Domenica scorsa, a Milano, ho preso parte ad un’iniziativa artistica decisamente notevole. Ogni volta che varco piazza Duomo, a Milano, mi sembra di sfiorare un tempio, un tempio fatto di mode passeggere o perduranti, di storia, di flussi umani, ma pur sempre un tempio, uno spazio a sé, reso sacro da altro. Si avverte un confine a più strati composto dal continuo ed incessante riciclo di folla che percorre e varca la piazza, con cadenza precisa, come fosse un ingranaggio. Il ticchettio delle persone rimbomba sopra le cose. Milano è una città che trascina, spinge, scuote, obbliga, per certi versi, a consumare, fosse anche per qualche secondo, attraverso gli occhi. Una città che stordisce i cinque sensi e induce, controvoglia, intuizioni e riflessioni. Forse solamente perché è una metropoli. Forse solamente perché vuole essere così.
L’iniziativa si svolge tra la fermata della metro Duomo e l’ingresso del museo del Novecento. Un marciapiede come cornice e come protagonista un grande foglio di carta con disegnate alcune sagome. Al centro uno stuolo di pastelli a cera, utili a convogliare nel disegno la libera voglia di lasciarsi andare al colore e al suo fascino, abbandonando la logica e la forma.
Un disegno adatto per svuotarsi e mettersi in gioco. Racconta liberamente aneddoti sulle sue passioni, sulla sua vita e intanto colora, lasciandosi trascinare dal flusso creativo. Qualcuno si ferma incuriosito e alla fine cede, si lascia trasportare dal riempire gli spazi con i pastelli a cera. Non è difficile ammettere che l’arte ha il potere di sciogliere nodi di qualsiasi tipo. Già che c’ero, ho posto a Fabiano qualche domanda.
Come mai hai scelto il disegno e il colore per dare forma a questa iniziativa?
“La performance si chiama Colorare per nascondere – svelare per comunicare; vuol dire che siamo invasi da talmente tante informazioni che non riusciamo a processare una notizia che dopo poche ore già ne arriva già un’altra, lasciando il primo problema irrisolto, coperto da un’altra informazione; quindi ho pensato che nel disegnare un problema e nel farlo ricoprire da colore, starei comunicando alle persone che i problemi devono essere risolti nella loro totalità, perché prima o poi si ripresenteranno, se lasciati a metà”.
Quali benefici hai notato nelle persone? “Negli adulti ho notato il loro tornare bambini ossia essere onesti. Si spogliano dalla loro maschera, dalle loro inibizione, si buttano per terra e colorano”.
Che rapporto hai con la pittura in generale?
“Più che un rapporto in sé con la pittura parlerei di un rapporto con tutto ciò che dia la possibilità di esprimere liberamente le proprie idee. L’unico rapporto con la pittura è stato una piccola ma intensa storia d’amore con una pittrice la quale mi lasciò”.
Mi dicevi nella chiacchierata che le persone disabili hanno un potere particolare che neanche sanno di avere. Di che potere si tratta?
“È un argomento alquanto lungo, ma riassumendo il tutto e come ti dicevo di persona, se le persone o le associazioni per persone con disabilità si unissero per una causa comune concreta, la visione dell’handicap sarebbe diversa da una visione comune ancora oggi, che ruota attorno al pietismo e al vittimismo. L’handicap deve essere visto come una malattia, ma anche come una condizione di vita dalla quale nessuno è esente, con cui puoi scegliere se vivere la vita parzialmente o totalmente2.
Dicevi anche che ti stai occupando di un progetto sul corpo. Che forma avrà questo progetto?
“Con un amico abbiamo buttato giù l’idea per un corto metraggio senza dialoghi dove si parla di sessualità dei corpi, senza un atto sessuale esplicito. Per chi fosse interessato a sponsorizzare il corto mi contatti alla e-mail che si trova sul sito http://www.fabianolioi.com”.