Il giovane Giorgio de Chirico, purissima contraddizione. Sempre alla ricerca di qualcosa. Geniale e fragile. Interventista nel 1915. Imboscato in un ospedale ferrarese poi. Amico di Carlo Carrà, anche lui soldato e pittore nelle angosce della guerra. Giorgio fu umorale e aristocratico. Nella storia dell’arte, egli rappresenta un’esperienza artistica unica, una vita novecentesca. E la mostra ‘De Chirico a Ferrara. Metafisica e avanguardie’, Palazzo Diamanti, sino al 28 febbraio 2016, consente di guardare dentro i primi venti anni del XX secolo. In questo periodo, un’avanguardia borghese, composta da Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Ardengo Soffici, Carlo Carrà, Filippo de Pisis, riposiziona l’idea dell’arte in Italia e in Europa.
Attraverso ottanta opere straordinarie, è possibile entrare nel racconto di un’avanguardia che decise di guardare la realtà con occhi nuovi. Ecco, allora, le piazze italiane e la solitudine dei manichini che diventano insieme una costante pittorica. Il castello ferrarese dechirichiano narra la propria forza atemporale, mentre un enorme guanto si allunga verso il pavimento, nel famoso quadro del 1915, ‘I progetti della fanciulla’. Con opere esposte una accanto all’altra, il visitatore ha la percezione di trovarsi davanti ad uno storico cambio di rotta artistica, proprio perché le ‘Muse inquietanti’ (1918) scrutano la tradizione della Ferrara rinascimentale ma, nello stesso momento, mirano alle moderne ciminiere che feriscono il cielo.
La Mostra racconta la pittura metafisica italiana che alimentò i movimenti artisti internazionali. Con il loro linguaggio De Chirico e Carrà furono dei precursori provocatori, dietro i quali si mossero notevoli artisti europei, Man Ray, Raoul Hausmann, Renè Magritte, Max Ernst. Negli anni successivi, in tanti andarono dietro ‘i ragazzi di Ferrara’, i soldati che cominciarono a dipingere il mito ellenico, la civiltà rinascimentale e il caos della modernità.
Di sicuro, l’anno si chiude con una sua coerenza. Pur con cronici ritardi del settore delle Mostre, in questo mese, due esposizioni offrono un collegamento tematico – un collegamento involontario -, c’è però un fil rouge che unisce la mostra di Giotto, a Palazzo Reale, Milano, sino al 10 gennaio, con la rassegna sulla metafisica pittorica. Un legame ideale mette insieme il rinnovamento giottesco realistico con la scoperta del nuovo realismo magico e classicheggiante, nato a Ferrara durante la Prima guerra mondiale.
I soldati, de Chirico e Carrà, giovani artisti sconvolti dalla guerra, accesero le fiamme di ‘nuovi disordini’, gli interni metafisici, che si possono ammirare attraverso il quadro di Carrà, ‘La camera incantata’ (1917), un’opera in cui il pittore diviene il signore delle cose, l’interprete del silenzio. E’ una Mostra, alimentata da opere provenienti da musei e da collezioni internazionali, che spiega un milieu culturale, a cavallo della guerra europea, ossia un momento storico nel quale l’arte e le nuove riviste alimentarono gli eventi che segnarono la vita di un secolo.