Se il polo sovranista era in cerca dello zio d’America, lo ha trovato. Steve Bannon entra ed esce tra gli applausi da Isola Tiberina. L’evoliano a stelle e strisce, nonché ex consigliere (ma mai nemico) del presidente Donald Trump, tocca le corde giuste del popolo di Atreju. Soprattuto riscuote approvazione. Scene impensabili fino a vent’anni fa, segno anche questo che siamo ad un giro di boa epocale. E che – come dice lui stesso – c’è un file rouge che mette assieme “l’elezione di Trump, Brexit e il risultato del 4 marzo in Italia”. Una narrazione mondiale che forse è più facile da scrutare stando dall’altra parte dell’oceano Atlantico.
Mimica da predicatore televisivo made in Usa, con tanto di sguardo ispirato, abito monocolore scuro e pause tattiche strappa applausi. Si presenta così Steve Bannon, l’ideologo dell’internazionale sovranista ancora tutta da costruire, The Movement. Il linguaggio è manco a dirlo apocalittico, fino a evocare la imminente “distruzione della razza umana”. Eccolo: “Tra 25 anni – annuncia – nel momento esatto in cui avverrà la convergenza tra intelligenza artificiale, la progettazione avanzata di microprocessori, ingegneria genetica e robotica, le élite saranno in grado di ridefinire l’homo sapiens”.
C’è tutto, proprio tutto nella parole di Bannon. Un omaggio alla migliore narrazione teologico-politica che ha “fatto grande l’America”. Dai richiami alla famiglia tradizionale alla beatificazione in vita del padre, un esponente della working class cattolico-irlandese: “Mio padre è un operaio di 97 anni, un grande uomo, che dal 1955 ha deciso di abitare sempre nella stessa casa”, dice. E ancora, Bannon evoca lo scontro senza esclusioni di colpi tra popoli ed élite: “Distruggeranno prima i vostri capi e poi voi”. Insomma, evoca la più facile delle esemplificazioni: buoni contro cattivi (“quelli del partito di Davos, i burocrati di Bruxelles, gli speculatori finanziari”).
Probabilmente Antonio Tajani fa un discorso fin troppo veloce nel liquidare come contraddittoria l’internazionale sovranista, appunto perché ritenuta una somma di nazionalismi in concorrenza tra loro. Vero però che Bannon sull’inutilità della guerra al terrorismo islamista ha parlato con sincerità, condannando le “responsabilità americane nell’invasione dell’Iraq e della sostanziale distruzione attuale del Medio oriente a opera di un certo Occidente”. Un americano sì, ma critico con il recente passato neocon. Ingrediente che lo rende potabile ai “patrioti” europei. Tuttavia c’è da capire cosa farà The Movement da grande. Giorgia Meloni ha fatto sapere nell’immediato che chiederà ai vertici di FdI di aderire alla nuova rete. Se le idee sono chiare, qualcosa in più andrebbe detta sulle modalità, le strategie. Una Open society fondation non progressista? Un alternativa sul campo ad Orban? Tutto da vedere.
Bannon mette le mani avanti: “Non sarò io a dover dire a voi italiani ed europei cosa fare”. Intanto, però, guarda al rinnovo dell’europarlamento: “Dopo le elezioni di mid-term, spenderò l’80% del mio tempo nel vecchio continente”. Di mezzo c’è però un ingrediente che ad Atreju è passato quasi in sordina: che le due forze italiane interessate ai mantra del pensatore venuto dagli States, Lega ed FdI, stanno l’una al governo e l’altra all’opposizione. Entrambe probabilmente in competizione tra loro alle prossime Europee. Se federare i sovranisti su scala mondiale pare a portata di mano, il difficile evidentemente risiede in altro.