Domenica 4 giugno, verso mezzogiorno, nei pressi dell’aviosuperficie di San Tommaso alle Paludi, vicino Fermo (Marche), è morto, per il malfunzionamento del paracadute di emergenza, il paracadutista sportivo Roberto Pezzuto. Barese, avrebbe compiuto 56 anni ad agosto. Pubblichiamo un ricordo dello sportivo e dell’uomo libero
Talvolta, le idee e lo stile per i quali si vive sono gli stessi per i quali si è disposti a morire. Quando l’ho incontrato l’ultima volta, due settimane fa circa, siamo rimasti a parlare per più di un’ora, come ai vecchi tempi. Sembrava non ci vedessimo da qualche settimana e invece la vita e gli impegni ci avevano allontanati negli ultimi anni. Non avrei mai immaginato che Roberto Pezzuto sarebbe morto pochi giorni dopo per un lancio con il paracadute. Proprio lui, istruttore paracadutista, direttore di lanci, istruttore di volo, ufficiale di complemento (in congedo) della Brigata paracadutisti “Folgore”, circa quattromila lanci all’attivo, una serie di brevetti anche negli sport d’acqua.
Conobbi Roberto nella sezione dell’Anpd’I (Associazione nazionale paracadutisti d’Italia) il giorno in cui mi iscrissi, più di trent’anni fa, e facemmo subito amicizia. Eravamo, come si dice, sulla stessa lunghezza d’onda per amore dello sport e per la medesima visione del mondo. Lui era nel gruppo di coloro che seguivano i più giovani – o i neofiti – nel corso di preparazione ai lanci e al conseguimento del brevetto. Era risoluto senza essere un “sergente di ferro” così come aveva la schiena dritta ma senza fanatismi.
In genere silenzioso, di poche parole, ma nello stesso tempo disponibile, Roberto seguiva con grande scrupolo e rispetto i compiti che la vita, non sempere dolce con lui, gli assegnava. Non aspirava a una vita tranquilla ma a mettere alla prova il proprio animo. Era fedele a se stesso e al proprio stile. La conferma l’ho avuta nell’ultimo incontro, giorni fa. Proveniva da una famiglia di commercianti ben conosciuta a Bari ma, forse deludendo i genitori, non volle proseguire quella pur florida attività paterna. Parlando della vita e del lavoro mi disse: “Io, formato con la mentalità della Folgore, potevo passare il tempo a vendere mobili?”. E le sue occupazioni le trovava fra la terra e il cielo e il mare, anche attrezzando yacht. Proprio l’ultima volta che ci siamo incontrati mi ha comunicato il suo benessere nella solitudine che mi ha sempre detto di amare. Tanto che anni fa si era ritirato a vivere in campagna, a Turi, e da poco era tornato a Bari. Un benessere interiore, il suo, offuscato dalla morte prematura di un fratello e da quella della sua fidanzata in un incidente d’auto, molti anni fa. Due lutti che non scalfirono la sua forza interiore. Roberto non amava questa società, la disprezzava, e non è un caso che proprio quando ci siamo incontrati l’ultima volta il discorso sia caduto anche, fra l’altro, sulle letture. Non poteva non citarmi Nietzsche e le sue peregrinazioni nei siti web d’area e mostrarmi, suo suo cellulare, un’immagine che sintetizzava tutto. Il suo disprezzo per il mondo moderno e per la società dei consumi con gli anni si era accentuato. Comprensibilmente.
Sempre con quell’aria da ragazzino, viveva in questa società standole lontana, perché si sentiva vivo nella sua solitudine, sia quando usciva al largo in mare, sia quando si lanciava con il paracadute. E non si possono dimenticare i lanci fatti assieme, le settimane trascorse insieme, anni fa, nella scuola di paracadutismo di Pavullo nel Frignano, e i lanci in giro per l’Italia e quelli nei nostri cieli di Puglia. Ogni “uscita” in “asse-pista” era un tuffo nell’infinito, nel blu, staccandoci dal Piper con quella puzza di carburante che arrivava fin nei polmoni quando il motore era “a folle”, pochi secondi prima dei lanci. E poi, librarsi nel cielo, nel silenzio irreale, nel sole. Erano giornate nelle quali, lo sentivamo tutti, il carattere si affinava, il fisico si tendeva e i discorsi, al termine dei lanci, davanti a una buona birra, spaziavano dai commenti di carattere sportivo alle vere e proprie goliardate. Chi ha conosciuto Roberto, non può dimenticarlo. E non è un modo di dire, di quelli che si usano in queste circostanze. Roberto sarà sempre fra noi.