L’idea del deserto è scomoda, per forza. Secondo varie tradizioni mistiche, per arrivare all’essenza è necessario estirpare i rami secchi e raggiungere uno stato di tabula rasa. Il deserto può anche essere metaforico, si può rivelare il risultato concreto preceduto da una proiezione. Don Marco, il protagonista del film L’Equilibrio, di Vincenzo Marra, descrive proprio un attraversamento del deserto, personale e consapevole. Dopo anni da missionario in Africa, per tamponare la ferita di un’imminente crisi vocazionale, chiede al proprio vescovo di farsi trasferire a Napoli, per riscattare e rinfrancare la propria vocazione e, forse, per prendere nuovamente coscienza del diverso ordine delle dinamiche sociali. Proprio lì, a Napoli, avviene l’incontro-scontro con quella che diventerà la sua comunità. L’impatto è a dir poco abrasivo: è una comunità dilaniata, disperata e dispersa in quella terra che solca la Campania che viene chiamata Terra dei fuochi, una comunità governata da leggi altre, in cui vige uno status quo non conforme. Viene ritratto uno spicchio di Napoli, più velato rispetto al consueto ritratto della città che viene proposto da diverso tempo, ovvero quello di una Napoli abusata dal cinema in maniera quasi angolare, prospetticamente mostrata da un unico punto di vista, molto hard boiled, molto chandleriano. L’Equilibrio, al contrario, è un film che già dal titolo si rivela in grado di riassumere un intero significato esistenziale. Le inquietudini che percorrono la vita di un individuo che ha scelto di percorrere la strada del sacerdozio nel suo terreno più scosceso, si scontrano con un’indispensabile ricerca di sé che avviene, a sua volta, nell’immersione, totale ed integrale, nel disagio politico e sociale di una comunità, racchiusa nei confini di una parrocchia, disagio che è in grado di sovvertire le logiche sino ad allora adottate, compreso il buon senso. L’Equilibrio è un grido di rabbia tacitato dallo scorrere delle cose, la forza che si racchiude, misticamente, nell’accettazione cristiana della croce, che erge le sconfitte a vittorie, situazioni spesso divise da un confine difficilmente delimitabile.