Il Governo di grande coalizione a guida Enrico Letta nasce dopo una lunga e difficile gestazione. Il travaglio, però, ha consegnato all’Italia un Governo specchio fedele delle proporzioni dell’Assemblea parlamentare. La creatura di Enrico Letta ha un’età media di 11 anni inferiore del precedente e di poco superiore alla media dei parlamentari. Dove tocca la “perfezione”, però, è nella rappresentanza di genere. Se un terzo dei membri delle due Camere appartiene al gentil sesso allora, deve aver pensato il neo primo ministro, anche un terzo dei membri del Governo sarà donna. Detto fatto, ventuno ministri di cui sette donne, rapporto rispettato.
Un Governo dei record, in fatto di rappresentanza femminile, sia da un punto di vista relativo che nominale. Un record che si carica di valore se si considera che alle donne non sono stati accordati, solo, i ministeri a “vocazione femminile” ma anche due ministeri “hard” come gli Esteri e la Giustizia che saranno sotto la responsabilità rispettivamente di Emma Bonino (prima di lei solo un precedente: Susanna Agnelli nel 1995) e Annamaria Cancellieri, anche lei preceduta solo da Paola Severino, ministro uscente del Governo Monti.
Le altre signore ministro (è questa, per quanto cacofonica, la dicitura corretta) sono: Nunzia De Girolamo alle Politiche Agricole (prima di lei solo la leccese Adriana Poli Bortone), Beatrice Lorenzin alla Salute, Cécile Kyenge all’Integrazione, Maria Chiara Carrozza all’Istruzione e infine Josefa Idem alle Pari opportunità, lo sport e le politiche giovanili. Quest’ultimo ministero è sempre stato, dalla sua istituzione nel 1996, un’enclave femminile. Il precedente esecutivo l’aveva spacchettato in tre dicasteri e aveva opportunamente affidato la delega alle pari opportunità al ministro del Lavoro. Il basso tasso d’occupazione e di attività è il problema numero uno per le donne italiane nonché lo scoglio principale per l’ottenimento di una piena parità.
La neo ministra pluridecorata e medaglia d’oro olimpica in forza al battaglione del Pd ha illustrato i suoi punti programmatici ai microfoni di Radio Anch’io su Radio Uno. L’ex atleta si è dimostrata ferratissima sulle materie di carattere sportivo, idee chiare sul valore sociale dello sport e sull’importanza di favorire l’accesso dei più giovani a una cultura sportiva. La signora ministro, però appare zoppicante sulle problematiche più storicamente legate alla “questione femminile”. Nel corso dell’intervista, perde la bussola sulle “strategie che incentivino le imprese e le ditte che devono assumere” per poi ammettere candidamente, ed onestamente, di non essere preparata e di dover sedere, ancora, dalla parte degli studenti.
Il Governo della competenza, insomma, presenta un ministro delle Pari opportunità in fase di formazione, dimostrazione della centralità di cui godranno, come da tradizione e al netto delle proporzioni matematiche, i temi di sua competenza nel neonato esecutivo. Mater semper certa est, in questo caso, pare, anche il solito padre.