In questi giorni il vecchio stadio Filadelfia, teatro delle leggendarie imprese del Grande Torino, ha compiuto novant’anni. In altri tempi, anche vicini, l’anniversario sarebbe stato contraddistinto dal consueto rimpianto che spesso accompagna la fede – nonostante tutto irremovibile – dei tifosi granata. Invece, per fortuna, il novantesimo compleanno dell’impianto di via Filadelfia (da cui il nome) cade in un periodo nel quale il morale dei sostenitori torinisti è alle stelle.
Non solo per le ottime prestazioni della squadra allenata da Sinisa Mihajlovic, al momento salita al quarto posto della classifica. A rendere euforiche le celebrazioni del novantennio del “Fila” è soprattutto il fatto che il vecchio stadio di Mazzola & co. non è più un vecchio rudere infestato dalle erbacce. Il 2016 è l’anno della rinascita e solo gli inevitabili, piccoli ritardi di qualsiasi opera edile di un certo livello ha impedito che l’inaugurazione coincidesse con il compleanno.
La Fondazione Filadelfia aveva sperato di poter riaprire lo stadio per la data del 17 ottobre (il 90° anniversario, appunto) oppure per il prossimo 3 dicembre, giorno del 110° compleanno della società granata. Non sarà possibile, ma il festoso appuntamento è solo rimandato in primavera, quando i tifosi potranno ritornare nella loro storica “casa” e i giocatori di Mihajlovic tornare ad allenarsi in un impianto di proprietà.
E pazienza se sarebbe giusto – anzi doveroso – obiettare che in realtà il Filadelfia non avrebbe mai dovuto essere abbattuto. Oppure, come ha detto di recente Eraldo Pecci, vecchia gloria dello scudetto del 1976, che «in qualsiasi altro Paese del mondo il Filadelfia sarebbe stato tutelato come monumento storico nazionale». E che solo una classe politica mediocre, insieme ad una altrettanto mediocre categoria imprenditoriale cittadina, ha permesso che venisse fatto scempio dello stadio che ha visto giocare la squadra più leggendaria d’Italia. Acqua passata.
Ora i tifosi possono guardare con più ottimismo al futuro, anche grazie alla strada intrapresa ormai da alcuni anni dalla società del presidente Cairo: oculata politica di scouting in Italia e all’estero, reinvestimento delle plusvalenze per cercare alternative più giovani ai pezzi pregiati in partenza, valorizzazione delle risorse giovanili. E finalmente una gestione più razionale e continuativa degli allenatori: prima Ventura e ora, si spera, Mihajlovic, cioè l’uomo che sta restituendo al Toro le sue caratteristiche più peculiari: pressing, vigore atletico, spirito di sacrificio e “tremendismo”, quella che in Spagna e Sudamerica definirebbero “garra”.
Prendendo in prestito le parole dello scrittore Giuseppe Culicchia su La Stampa,
«Siamo in tanti ad aspettare il momento in cui varcheremo l’ingresso del nuovo Fila: nel mondo dei vivi e in quello dei morti. Con gli Invincibili, a controllare da molto più in alto di quanto non possa fare un drone lo stato d’avanzamento dei lavori, ci sono oltre a Meroni anche Ferrini e Pianelli. E la cosa più bella, oltre al fatto che il Toro da qui a poco ritroverà la sua casa, è che al Filadelfia oggi novantenne torneranno presto a tirar calci a un pallone anche i ragazzi della Primavera».