Pubblichiamo un’intervista a Pierfranco Bruni, in occasione dell’anniversario della morte, che si diede il 27 agosto 1950.
Pierfranco, tu hai dedicato varie pubblicazioni allo scrittore e all’uomo Pavese, ai suoi amori, al suo mondo. Ricordiamo tra le altre il bel volume edito da Pellegrini “Cesare Pavese. Il mare. Le donne. Il sentimento tragico”. Perché prediligi Pavese?
Pavese resta un riferimento. Quando si avrà l’intelligenza critica di capire ciò si potrà discutere del rapporto tra letteratura e vita. Il Novecento letterario, nella sua complessità, si apre con D’Annunzio e si chiude con Pavese. Dopo resteranno gli allievi di D’Annunzio e gli allievi di Pavese. Gli altri sono nel cerchio degli imitatori. Così in poesia: dopo Ungaretti e Cardarelli si naviga alla ricerca dei loro solchi. Ho amato e studiato Pavese. È parte della mia vita. Molti libri ho dedicato a lui e non per mestiere, ma per un vissuto letterario e umano comune.
Cosa può dire Pavese ai giovani d’oggi, che sembrano così distanti dalle sue tematiche, dal mondo contadino sostituito (ahimè, con dolore) da un mondo ipertecnologico?
Uno scrittore che ha attraversato le malinconie dell’amore in un vissuto di esistenze e di parole. Lo scrittore che non ha mai creduto nel realismo e non credendoci non lo ha mai accettato. Uno scrittore osteggiato e temuto perché la sua poesia e il suo romanzo hanno fatto scuola, ovvero hanno creato degli indirizzi letterari, estetici e linguistici. Molto diversi dagli altri scrittori della sua generazione. Ha lasciato allievi che lo hanno tradito. Succede così ai veri maestri. Infatti Cesare fu un maestro. Non si tratta di sottolineare il passaggio tra il familismo contadino e il familismo post. Pavese era un poeta e un artista. Agli artisti non bisogna mai chiedere l’impegno e tanto meno di insistere sulle antropologie dei cambiamenti. Con Pavese siamo lungo il filo del mito e della magia.
Pasolini e Pavese: affinità? differenze?
Qui rispondo con una battuta. Pavese è lo scrittore, è il poeta, è l’artista nella sua complessità e comprende la fine dello scrittore, del poeta e dell’artista. Pasolini non è un poeta non è uno scrittore non è un artista. È un intellettuale che ha avuto delle brillanti intuizioni.
Pavese e la politica: lo scrittore ebbe soprattutto negli anni ’70 una grande notorietà e veniva considerato, sia pure con qualche forzatura, di sinistra, soprattutto per via del confino a Brancaleone cui fu condannato. Tu hai messo in discussione questa interpretazione. Perché?
Ebbene. Ho chiarito più volte questi fatti. Pavese non è mai stato antifascista. “Il Mestiere di Vivere”, edizione 1990 – 91, è un Diario fortemente anticomunista. La polemica che scaturì vide in primo piano gli apparati del PCI con Paietta in prima fila che lo attaccarono duramente e indecentemente… “La Luna e i falò”, dove si parla che i comunisti partigiani sparano alla nuca…, è il romanzo antiresistenzialista. “La casa in collina” sembra scritto da un repubblichino. Il resto è demagogia. Pavese è lo scrittore da annoverare tra i Gallian, i Ricci, i Berto, i Mazzantini, i Grisi…
Qual è a tuo modo di vedere il capolavoro di Pavese? I Dialoghi con Leucò non sono un po’ troppo astratti e fumosi rispetto a La casa in collina e a La luna e i falò (che io personalmente considero i suoi capolavori)?
Da “Lavorare stanca” a “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, da “Paesi tuoi” a “La luna e i falò” la griglia simbolica è un percorso di archetipi e di miti sino a toccare la bellezza e la morte dei “Dialoghi con Leucò”. Un libro unico nel contesto del Novecento che la critica italiana non ha mai capito e tanto meno hanno compreso i compilatori delle antologie scolastiche e tanto meno i docenti che si formano su tali antologie. Non si può considerare lo scrittore da un solo libro o da tre libri. Il vero scrittore ha un progetto. Pavese è lo scrittore del Mestiere di scrivere – vivere. Quindi, pur preferendo determinati testi credo che vada preso in considerazione il Progetto di un Pavese in cui la manifestazione più forte è data dalla griglia simbolica. D’altronde era un allievo di Mircea Eliade.