“L’Inter ha dimostrato di essere da scudetto”. Maurizio Sarri ha pochi dubbi sul primo pareggio (senza reti) della stagione. Spalletti dirige soldatini e inchioda i partenopei con un modulo da Subbuteo che mantiene immutate le gerarchie. Quali certezze (restano) e quali dubbi (nascono) dopo la partita del San Paolo?
Scudetto, sono tutti lì
Il Napoli non prende il volo e si inchioda a venticinque punti, l’Inter è a ventitré pedinata dalla Juve che ritrova sé stessa e dalla Lazio dei sogni: in tre punti ci si gioca tutto, scudetto, Champions e preliminari. La Roma del lìder Kolarov arranca a diciotto ma il sentiero sembra quello buono. Insomma, un passo falso da un lato e uno scontro diretto dall’altro potrebbero ribaltare tutto quanto, soprattutto perché tutti i concorrenti sono in strisce positive di risultati e hanno trovato la quadra e la stabilità.
Stanchezza, per il Napoli è la minaccia più grossa
Più di tutti l’ha trovata il Napoli, che pure contro l’indefesso ipertatticismo interista viaggia su altre frequenze, ondeggiando sulle percussioni di Ghoulam, sui ticchettii modulati dal perno Jorginho (per nulla stordito dalle sirene carioca) e sui break dell’imprescindibile guerriero Allan, che ancora una volta concilia feroce interdizione e spinta offensiva (ah, se avesse giocato dal primo minuto contro i Citizens). Danza di meno, a dire la verità, sul ritmo sconnesso dei tre davanti che cercano con affanno l’armonia di sempre. Senza trovarla. La vera ragione della prestazione sottotono è la stanchezza palese di Mertens, ed è un dato inquietante: è la dimostrazione che se salta un ingranaggio – quello fondamentale, che non ha un reale sostituto – il resto traballa. Insigne s’industria ma è sempre circondato e la reductio di Callejon e delle sue incursioni senza palla è sotto gli occhi di tutti. Se Allegri in conferenza si lamentava di avere solo diciassette giocatori a disposizione, Sarri ne ha tredici-quattordici e nessun nueve, falso o autentico che sia, in grado di far rifiatare Mertens. E siamo solo ad Ottobre.
Stabilità, la salvezza granitica di Spalletti
Già, ingranaggi e gente che si industria. Al luddismo proverbiale del sarrismo, Spalletti risponde con una serrata secca. Che funziona, dando vita a una partita a metà tra il Subbuteo e gli scacchi. Se Sarri tra il taccuino ha Moitessier e il suo quattro-tre-tre va ad ondate collaudate che capitalizzano ogni spiraglio, cercando in ogni occasione la giocata in verticale, Spalletti si aggrappa alla stabilitas e attrezza i suoi come può, consapevole di non poter pretendere di fare la partita. Il modulo nerazzurro (quattro-due-tre-uno con il trequartista di raccordo) è ormai solido e votato ad ogni sacrificio: Icardi smazza inseguendo il centrale che dà il via all’azione e i tre dietro di lui dosano sapientemente il pressing, senza né andare troppo alti – e lasciare al Napoli voragini per ripartire fulimineo – e né arroccarsi nella propria metà campo, lasciando il pallino ai partenopei. Perisic rincorre e in fase difensiva è un mediano aggiunto, Candreva a quindici minuti dalla fine è sulla sua linea di fondo a frenare Hysaj. Borja smista e trotterella, ma il duo Gagliardini- Vecino (ancora protagonista di sgroppate a tutto campo) fa buona guardia e Handanovic è due volte miracoloso su Mertens.
Sorpresa Skriniar
La vera sorpresa, per chi ancora non lo sapesse, è Milan Skriniar. Lo slovacco di ventidue anni è il nuovo ministro della difesa meneghina, con acclamazione plebiscitaria: frena Mertens in ogni discesa, argina Insigne e raddoppia puntuale. Il trono dei tackle – e della compostezza – è suo, senza sbavature.