La chiamata alle armi di Marcello Veneziani non può essere ignorata. Quando non c’è più nulla da perdere, è proprio allora che si deve scendere in campo. O la va o la spacca, del resto l’ha detto anche, seppur dall’altra parte del mondo, fisico e ideologico, l’oggi attualissimo (per via delle questioni sino-milanesi) Mao Tse Tung: quando grande è la confusione sotto il cielo, la situazione è da ritenersi eccellente.
La lettera agli italiani di Veneziani (edita per i Nodi di Marsilio) è il libretto dei Comizi d’Amore che sta portando in giro per i teatri d’Italia da qualche mese. Lo scrittore di Talamone racconta l’Italia di oggi, tra ossessioni, fobie, paure e buffi riti scaramantici che nulla tolgono al terror panico che, come satanica nuvola di zolfo, ammorba il cielo d’Italia. Miasmi sulfurei han comportato la perdita di coscienza e di identità e così, l’immagine dell’italiano baffi-neri, pizza, mandolino e sette figli al seguito s’è trasformata in quella dell’italieno, tutto tatoo, con testa e cuore nell’Iphone, e l’ossessione quasi farmacologica delle gravidanze indesiderate.
L’occidentalizzazione forzata dell’Italia ha prodotto danni al limite dell’irreparabile. La crisi ha fatto il resto e perciò Veneziani denuncia l’inconsueto “allineamento di tre pianeti” (nefasti): la mancanza di idee, di coraggio e di danaro. Nelle pagine di Veneziani si (ri)trovano gli anticorpi, chissà che non si faccia ancora in tempo a guarire la vecchia (Italia) malata. Lo dice chiaramente: mai stata donna, l’Italia bambina è diventata vecchia. Quello della decadenza è tema che da mille e passa anni si respira in tutti gli angoli della penisola. È forse l’ultimo retaggio lasciatoci dall’Impero romano. Dalla percezione della decadenza discendono, quasi a corollario geometrico, tantissimi altri mali d’Italia. Adesso però si sta scherzando col fuoco perchè, a furia di prenderla a calci, la nostra patria potrebbe morire.
I popoli muoiono, le patrie muoiono. Non è concetto nuovo di sicuro, ma assume valenza di grossa originalità non fosse altro perchè Veneziani va a parlar di corda in casa dell’impiccato. Come minimo, inopportuno. Qualcuno potrebbe additarlo a menagramo. E sbaglierebbe. Perchè il ruolo dell’intellettuale è quello di avere una visione e raccontarla. Scrutare l’orizzonte e fiutare i pericoli. Una Cassandra, suvvia. Che a destra, galassia morente intristita da anni di piacionismo tivvù, straccivendolismo militante travestito da ottimismo e furore iconoclasta contro chi s’arrischia a pensare, non può piacere, ma manco un po’.
Il momento è grave e greve. Veneziani chiama alle armi, ipotizza il “nascismo”. Qualsiasi cosa, purchè si trovi il coraggio di andare fino in fondo. Siamo completamente allo sbando, la situazione è da ritenersi eccellente.
Marcello Veneziani, Lettera agli italiani col. Nodi Marsilio (pag. 156, 16 euro)
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