La Francia ha paura. Non si fida dei suoi trequarti e si prepara a resistere alla mischia azzurra, così per la partita all’Olimpico di Roma il Ct Philippe Saint-André fa 8 cambi rispetto all’ultimo match con il Galles perduto a Parigi e punta tutto sugli avanti.
C’è una novità nel gruppo dell’Italrugby per questa sentita sfida del Sei Nazioni. Il tecnico azzurro Jacques Brunel, viste le condizioni fisiche non al meglio dei mediani di apertura Haimona e Allan, alle prese rispettivamente con un trauma genitale e una distorsione a una caviglia, ha deciso di convocare Luciano Orquera, n. 10 delle Zebre, che solo quindici giorni fa, da noi intervistato, aveva espresso il forre desiderio di riappropriarsi della Nazionale.
Dicono che il rugby sia una battaglia, ne ripercorra la preparazione strategica, lo svolgimento tattico, l’irrompere dell’irrazionale. Persino i ruoli sembrano ricalcati e ritagliati su tradizioni e compiti bellici: estremo, ali e centri sono la cavalleria leggera, la terza linea è la cavalleria pesante, le seconde linee rappresentano i granatieri, i piloni e il tallonatore costituiscono il reparto degli zappatori, quelli del lavoro oscuro e fondamentale.
Uno degli attuali cantori più bravi e profondi di questo sport, Andrea Cimbrico, parlando di Italia e Francia ci ricorda che “di questi scontri aspri e ferrigni, spesso impari, è piena la lunga storia dei contatti tra Azzurri e Galli, altrimenti noti come Galletti che, di questi tempi, offrono un rendimento che ricorda il titolo di un’opera di un illustre appassionato di cose ovali come Jean Paul Sartre: ‘L’essere e il nulla’. Sufficiente dare un’occhiata ai titoli desolati (‘dov’è finita la gioia?’) e alle pagelle severe dell’Equipe dopo il fresco rovescio con il Galles: i 2 e i 3 si sprecavano”.
Tuffarsi nei flutti del flashback significa ritrovarsi nel 1953, a Lione. Contro una Francia guidata da Jean Prat (soprannome, Monsieur Rugby, e non è il caso di aggiungere altro), finisce 22-8: nell’Italia, Paolo Rosi detto la Voce, “Maci” Battaglini (teorico del sostegno: “vegnime drio”) e Sergio Lanfranchi, padri della patria, penati.
La Mala Pasqua di Grenoble (14 aprile 1963) non l’ha dimenticata nessuno, è diventata una saga, una favola di giganti, una chanson de geste. A mezzo secolo abbondante, i più giovani hanno superato i 70 anni e sono sempre e ancora vecchi fusti. Per chi ha perso la memoria o per chi, semplicemente, non sa, finì 14-12 per i francesi, ancora sotto di sei punti al 75’. Esordio insanguinato per un giovane Marco Bollesan (bella frase, tutta sua: “dopo mezz’ora eravamo rossi come papaveri”) e match deciso da Darrouy che tutti ricordano dotato di una corsa da veltro. Trentaquattro anni dopo, stesso prato, la vendetta contro una Francia senza lettere o numeri che la diminuiscano. È la Francia tout court, come dicono loro, e l’Italia la spalma come un paté prima di divorarla.
A parte il fausto 1997, sono gli anni che finiscono in 3 che forniscono materiale interessante: 1943, vede la luce il franco-furlan Walter Spanghero che, in un Tour dei Coqs in Sudafrica, meriterà il soprannome di Homme de fer: la traduzione è inutile. Il 51° cap, l’ultimo, arriva nel ’73. 1983: a Brescia, contro i Coqs targati A1, gli Azzurri impattano 6-6. La meta è di Zanon, la trasformazione è di Bettarello. 1993: a Treviso, ancora contro la A1,un’altra giornata dolcemente amara: quattro calci di un giovanotto biondo e con gli occhi azzurri (Diego Dominguez) non bastano contro la meta finale di Larran. E’ l’addio di Bertrand Fourcade, rilevato dal catalano Georges Coste che, prima che l’anno esaurisca i fogli del calendario, batte Francia e Scozia, opportunamente griffate con la lettera A. 2003, severa lezione al Flaminio: finisce 27-53. La prima meta è di Betsen, detto Boccuccia di Rosa, l’ultima di Rougerie che pare un Orlando innamorato.
Nel 2011, con una rimonta da brividi e lacrime scandita dai calci di Mirco Bergamasco, l’Italia ha iniziato a incrinare le sicurezze e le burbanze dei Bleus, due anni dopo (ancora un sorpasso nella seconda parte) ha allargato le crepe.
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