Marco Valle, intellettuale triestino di stanza a Milano. Il congresso di Fdi è un appello ai patrioti, alla vigilia di una campagna elettorale complessa e differente dalle tre precedenti. Come si distingue la proposta della Meloni da quelle di destra nazional-liberale di Forza Italia e di destra autonomista della Lega?
“Ho simpatia e stima per la Meloni. È una donna intelligente e caparbia. Ma il progetto del suo partito è ancora incompleto. Ho letto le tesi congressuali e, francamente, non mi entusiasmano. Al netto delle citazioni più o meno dotte, nei documenti proposti da FdI non ho scorto nessuna lettura organica, innovativa sul mutamento epocale oggi in atto. Eppure da anni — e i deputati di FdI dovrebbero saperlo — è in atto una rivoluzione tecnologica sconvolgente che, fatalmente, si sta intrecciando con il fallimento della globalizzazione e pone, dato centrale, le basi del ritorno di una nuova idea di Nazione e Stato. Un corto circuito che sta archiviando definitivamente le “profezie” di Fukuyama e ripropone con forza il pensiero di Vico. I corsi e i ricorsi. Le età del “senso”, della “ragione”, della “fantasia”. E ancora. È il ritorno alla disfida tra Hegel e Kant, la questione nazionale contro l’illuminismo giudiziario. Uno scenario affascinante quanto impegnativo su ogni forza politica seria deve confrontarsi.
Noto inoltre una visione angusta e terribilmente sintetica dei panorami internazionali. Non si può liquidare in poche, rapide righe l’equivoco della NATO, la tragedia dell’Africa o la questione dell’Islam. E poi, il Mediterraneo. Perchè non chiedere a Gian Micalesin, a Fausto Biloslavo, a Franco Cardini un’opinione, un contributo per tracciare un profilo più articolato e meno frettoloso? E, magari, invitare a Trieste un rappresentante del popolo curdo, un deputato egiziano, un giornalista siriano o libanese e (soprattutto) un testimone delle chiese d’Oriente”.
Destra e Nord. Su quali temi si giocherà la partita per conquistare l’elettorato dell’area di centrodestra nel Settentrione?
“Altro punto dolente. A tratti vedo emergere in parte del gruppo dirigente di FdI un meridionalismo di vecchio stampo e sento riecheggiare tesi obsolete. Sembra ad alcuni che il Friuli, il Veneto, la Lombardia, il Piemonte e la Liguria debbano il loro relativo benessere allo sfruttamento coloniale del Meridione. È una narrazione che potrà consolare i neo borbonici, ma storicamente è insostenibile e politicamente sbagliata. Non voglio tediare i vostri lettori, ma consiglio agli “ideologi” di leggere (finalmente) Gioacchino Volpe, Rosario Romeo, Giorgio Rumi, Eugenio Di Rienzo, oppure le tesi sul federalismo di Alleanza Nazionale al convegno di Verona.
Purtroppo sopra il Po, con l’eccezione del Friuli Venezia Giulia, della Liguria e di una parte del Piemonte, FdI rimane — nonostante lo sforzo di quadri generosi — una forza marginale. Scarseggiano i collegamenti con i blocchi sociali di riferimento e FdI è avvertito (a torto o ragione) come un fenomeno residuale della vecchia AN. Poi lo sbaglio sul referendum. La consultazione sull’autonomia, come ben avevano compreso Viviana Beccalossi, Raffaele Zanon e Andrea Tremaglia, è stato un punto di svolta. Il compito della destra politica doveva essere (ed è) conciliare ciò che fino a qualche tempo fa appariva inconciliabile: sovranità nazionale e federalismo, l’appartenenza nazionale con le autonomie locali. Il “glocalismo” anticipato da Alain de Benoist e Marco Tarchi. La Meloni è critica sull’argomento ma tra pochi mesi dovrà sottoscrivere il programma di Maroni. Autonomia compresa. L’arrivo della Santanchè in FdI (e la sua probabile candidatura) non compenserà lo spostamento di elettori ex AN verso Salvini e Berlusconi”.
Indebolita la stella di Marine Le Pen e del Front national, quale destra patriottica europea può essere di stimolo-modello per Fdi?
“Marine, dopo aver ottenuto il voto di un francese su tre, affronta un passaggio difficile: la trasformazione del FN in un’altra “cosa”. La transizione sarà travagliata e per nulla indolore. Vedremo. L’Afd in Germania è un’ipotesi troppo giovane per offrire modelli ed esempi, ma va seguita con attenzione. Più interessanti sono, al momento, i patrioti fiamminghi e l’FPO austriaco. In ambedue i casi i nazionalisti sono tornati al governo e, oggi, condizionano le politiche nazionali. Sommiamo poi l’Ungheria, la Polonia, la Cechia, la Slovacchia e (perchè no?) la Russia putiniana e abbiamo un quadro interessante. Una linea che si estende da Anversa a Mosca. L’Europa sta cambiando volto. Velocemente. Alla luce di tutto ciò è urgente per la destra italiana elaborare una proposta originale ed innovativa unendo, in una cornice governista, il sovranismo delle identità al sovranismo dei bisogni. Trieste può essere un punto di partenza. Speriamo”.