L’8 febbraio 2017 si mette in contatto con me prima via posta elettronica, poi con un messaggino e infine con una telefonata serale, Mr. Jason Horowitz, capo dell’ufficio romano del New York Times, e vaticanista. Come mai tanto onore? Si fa vivo da Washington dove in quel momento si trova. Ha avuto il numero del mio cellulare da Mursia, la casa editrice che ha pubblicato Un filosofo in guerra, perché gli è stato detto del libro. Il motivo del suo insistente interessamento è questo: nel 2014 in un convegno in Vaticano Stephen Bannon ha parlato tra le altre cose di Julius Evola. All’epoca Bannon non era nessuno, solo un intellettuale della Alt-Right, la Destra Alternativa americana cui fa capo un sito di informazioni e commenti controcorrente molto attivo e ormai famoso, Breitbart. Adesso però Bannon, che ha coordinato la campagna elettorale di Donald Trum,, è diventato il suo principale consigliere e, come in seguito ho appurato, da appena dieci giorni era stato nominato nel National Security Council. Ecco il motivo di questo in apparenza singolare interesse del giornalista americano.
Horowitz mi spiega sommariamente la questione, senza spiegare a fondo come e perché Bannon avesse fatto riferimento a Evola, e mi chiede informazioni sul filosofo, sul suo pensiero, sui rapporti con il fascismo e la tradizione, sulla diffusione dei suoi libri in Italia, ma anche sulla Fondazione Evola eccetera, per capire, dice, i motivi della citazione di Bannon. Si parla per almeno mezz’ora molto cordialmente, quasi amichevolmente con qualche battuta, al punto di dire che ci si sarebbe potuti incontrare a Roma al suo rientro. Moltissimo del tempo l’ho impiegato a spiegare alcune leggende metropolitane su Evola, i luoghi comuni facilmente smentibili con i documenti, gli equivoci interessati nati nella sinistra e nella destra italiane, le evolomanie e le evolofobie, le cose ripetute mille volte specie all’estero senza prove e conferme divenute però “verità”. Alla fine però, sapendo con chi si aveva a che fare, ho concluso pressappoco così: piacevole e simpatica conversazione, ma avendo fatto per quarant’anni questo mestiere so benissimo come andrà a finire, una cosa sono queste chiacchierate amichevoli, una cosa del tutto diversa sarà quel che lei scriverà su un quotidiano ostile per principio al nuovo presidente degli Stati Uniti. Saluti e la promessa di mandarmi il collegamento in rete appena sarebbe uscito l’articolo.
Attesa inutile e non lo avrei saputo, praticamente subito, se il 10 febbraio un amico dall’Italia e un altro dall’estero non me lo avessero girato. Tutto secondo previsioni, peraltro facili. Il buon Mr. Horowitz scrive un lungo pezzo appunto in stile NYT, citando due righe anodine delle mie lunghe spiegazioni e dando un ritratto di Julius Evola in linea con i luoghi comuni e le inesattezze diffuse all’estero che inutilmente, e forse ingenuamente, avevo cercato di spiegare pensando ad una buona fede che non esisteva. Fiato sprecato.
Dal titolo dell’articolo si capisce l’andazzo: Steve Bannon cited italian thinker who inspired fascists (lo si trova tuttora in rete). La rappresentazione del filosofo è un guazzabuglio di notizie errate e mescolate fra loro: “Evola era amato dai fascisti e i terroristi post-fascisti italiani degli anni 60 e 70 lo vedevano come un padrino spirituale e intellettuale”. A parte che non esisteva terrorismo né rosso né nero negli anni ’60, la leggenda del “padrino spirituale e intellettuale” è un fesseria che ho ampiamente smentita con fatti e documenti nel mio Elogio e difesa di Julius Evola. Il Barone e i terroristi (Mediterranee, 1997) e nella introduzione e nella postfazione a Cavalcare la tigre (Mediterranee, 2009).
Al contrario, i cosiddetti “terroristi neri” o lo ignoravano o lo disprezzavano. Prosegue il nostro giornalista americano: “Costoro chiamavano se stessi i Figli del Sole in base alla visione evoliana di un nuovo ordine anti borghese che egli chiamava Civiltà Solare”. Chissà dove Mr. Horowitz ha pescato simili scempiaggini sul pensiero di Evola confondendosi, poi, su una corrente giovanile del Msi degli anni ’50 che gli avversari interni avevano soprannominato Figli del Sole ironicamente, definizione mai utilizzata in seguito e meno che mai negli “anni di piombo”.
Horowitz è male informato (o si è informato frettolosamente e disordinatamente) sia sulle piccolezze – non è vero che “Evola in tarda età portava il monocolo all’occhio sinistro”, ma come tutti sanno lo portava anche prima della guerra e le foto dimostrano – sia in quelle importanti: Evola non era un “nazi-affiliated thinker”, né tanto meno “i suoi primi scritti sul razzismo influenzano le leggi razziali del 1938”, dato che l’unica cosa importante da lui pubblicata era Il mito del sangue (1937), un storia delle teorie sulla razza che conteneva forti critiche al razzismo biologico di tipo nazista al quale invece si ispiravano le leggi razziali di un anno dopo. Sicché appare ridicolo e contraddittorio che il giornalista scriva subito dopo che a Mussolini piacque tanto Sintesi di dottrina della razza “che sosteneva un razzismo spirituale e non meramente biologico” da convocarlo nel settembre 1941, cioè un libro che sosteneva tesi opposte a quelle delle leggi di quattro anni prima che lo stesso Evola avrebbe ispirato… Ma si può?
L’Evola nazi-fascista che ha ispirato niente-poco-di-meno-che le leggi razziali del 1938 è servito in pratica ad un elementare sillogismo sottinteso: Bannon consigliere di Trump cita e conosce il pensiero di Evola / Evola era un fascista, un nazista e un razzista / tramite Bannon idee fasciste e razziste penetrano nella Casa Bianca / c’è il pericolo che Trump diventi fascista e razzista e instauri una autocrazia se non una dittatura negli Stati Uniti. Il gioco è fatto. Non tutti però hanno l’anelo a naso come i lettori de New York Times.
Che ci sia una pura mala fede in ciò, ed una strumentalizzazione anti Trump da parte del quotidiano americano, lo si è scoperto subito dopo, anche se il semplice fatto che ci si sia riallacciati ad un avvenimento di tre anni prima sarebbe stato sufficiente a farlo intuire. Nella Rete non si butta niente e si trova (quasi) tutto. E’ uscito quindi fuori il testo di Bannon che nel febbraio 2014 aveva tenuto in Vaticano una conferenza su ”Islam, populismo e capitalismo”. In seguito, durante una conferenza stampa, aveva risposto a un giornalista citando Aleksandr Dugin, consigliere a quanto pare di Putin, facendo un accenno marginale ad Evola. Tutto qui! Nessuna disamina, nessun approfondimento, solo una citazione en passant. Tanto però è bastato ad un giornalista ostile ad imbastire un “caso” clamoroso. Una sciocchezza, ma strumentalizzata. E se Bannon avesse citato, chessò, Gramsci e le sue teorie per la conquista de potere attraverso l’“egemonia culturale”?
“Una cosa ridicola” ha commentato un mio amico austriaco. Ma la stampa italiana, anch’essa quasi tutta schierata contro Trunp, non si è fatta sfuggire l’occasione ed ha preso la balla, potremmo dire la famigerata fake news, al volo dal NYT per dire la sua e gonfiandola a dismisura.
A parte un TG2 pomeridiano, non ricordo se del 10 o del 12 febbraio che ha ripreso la notizia del NYT con le solite definizioni scontate di Evola, sul Corriere della Sera del 12, in un articolo intitolato La Casa Bianca stregata dal pensiero di Julius Evola (magari!) il corrispondente Giuseppe Sarcina si limita a rielaborare pedissequamente il NYT e mettendo un po’ del suo, parlando addirittura di un Evola “teorico della superiorità atavica della razza bianca, l’antisemita, l’ammiratore di Benito Mussolini” e di un suo “richiamo ad una età dell’oro spirituale, quella pre-cristiana dei Figli del Sole, appunto, degli antichi romani o del fascismo del Novecento”. Un incredibile guazzabuglio di dati eterogenei non capiti d che peggio di così quasi non si potrebbe. Cosa è costretto a fare un povero corrispondente con un argomento di cui ignora tutto…
La Repubblica, sempre del 12 febbraio, conferisce a Julius Evola una visibilità che non ha mai avuto. In prima pagina campeggia il titolo: Evola e il Fascismo ispirano Bannon la mente di Trump. Evviva! All’interno invece il titolo su tre colonne sembra un eco di quelli degli anni Settanta: Il cuore nero della destra americana E quale sarebbe ‘sto cuore nero come da specchietto e fotine? Ma il generale e filosofo cinese Sun Tzu, il Vate d’Annunzio, il conservatore Spengler, Evola e Mussolini, ma anche – non ci crederete – il cattivissimo di Guerre stellari: Dart Fener! Incredibile ma vero. Cambiano i direttori, ma i republicones non cambiano una mentalità giornalistica da No pasaran! L’articolo è del corrispondente Federico Rampini, non certo esempio di obiettività ma che in questo caso dà informazioni interessanti che peraltro hanno poco a che vedere con il titolo, a parte il fatto che un redattore del solito NYT sta scrivendo una biografia di d’Annunzio, che secondo lui sarebbe all’origini di tutto (il male): dopo di lui Mussolini e poi Trump. Insomma, una mania… Non aspettavamo altro che le rivelazioni di un guru del giornalismo radical chic USA (saprà l’italiano?) per avere inaspettate rivelazioni sul Vate che le centinaia di biografie italiane non ci avevano offerto.
Sta di fatto che, dopo questo rimbalzo italiano, la notizia colpisce una redattrice dell’agenzia stampa ADN Kronos: quella stessa domenica 12 mi telefona e mi chiede precisazioni e informazioni su Evola e la Fondazione. Il lancio avviene in serata col titolo Usa: trumpismo rilancia Evola, in Italia da oltre 40 anni Fondazione a lui intitolata. Il lancio dell’agenzia riporta correttamente le notizie, i dati e i titoli dei nuovi libri in uscita con l’etichetta di vari editori. Notizie utili per i giornali che le volessero riprenderle. Tre giorni dopo, sul sito Barbadillo.it appare un’altra intervista cui è stato messo il titolo Se Evola (critico degli Usa) viene apprezzato anche alla Casa Bianca, in cui continuavo a precisare alcuni punti su cui era il caso di insistere approfondendoli a futura memoria. Il 28 invece su Libero Gianluca Veneziani mi interpella sull’effetto Evola negli Stati Uniti ma soprattutto su come il filosofo intendeva l’Europa unita in confronto a quella di oggi. Infatti, il titolo è Julius Evola, un vero europeista che oggi avrebbe odiato Bruxelles. Un tema in realtà poco affrontato del pensiero del filosofo.
Bizzarra conseguenza: quanto da me detto nelle diverse occasioni è stato recepito in malo modo da alcuni singolari esponenti vecchi e giovani di una Destra onniscente e che ritiene di essere tutta d’un pezzo, con giudizi e illazioni squinternate. Si può benissimo pensare quel che si vuole sul filosofo e la Fondazione a lui intitolata e che egli stesso fondò, ma non sono affatto accettabili scombicchierate e saccenti deduzioni. Come diceva Wittgenstein, si deve parlare solo di quel che si sa.
Che si può trarre da questo inaspettato episodio? Vediamo:
1. Julius Evola è stato indubbiamente “rilanciato”, come si dice in gergo giornalistico, ma bisogna vedere come. Sia a livello internazionale che nazionale ha avuto spot mai visti: non era mai accaduto che fosse uscito sulla prima pagina di uno dei due grandi quotidiani italiani con un titolo che, mettendosi dalla sua parte, può essere anche inteso positivamente.
2. Il fatto è però che su di lui, nonostante un lavoro di decenni, continuano a gravare luoghi comuni ideologici e politici malevoli e negativi che sul piano giornalistico soprattutto non si riescono a smantellare perché ci sono nei suoi confronti pre-giudizi di fondo che essendo irrazionali non sembra possibile superare in un clima kafkiano come quello attuale della dittatura del “politicamente corretto”. Nello stesso tempo, però, essendo circolato il nome del filosofo e i titoli delle sue opere sulla stampa italiana ed estera potrebbe anche aver attratto la curiosità intellettuale sia di uomini di cultura che di comuni lettori curiosi e in buona fede, con conseguenze positive. Insomma, possono essersi detti, cerchiano di capire direttamente quali siano state veramente le idee di questo Julius Evola.
3. L’insistenza con cui il giornalista americano mi chiedeva quale poteva essere l’influenza di Evola su Bannon e quindi Trunp, dimostra questi pre-giudizi. A parte che la premessa da cui è stato fatto nascere il caso, come si è detto, era forzata, ho spiegato che la questione poteva essere positiva ma improbabile: Evola considerava negli anni Trenta l’americanismo la controparte del bolscevismo, la tenaglia che avrebbe stritolato l’Europa, e nel dopoguerra, a partire dagli anni Cinquanta più pericoloso del comunismo in quanto subdolo e tale da modificare costumi, società, nodo di pensare e vivere. Tutto puntualmente avvenuto, basta leggere non solo la conclusione di Rivolta contro il mondo moderno, ma anche l’antologia edita dalla Fondazione: Civiltà americana a cura di Alberto Lombardo.
4. Non solo. Il filosofo non avrebbe potuto accettare il “populismo” in quanto tale: è sempre stato per una politica elitaria a livello spirituale, per una funzione delle élites che agissero sulle masse, per quella che chiamava la “rivoluzione dall’alto” (le sue critiche al fascismo e le sue proposte erano su questo piano). Probabilmente, però, essendo anche un pensatore pratico e persino pragmatico, magari lo avrebbe potuto accettare sul piano contingente strategico in quanto grimaldello per scardinare la situazione corrente, così come, a differenza di alcuni ambienti del Msi, negli anni Cinquanta fu favorevole alla adesione dell’Italia alla Nato in quanto ci avrebbe protetto dall’Urss che aveva già fagocitato mezza Europa. Cosa che alcuni stolti gli rimproverano ancora senza voler capire che in tal modo, con una certa libertà di espressione e pubblicazione, le idee della destra sono state protette e divulgate. Con una Italia “repubblica popolare” di certo non sarebbe stato possibile e le galere si sarebbero aperte ai suoi rappresentanti.
5. Steve Bannon conosce il pensiero tradizionalista e conservatore, non so quanto esattamente Evola, i cui maggiori libri sono peraltro stati tradotti da una casa editrice americana, la Inner Tradictions, ma non si può sapere, come ho detto a Horowitz, in che modo certe idee sue possano essere messe in pratica: Evola non si è mai interessato di politica-politicante ma di metapolitica. Gli uomini e le rovine con Orientamenti non sono manuali pratici ma manuali di dottrine politiche. Il primo, di orientamenti culturali e ideali, il secondo che poi venne sviluppato nel saggio più ampio. Insomma, servono ad una preparazione prepolitica, che idee avere in un mondo non-tradizionale, che “visione del mondo”, come porsi di fronte ai grandi temi generali e personali. In altri termini: indicazioni per una “destra spirituale” che, si rammaricò nella introduzione alla edizione 1967 de Gli uomini e le rovine, non essere nata a quattordici anni dalla prima edizione, poiché i giovani dell’epoca si erano dispersi appunto nella politica-politicante. Che le sue idee tradizionali possano attecchire in una nazione simbolo del materialismo occidentale come gli Stati Unit (ho detto anche questo al New York Times) mi pare assai difficile, ma potrebbero esservi delle élites sensibili a questi temi, proprio per una loro confusa reazione al materialismo pervasivo.
In conclusione una tempesta in un bicchier d’acqua, nata dalla strumentalizzazione polemica di un giornale anti Trump e che qui da noi è stata rilanciata per gli identici motivi. Un episodio in sé grottesco ma che però dimostra come le idee di Julius Evola, a differenza di quelle di moltissimi altri pensatori contemporanei, siano sempre vive e facciano paura ai suoi nemici di sempre: alla sinistra e alla destra ottuse.