È giovane, Giacomo Mazzariol, ed è convinto di aver capito che la sua è una generazione di squali, a leggerli e guardarli sembrano più crostacei. Il suo romanzetto generazionale “Gli squali” (Einaudi) ha tutti i canoni del già visto, da Brizzi a Culicchia, con una scrittura al ribasso rispetto ai suoi predecessori, e molte pagine dalle quali si riemerge con perplessità: ogni volta che è chiamato a dare voce alle scene (due di sesso e un quasi inseguimento) le lascia a metà. E non c’entra Carver, anzi Mazzariol parla di Fante, ovviamente a sproposito. Abbiamo un’estate della maturità, un luogo di provincia, un gruppo di amici perplessi, e Max, il protagonista, che progetta una App che lo porta per la prima volta a Roma in una mini Silicon Valley con scoperta di Villa Borghese, Colosseo e Fontana di Trevi, niente a che vedere con “La dolce vita”, mancano i fastosi incanti felliniani e le inquadrature a tenuta complessiva di Sorrentino, c’è un racconto minimo a somma di episodi insignificanti che servono a dire che tutto o quasi fa schifo, che il mondo del lavoro è differente da quello della scuola e che sì, è meglio starsene ancora un po’ all’università.
Dunque, più crostacei che squali. I primi sono remissivi, i secondi combattono, e nel racconto di Mazzariol di lotte non se ne vedono, c’è qualche mucciniano scambio verbale con corona di mugugni. Non manca il racconto del sogno, non riferito alle aspirazioni ma proprio a una scena vissuta mentre si dorme, obbligatorio in ogni libro di narrativa italiana con illuminazione artificiale.
Squali? Magari scorfani…
Completamente d accordo… Una storiella banale e campata un po’ per aria con il bambino prodigio assunto nella mega azienda visionaria…
Molti punti focali saltati a piè pari (il protagonista che finisce nello studio televisivo per una intervista che poi con un salto temporale si ritrova direttamente a intervista conclusa senza ricordare nemmeno che cosa aveva detto) oppure le incongruenze pag 36 la mega azienda gli paga un posto in salottino business per il freccia rossa e il tragitto dall azienda alla stazione lo deve fare con il pulman dell Atac… oppure pag 28 il protagonista mai uscito dal suo paese in Veneto che arriva per la prima volta a Roma e cita il quartiere Prati con una precisione degna del miglior pariolino…
Proseguo a leggere solo perché ci ho buttato sedici euro per comprarlo… veramente una rapina…
Grazie per aver sottolineato l’ennesimo scandalo dell’editoria, non fa altro che raccontare la sua storia, l app é la serie baby, e non c’é neanche del buon intrattenimento. Questo é il risultato di ritrovarsi scrittori dal nulla, solo per aver pubblicato un video virale, dalle discutibili motivazioni, grazie Einaudi!!