L’Europa avrà presto una “internazionale sovranista“, con sede a Bruxelles e sotto l’egida di Steve Bannon. L’ex stratega di Trump, in una lunga intervista al Daily Beast, si è detto pronto a lanciare ‘The Movement’, un’organizzazione no-profit che favorirebbe – e finanzierebbe – un “blocco unico populista pan-europeo” in vista delle elezioni europee dell’anno prossimo. La fondazione, speculare e contrapposta al modello della Open Society, servirà non solo come collettore di finanziamenti, ma anche come centro di sondaggi e propaganda anti-élite e da qui al 2019 assumerà dieci dipendenti, tra cui un sondaggista, un esperto di social media, un addetto al bilancio e un responsabile della comunicazione. Funzionerà? “I movimenti di destra potranno scalzare le élite dalle loro posizioni di potere soltanto se sapranno collaborare e se non cederanno all’egoismo”, spiega Bannon.
Che l’intera operazione sia benedetta, con tanto di imbracatura a doppia mandata, dagli ambienti più deep dell’alt right, è fuori discussione. Bannon intanto da mesi, ormai, è a spasso per il vecchio continente legittimandosi come unico ospite gradito a tutti i movimenti patriottici – da Fidesz di Orbán, carro trainante del blocco; al neonato Rassemblement National lepenista, che nel congresso fondativo a Lille ha accolto con un’ovazione l’intervento di Bannon; e, soprattutto, al magma antisistema italiano, seguito durante il mese di marzo con grande coinvolgimento dall’ideologo americano, recentemente di nuovo in visita da Matteo Salvini: “L’Italia sarà il cuore pulsante di The Movement. La vittoria di Salvini mi ha davvero rincuorato. Con lui in prima linea, la fondazione svilupperà una efficace macchina propagandistica e i nostri valori verranno diffusi in ogni angolo del continente”.
Un filo rosso per i sovranisti?
Ci proverà Bannon a dare un tratto comune ai partiti nazionalpopolari, ma l’impresa non può mica travestirsi da Mago Merlino: il processo deve partire dal basso e avrà inevitabili smottamenti.
L’opposizione unitaria alla malconcia Grosse Koalition tecnocratica sarebbe l’occasione per ‘federare’ sotto una univoca declinazione i patriottismi – The Movement punta a riunire nella casa comune anche l’Ukip di Farage e i Fiamminghi di Belang – e, più di ogni altra cosa, l’unica via per colmare una distanza che è prima di tutto economica.
Il nodo risorse
“Lega e Cinque Stelle hanno condotto l’ultima campagna elettorale impiegando risorse minime. Con la mia fondazione alle spalle, i loro sforzi avrebbero prodotto un risultato dieci volte più dirompente”. E ancora: “L’assenza di adeguate risorse è stato il principale ostacolo all’ascesa del populismo. Istituti come la Open Society Foundation drenano 32 miliardi di dollari. I comitati pro-Brexit, invece, sono attualmente costretti a promuovere le loro idee con soli sei milioni di dollari. Questo divario deve essere riempito. La sfida tra la nostra visione del mondo e la loro deve essere combattuta ad armi pari”.
Le campagne anti Lega e Front National, con inchieste giudiziarie che minano la solidità economica dei partiti nazionalpopulisti, evidenziano come il tema del finanziamento degli anti-establishment sarà cruciale nei prossimi mesi. E su questo punto la visione di Bannon potrebbe peccare di troppo semplicismo…