli lavorare per il posto che abitano per cinque anni. Perché devono esserci i bidelli, le ditte di pulizia?
È vero, almeno qualche volta, che “lo stupido istruito ha solo un campo più vasto per praticare la sua stupidità”?
Ci possono essere persone che sanno molte cose ma a cui manca o la capacità di comunicarle o la partecipazione emotiva a quello che fanno. Basta andare in una qualunque università italiana e vedere professori che sanno molto ma non hanno nessuna emotività vera, nessuna partecipazione a quello che fanno e che comunicano. Non possiamo chiamarli stupidi istruiti, ma sono degli istruiti a cui manca il cuore.
Sì, ma non esageriamo: ‘Gli edifici scolastici però sono notevoli: dovrebbero rimanere aperti fino a mezzanotte, in modo tale che, dopo la mattinata di lezione, i ragazzi si possano frequentare, trovandosi a studiare, suonare la chitarra, fare teatro, discutere di informatica – o anche a fare l’amore, perché no, l’importante è che lo facciano in posti protetti’. La scuola bordello protetto per minori mi pare francamente troppo…In una simile scuola, quale genitore responsabile manderebbe mai i suoi figli?
Alcune cose ragionevoli, vere. Ma anche, senza offesa, varie minchiate da Feltrinelli… Torniamo , come prima ed imprescindibile cosa, ad una scuola elementare che insegni “a leggere, scrivere, far di conto”, senza tanto bla-bla filosófico-pedagogico. Altrimenti la scuola non darà nozioni (magari!), darà soltanto un vuoto ignorante e presuntuoso, onanistico, sia esso comunicato o tenuto per sè…
Caro Guidobono e caro Felice, credo che sia necessario parlarsi con estrema onestà, quando si considerano i problemi del mondo scolastico e dei più giovani.
@Guidobono, parli di scuola-bordello. La proposta di Galimberti può apparire estrema, certo, ma lei preferirebbe che i ragazzi avessero rapporti sessuali in posti ancora meno protetti (leggi i pulitissimi bagni delle discoteche, quelli un po’ più puliti delle scuole – perché alla fine sempre lì si arriva – i pudicissimi sedili delle auto o simili posti raffinati ed elettivi), come in realtà succede? Non trova che i problemi, nell’ambito della sessualità giovanile, siano decisamente altri? Credo che la responsabilità dei genitori stia nell’aiutare i propri ragazzi a capire l’opportunità, il momento e il senso dell’amore e dell’intimità, non nel far finta di non vedere riparandosi dietro all’ipocrisia di soluzioni di comodo.
@Felice: Lei può immaginare il grande amore che io provi per i toni feltrinelliani. Ma se c’è una mancanza che non vedo nella scuola di oggi è quella delle nozioni. Le nozioni fioccano da ogni parte. Dovunque ci si giri. E il web stesso ne è pieno, così come è vuoto di gerarchie – quindi il risultato è che una persona media spesso non ci capisce niente ma crede di aver appreso moltissimo. Il problema è che le nozioni devono anche avere un senso. Altrimenti un ragazzo si trova ad avere non una testa ricca, ma solo una testa pesante, ovvero greve, ovvero stanca, ovvero meno elastica, ovvero meno capace di spiccare il volo verso qualsiasi idea di valore. Quindi, una testa perfettamente inutile che lo candida ad essere lo ‘stupido istruito’ dell’ultima domanda.
Signora Valerio. Ognuno è libero di pensarla come crede. I miei figli, grandi, e tutti i figli di amici (tutti grandi e genitori a loro volta) per lo più non scolarizzati neppure in Italia, ma qui e là per l’Occidente, rivelano tutti una sorprendente incapacità a scrivere, ad esempio, una lettera, a pensare in termini di storia e storia delle idee. Oltre venticinque anni fa mi trovai casualmente con l’insegnante di spagnolo di mia figlia (istituto privato cattolico di una Capitale sudamericana). Quando Lei mi chiese che cosa ne pensassi della Prima Liceo frequentata da mia figlia mi permisi di far garbatamente presente che non erano stranamente, a mio avviso, corretti gli errori di ortografia e sintassi… come già nella Primaria. Piccata la risposta dell’insegnante: – Non tutti devono diventare scrittori, l’importante è comunicare! E questo atteggiamento demenziale credo sia stato comune a tutto l’Occidente… Non si corregge nulla da 30 e più anni! Basta autoritarismo ortografico e sintattico… Basta sterile nozionismo! Creatività…È stata una dilagante e contagiosa follia PSEUDOMONTESSORIANA, di matrice statunitense e liberal…Adesso ci mancano pure i rapporti sessuali tra adolescenti, etero ed omo, of course, guidati e ‘protetti’ da insegnanti di sostegno, sotto il tetto scolastico, a tutte le ore, come sostiene il Galimberti… Meno male che mi resta poco da vivere! Saluti…
Questa della scuola come luogo dove i ragazzini devono poter fare sesso é un’idea davvero demenziale. Andrebbero proibiti per legge i rapporti sessuali ai minorenni elevando l’età del consenso alla maggiore età, no favorire la loro promiscuità, per giunta a scuola, luogo di educazione e di formazione. Così il nichilismo giovanile viene aggravato, assecondato, e non, contrastato. La scuola deve essere il luogo dell’autorità, dell’ordine e della disciplina, no il postribolo proposto da questo noto filosofo il cui orientamento a sinistra mi risulta essere altrettanto noto.
Mi scusi, Werner, ma non credo che dall’intervista possa passare l’ipotesi di una scuola-postribolo. Il discorso era diverso, cerchiamo di non vedere cose che non vengono dette. Sull’età minima obbligatoria per avere rapporti sessuali, potrebbe essere un’idea, ma come pensa che sia possibile darle realizzazione pratica? Lo chiedo senza polemica. Perché ho qualche dubbio che la faccenda si possa controllare in maniera sana, senza ottenere dei risultati paradossali o nevrotici. Penso e spero che si possano immaginare delle soluzioni di mezzo tra l’orgia BDSM a 15 anni e la sua ipotesi. (E glielo scrive una persona che ha dedicato il suo primo pamphlet a questo tema.)
Signora Valerio. Lei scriva ciò che vuole, ma abbia anche il senso della realtà e del limite, per favore! Il guaio di certa destra è sempre di voler essere più a sinistra della sinistra, a partire dal suo famoso cognato… Proprio la sinistra parla di nichilismo e distruzione dei valori, loro che dal 1968, tanto per non andare più indietro, l’hanno proposto, favorito, spesso imposto in tutti i modi?!
@Silvia Valerio: gentile Signora Valerio la domanda che Lei pone é lecita e spero di fornirle una risposta adeguata. Indubbiamente é complicato, per cui é chiaro che vietare i rapporti sessuali ai minorenni é inefficace come misura se non è accompagnato da un’educazione pro-castità fatta dalle famiglie e dalle scuole. Ma considerati quelli che sono i contenuti televisivi spazzatura e l’accesso troppo illimitato a internet, qualsiasi educazione in quel senso viene vanificato dai messaggi e dai modelli sbagliati che vengono diffusi attraverso i summenzionati canali, quindi occorrono altre restrizioni in quel senso. Non voglio mettere in discussione il concetto di libertà sessuale, ma piuttosto l’anarchia e il disordine sessuale, che ne rappresentano la forma degenerata, e che sono molto propagandate dai mass media, e questo non va assolutamente, specie per chi come me si autodefinisce conservatore. Sulla scuola-postribolo, Lei non sarà d’accordo, ma é ciò che a mio avviso emerge quale proposta del filosofo che ha intervistato. Cordiali saluti.
Concordo con le considerazioni fatte da Felice in merito a certa destra, o presunta tale, che sui temi etico-sociali e culturali tende troppo ad emulare la peggior sinistra.
Cari amici, capisco che tutto quello che non rientra esattamente ‘nel solco della tradizione’, come si dice, possa creare scompenso e disagio, visto che l’uomo è naturalmente inclinato verso le abitudini, e tutto quello che se ne discosta fa sempre una gran paura.
Ma credo che un problema della destra sia quello di ostinarsi a non voler uscire dalla propria ‘zona di comfort’, pure nei momenti in cui sarebbe opportuno e fortunatissimo farlo. Secondo questa logica, i personaggi cardine della storia della destra non avrebbero dovuto muovere un muscolo, a partire dal Mito Più Celebre, perché praticamente nulla di quello che hanno fatto in vita è stato aderente rispetto a una tradizione precedente. Per parlare del Mito Più Celebre, per esempio, avrebbe dovuto conformarsi a quello che si faceva prima di lui, quindi nel ‘800, nel ‘700 e così via, e starsene fermo fermo, buono buono, senza inventarsi nulla di tutto quello che si è inventato – niente sport, niente scuola, niente moda, niente cucina, niente architettura, niente fondazioni di città, niente surrogati, niente libri, niente filosofia, niente cinema, niente neologismi, niente immagine, niente comunicazione. Men che meno, avrebbe dovuto fare cose nella Sala del Mappamondo.
Preferisco pensare alla tradizione come a delle radici che permettano di sviluppare rami originali e vivi, non pali della luce tutti uguali.
Evito di replicare come sarebbe tradizionalmente giusto alle battute che vanno sul personale.
Mi limito a dire che emulare qualsiasi cosa è l’ultima caratteristica che appartiene a me e alla mia famiglia, dal più grande al più piccolo dei suoi componenti. Se poi il genio, la lungimiranza e la capacità ideativa fossero davvero cose di sinistra, sarei nei centri sociali dalla mattina alla sera.
Quello che mi dispiace è che sia maggiore l’ansia di non uscirsene da questo benedetto solco, che a un certo punto ricorda più il metro e mezzo quadrato di terra dei becchini che il mondo romano, piuttosto che la voglia di prendere un po’ di luce e aria buona e camminare in qualche direzione.
Volete fare i tradizionalisti ma siete praticamente degli evangelisti americani. Non c’è niente di più attuale e moderno che porre (agli altri) limiti di ogni sorta. Per dirla facile: vi credete cives romani ma siete la signora Lovejoy.
Detto ciò, la scuola è e rimane sopravvalutata. Felice ha ragione, seppur sguaiato come sempre, nel dare contro a ogni approccio ideologico da ogni parte arrivi.
Non si tratta di “uscire dal solco” o “d’intraprendere cose nuove”, ma di scegliere quali vie diverse imboccare. Aria buona e libertà sono gradite a tutti, ma non è scandalizzando i superstiti bigotti o pubblicando impossibili desiderata pedagogici da Feltrinelli che s’imboccano. Ma quali Balcone e Sala del Mappamondo? L’attaccamento maniacale al passato (e manco fosse un passato finito in gloria) non è una delle ceratteristiche della destra, almeno non della parte maggiore. Ma ordine, sicurezza, legalità, identità sono le basi per poter costruire e cambiare. Una società di sterili ribelli, anarchici, vandali, edonisti da sballo ed alcol cattivo, non conduce da nessuna parte, a mio avviso. La scuola , tornando ad essa, non deve essere una dimensione totalizzante, deve fare poche cose e bene (torniamo al “leggere,scrivere e far di conto”, ricordando anche quanto Isotta qui scriveva giorni fa), non interessarsi del sesso dei quattordicenni, ad esempio, o di come gli stessi passano le notti. A quelli ci devono pensare le famiglie.
“…e riesca a capire la differenza tra corteggiare una ragazza e stuprarla, tra insultare un professore e pigliarlo a calci”. Anni ed anni di una nuova scuola full-time per imparare tali differenze! Che corteggiare non è sinonimo di stuprare….Uau, che acume, che avvenire radioso! Specie quando l’alternativa dell’esempio risiede poi tra “insultare” un professore (evidentemente un’attitudine positiva da incoraggiare) ed il disdicevole “pigliarlo a calci”… Continuo a trasecolare…