Un mondiale senza Italia è come un cielo senza le stelle, per essere banali, o come un pub senza la birra (per essere reali). Un mondiale necessità, indubbiamente, del tifo. Bisogna inventarsi qualcosa. Non tiferemo di certo l’Islanda, la sua iconografia hipster e di squadra simpatia è indubbiamente nauseante. Non solo non fa affatto simpatia che un paese minuscolo, senza tradizione calcistica, e perennemente innevato sia al mondiale, ma ci sta anche profondamente sul cazzo. Perché? Perché sta simpatica a tutti (maggiore quotidiano sportivo compreso). E quando una cosa intenerisce le masse è giusto odiarla. A prescindere.
Non tiferemo, ovviamente, neanche Francia, Germania, Inghilterra, Brasile o Spagna (ça va sans dire). Se volessimo tifare una nazione piccola e insignificante, ma che nel calcio ha la sua rivincita quotidiana, punteremo sull’Uruguay: due titoli mondiali e una popolazione leggermente maggiore di quella di Roma. Sarebbe simpatico tifare per la “Celeste”, poi però pensiamo alla rivalità con l’Argentina (che un po’ ci sta simpatica vedi Evita Peron) e allora capiamo che non tiferemo neanche per lei (ma neanche per l’Argentina, in questo caso vedi Diego Armando Maradona).
Sarebbe bello tifare per l’Iran o la Russia. Per le nazionali di quello che, in termini geopolitici, è definito da tutti l’asse del male. Ecco il male, quando è prestabilito a prescindere dal pensiero unico ci fa simpatia. Quello sì, ma a conti fatti sarebbe troppo anche per noi che, del politicamente scorretto, ci abbiamo fatto uno stile di vita (anche se pensare Putin che consegna a Mosca, in mondo visione, la coppa a capitan Akinfeev un pochino fa godere).
Non tiferemo per nessuna squadra africana, quello mai, e non per una questione di colore della pelle diverso (ao per chi c’avete preso?). Ma perché è dagli anni ’90 che ci raccontano che il continente nero avrebbe spodestato l’europeissimo gioco del calcio. La favola che ci dicevano terminava con “le squadre africane ci domineranno”. I fatti però dicono tutt’altro (miglior risultato un quarto di finale con il Senegal nel 2002). D’altronde alle favole, anche quando si aveva i denti da latte, ci abbiamo sempre creduto poco.
Il Belgio, secondo quelli che ci capiscono di calcio, è una delle favorite. Una generazione di fenomeni, si legge sulla stampa. Ma noi, sia chiaro, di calcio non ci capiamo nulla. A noi piace il tifo, il lato passionale e istintivo di questo gioco. Abbiamo ancora serie difficoltà a capire cosa sia una sovrapposizione, figuriamoci se tiferemo mai per una squadra che possa “saper giocare bene a calcio”.
Il Portogallo, per un attimo abbiamo pensato di poterlo tifare, lo stato meno imbastardito di Europa. Che confina con una sola altra nazione che, oltretutto, odia. Un nazione ricca di tradizione che vive la sua quotidianità senza mai ottenere gli onori della cronaca. Schiva e dalla grande personalità. Potrebbe essere sostenuta, è vero, poi arriva l’icona di Cristiano Ronaldo a rovinare tutto. Lo sportivo per antonomasia, il campione per eccellenza. No, grazie. Non si può proprio tifare per una squadra dove giochi un personaggio che non ha neanche più un nome, ma solo un acronimo (CR7).
Arriviamo al punto: ma per chi diavolo tifiamo allora? È dura, a noi piace l’Italia, ma gli azzurri quest’anno non ci sono. Ecco allora che ci piomba in mente un lampo di genio. Tiferemo per il Giappone, sì per la nazione che quando eravamo bambini, nei fumetti (Holly e Benji) e nei cartoons, era la squadra più forte di tutti. Perché il Sol Levante è modernità che preserva la sua anima tradizionale. Perché è la nazione di samurai, dei kamikaze e della letteratura eroica di Yukio Mishima. Perché è l’unico territorio al mondo che ha ricevuto due attacchi nucleari, è riuscito a rialzarsi, ma nessuno si è mai fermato un attimo ad applaudirlo. Nessuno, ma questa volta noi ci proviamo. Applaudiremo per il Giappone. Non è una guerra (per fortuna), è solo un mondiale di calcio. Un mondiale di calcio, senza l’Italia, e quindi per la nostra necessaria esigenza di tifo siamo pronti a sostenere il Giappone. Forza Giappone: questa volta la bomba sganciatela voi.