Secondo non pochi interpreti – nonostante i missionari giunti nelle Americhe con i conquistadores, in Africa, in Asia, la loro poderosa, ma superficiale, opera di evangelizzazione – la Chiesa cattolica ha smarrito la sua forza, si è in gran parte esaurita, con il discredito del corrotto papato in epoca rinascimentale e con la decisiva Riforma protestante. Separazione che l’ha privata non solo di cospicue entrate finanziarie, ma di una parte del Sacro Romano Impero, allora colta ed influente, quella diventata tedesco-luterana. Così come della Danimarca, dei Paesi Baltici e Scandinavi, delle Fiandre calviniste, della Svizzera calvinista e zwingliana, dell’Inghilerra anglicana e delle sue Colonie americane, della Scozia presbiteriana di Knox, della Francia ugonotta, di parte dell’Ungheria. La stessa Polonia venne “riconquistata” dal legato pontificio Possevino, per non parlare dei fermenti ereticali allora diffusi anche in Italia, Spagna, Portogallo e duramente repressi dalla Chiesa controriformista uscita dal Concilio di Trento (1545-1563).
A fine ‘700 la Chiesa cattolica, che era sopravvissuta alle cruente “guerre di religione”, sembrava pressoché spacciata. Il pensiero illuminista ne stava scardinando i fondamenti teologico–filosofici. Il laicismo avanzava. I sovrani rimasti cattolici, Asburgo, Borbone e dinastie minori, avevano imposto alla Sede Apostolica la soppressione dell’Ordine dei Gesuiti; giuseppinismo e gallicanesimo avevano sancito la superiorità delle maggiori Monarchie cattoliche su Roma. Dopo la Rivoluzione Francese e la Costituzione Civile del Clero (1790), Napoleone firmò un Concordato, ma aveva poi occupato Roma e fatto portare gli archivi a Parigi. Pio VI era morto da prigioniero, Pio VII fu eletto a Venezia.
La Chiesa come potenza temporale, e non solo, la fece rivivere il Metternich con il Congresso di Vienna nel 1815, e la ricomposizione dello Stato Pontificio – protetto dalle baionette austriache – con il legittimismo, la restaurazione, la rinnovata alleanza trono-altare, la riaffermazione cesaropapista del “Diritto Divino”, che era ormai più ideologico che storico. Poi, di artificio in artificio, anche il comunismo bolscevico trionfante dopo la Rivoluzione del 1917 ha contribuito a rafforzare, per reazione, ciò che rimaneva dell’antica influenza della Chiesa Cattolica. Ma ora la Chiesa post-conciliare (il Concilio Vaticano II, convocato da Papa Giovanni XXIII, durò dal 1962 al ’65) è diventata un’istituzione ancora ricca e visibile, superficialmente rispettata, ma sempre più separata dalla società e lontana dall’intelligenza, nonostante le “tentazioni moderniste” che la impregnano dal Concilio in poi.
Una Chiesa delle catacombe, come da qualcuno invocata, rischierebbe, peraltro, di diventare un ricettacolo di fanatici radicali. Già esiste la Fraternità di San Pio X, a suo tempo (1971) fondata dall’arcivescovo francese Marcel Lefebvre, in opposizione alle risoluzioni conciliari, in particolare alla “libertà religiosa”. Fin dal 2013 il superiore della Fraternità, il vescovo Bernard Fellay, ha detto che Papa Francesco «è un vero modernista», che la Chiesa sta vivendo «tempi molto spaventosi». Non si avverte, per la verità, il bisogno di altre confessioni tradizionaliste.
Il modernismo teologico fu una corrente del Cattolicesimo, sviluppatasi tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, volta a ripensare il messaggio cristiano alla luce delle istanze della società in trasformazione di inizio Novecento, influenzata dal pensiero protestante, anche se molto più radicale. Il massimo rappresentante, in Italia, fu Ernesto Bonaiuti e venne condannata da San Pio X, nel 1907, come “sintesi di tutte le eresie” con l’Enciclica Pascendi Dominici gregis. I suoi principali postulati sono:
La Rivelazione non è parola di Dio e neppure di Gesù Cristo, ma un prodotto naturale della nostra sub-coscienza; la Fede non è un fatto oggettivo, ma dipende dal sentimento di ciascuno; i Dogmi sono simboli dell’esperienza interiore di ciascuno; la loro formulazione è frutto di uno sviluppo storico;i Sacramenti derivano dal bisogno del cuore umano di dare una forma sensibile alla propria esperienza religiosa, non furono istituiti da Gesù Cristo e servono a tener vivo negli uomini il pensiero della sua presenza; il Magistero della Chiesa non ci comunica la verità proveniente da Dio;la Bibbia è una raccolta di episodi mitici, non si tratta di un libro divinamente ispirato; gli interventi di Dio nella storia (miracoli e profezie) non sono altro che racconti trasfigurati di esperienze interiori; il valore espiatorio e redentivo della morte di Cristo è frutto della teologia della croce elaborata dall’apostolo Paolo; il Cristo della Fede è diverso dal Gesù della storia; la divinità di Cristo non si ricava dai Vangeli canonici.
È noto il dissidio che contrappone, sempre più, la Chiesa di Papa Bergoglio ai suoi avversari. Criticano essi la legittimità dell’atteggiamento rancoroso dei cattolici di sinistra, che a lui si ispirano, il buonismo cieco davanti ai fatti, impregnato di ideologismo progressista e russoviano, nonché della mai morta “teologia della liberazione”; poi il favore verso un immigrazionismo senza limiti, un atteggiamento indulgente verso l’omosessualismo, oggi da molti quasi beatificato, così come il femminismo radicale. Il modernismo odierno mirerebbe a stravolgere il cattolicesimo residuale per farne qualcosa di nuovo e di diverso da ciò che esso è: un credo sincretista gnostico e fondamentalmente massonico, un deismo di facciata destinato a risolversi in un “umanesimo” tanto vasto quanto dai tratti confusi, un contenitore nel quale metterci demagogicamente ciò che interessa in un determinato momento, soprattutto per il contingente consenso mediatico, per poi magari sostituirlo con qualcosa d’altro. Tanto, sempre “umanesimo” sarà…
Come scrisse Giuliano Ferrara oltre un anno fa: “Il fronte unico modernista che umilia i suoi nemici ha un capo: il Papa”. Che non condanna adeguatamente, anzi abbonda in ambiguità e contraddizioni, il “pensiero dominante” in materia di gender fluid, fasti arcobaleno e sguaiati gay-pride, unioni civili, adozione di bambini da parte di coppie omosessuali, fecondazione eterologa ed altre questioni etiche rilevanti. Per non parlare della scarsa attenzione prestata ai cristiani residenti, e spesso perseguitati, nei Paesi islamici. Per Ferrara, “Il problema è che viviamo nell’epoca, dissimulata dalla retorica della misericordia e della Chiesa povera, della grande abdicazione. L’Occidente non si tiene senza una Chiesa di Cristo con la schiena dritta”.
Ha qui chiosato Manlio Triggiani, a proposito del “papa laico” che scoraggia i credenti:
“Nella scia della decadenza, della relativizzazione di tutto e nella laicizzazione di ogni idea (anche sacrale) papa Bergoglio interviene e dà una spallata e continua a imprimere alla Chiesa un’impronta laica. Ecco perché ha dialogato soprattutto con il ‘papa laico’ Eugenio Scalfari, con il quale ha scritto un libro. Piace a Obama, alle associazioni gay (la rivista ufficiale Usa, The Advocate, nel 2013 lo ha eletto ‘personaggio dell’anno’), all’Onu, all’abortista Bonino, piaceva al dittatore comunista Fidel Castro e al libertario ed ateo Marco Pannella, ad esponenti di tutte le chiese, valdesi, ebrei… Insomma, piace a tutti coloro che non amano la Chiesa, quella che è stata fino a Giovanni Paolo II ed a Benedetto XVI. Parla sempre meno di sacro, richiamandosi alla ‘realtà orizzontale’, papa Bergoglio di fatto depotenzia l’aspetto religioso riducendo la Chiesa a una associazione no profit. Se il Concilio Vaticano II ha spinto la pastorale verso l’egualitarismo, con conseguenti riflessi in tutta la società, quanto meno a livello di mentalità, le sue dichiarazioni riguardano la necessità di spezzare ogni livello. Che significa ‘costruire ponti’, accogliere gay, divorziati risposati, eucarestia libera, eliminare le basi del cattolicesimo. Bergoglio ha bandito la teologia e le diatribe dottrinali perché perdita di tempo. Parlare sempre delle ‘periferie del mondo’ non significa parlare dell’anima, dello spirito, delle difficoltà dell’uomo in un mondo moderno sempre più difficile e neanche dell’uomo in quanto tale. Ormai la religione cattolica è ridotta a sentimento, a ‘opinione’, non a un corpus di precetti ed orientamenti nella vita che hanno il proprio deposito nella fede e nel credo. Per dare maggiore forza a tutto questo, Francesco spinge (lui, il papa!) a favore del laicismo”.
I cattolici “meno progressisti” scorgono in molte affermazioni dell’attuale Pontefice chiari echi luterani. Papa Francesco ha accolto l’invito della Comunità luterana di Svezia ad essere presente, il 31 ottobre 2016, nella città di Lund per le celebrazioni dei 500 anni della «Riforma». Per un Pontefice romano si è trattato di un gesto che in passato non sarebbe stato ritenuto possibile per quella circostanza, culminata il 10 dicembre 1520, quando Lutero bruciò in pubblico la bolla papale che gli chiedeva di ritrattare le sue tesi, pena la scomunica. “Sarà un viaggio molto importante per l’unità dei cristiani” aveva detto il Papa in aereo, non appena partito per Lund, città chiave della realtà luterana, dove è andato per celebrare in modo congiunto l’iniziativa di Martin Lutero. Come scrisse Franca Giansoldati sul “Messaggero”:
Una cerimonia commemorativa densa di elementi simbolici perché mai prima d’ora un Pontefice aveva sdoganato la Riforma in modo tanto esplicito e intenso. “Lutero ha messo la Parola di Dio nelle mani del popolo”. Papa Bergoglio viene accolto dalla arcivescova che guida la Chiesa luterana, Antje Jackelen, sorridente, vestita di nero, con una gonna longuette e un bel crocifisso d’oro bene in vista sulla giacca. Davanti a lei e a tutti i vertici delle chiese protestanti Papa Francesco pronuncia parole importanti. Un vero mea culpa. “Anche noi dobbiamo guardare con amore e onestà al nostro passato e riconoscere l’errore e chiedere perdono. Dio solo è giudice”. E ancora. “Si deve riconoscere con la stessa onestà che la nostra divisione si allontanava dalla intuizione originaria del popolo di Dio, che aspira naturalmente a rimanere unito, ed è stata storicamente perpetrata da uomini di potere di questo mondo più che per volontà del popolo fedele”.
Come dire che aveva ragione Lutero e non Papa Leone X che poi lo ha scomunicato! Tutto ciò appare a molti, dentro e fuori la Chiesa, di una straordinaria rilevanza e gravità. Ben oltre le ardite “aperture” del Concilio, cinquant’anni fa, ed il dialogo ecumenico tra diverse confessioni cristiane.
Successivamente Papa Francesco, ricevendo lo scorso gennaio una delegazione della Chiesa Luterana Finlandese, ha ribadito la necessità di impostare un cammino comune tra le due confessioni religiose, ricordato che Lutero: “Voleva rinnovare la Chiesa, non dividerla”, con vivo nel cuore “il pentimento sincero per le nostre colpe”. Per i suoi avversari ancora una volta è stato troppo. Una nuova occasione per accusare Papa Bergoglio di enorme superficialità, faciloneria, ignoranza storica, teologica e dottrinale: solito, letale “lassismo gesuitico”.
Quello che, secondo alcuni, rimanda alla Centuria X, quartina 91 delle profezie di Nostradamus sul “Papa Nero” (gesuita): “Giammai ci fu qualcuno così malvagio”; fu l’ultimo Papa e provocò la fine della Cattedra di Pietro, anticipando così la rottura del Settimo Sigillo e l’Apocalisse. Pensiero analogo, con qualche differenza, si evince dalle profezie di Malachia.
Per rispondere alle critiche che sono arrivate anche da esponenti del Collegio cardinalizio, papa Francesco ha scelto le colonne dell’ “Avvenire”, lo scorso 17 novembre. In una lunga intervista – la prima rilasciata al quotidiano del vescovi italiani nei tre anni del Pontificato – il Pontefice è entrato nel merito dei temi che causano malumori nell’ala ecclesiale conservatrice: “Qualcuno dice che si vuole protestantizzare la Chiesa? Non mi toglie il sonno”, ha affermato rispondendo alle domande di Stefania Falasca. “Non svendo la dottrina, seguo il Concilio. Certi rigorismi nascono da una mancanza, dal voler nascondere dentro un’armatura la propria triste insoddisfazione…La Chiesa esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Al Concilio la Chiesa ha sentito la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell’amore del padre”, ha fatto notare Bergoglio, “ciò sposta l’asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla persona di Dio, che si è fatto misericordia nell’incarnazione del figlio”.
Anche nel percorso ecumenico, che lo ha portato allo storico abbraccio con il Primate Ortodosso russo, Kirill, al fraterno rapporto con il Patriarca Ortodosso di Costantinopoli, Bartolomeo, ed all’incontro con i Luterani per i 500 anni della Riforma, il Papa ha rivendicato di aver seguito le orme dei predecessori: “Questo è il cammino della Chiesa. Non sono io. Non ho dato nessuna accelerazione”.
Non ci è dato sapere se Papa Francesco creda realmente alla possibile unità delle Chiese, ben oltre la sua vita terrena, ovviamente, o piuttosto ad un dialogo infinito, il che avrebbe prevalentemente valenze propagandistiche. Da notare, in tema di ecumenismo, che neppure avanza un’intesa più facile, quella con gli anglicani. Il problema vero non risiede tanto in una teorica, assai lontana ipotesi di unità, con chichessia, quanto il fatto che il Papa si distanzi dall’ortodossia cattolica sostanzialmente in nome del modernismo o del laicismo, poi negati a parole e nei comunicati ufficiali.
Fan notare vari osservatori che Bergoglio è un affabulatore non privo di abilità, uno che mischia le carte (grazie anche al suo retaggio gesuita), che non ha paura di contraddirsi, in quanto innamorato del suo personale successo, della popolarità del momento…
*già ambasciatore d’Italia in El Salvador e Paraguay