La comunità della filosofia è divisa, sembra tornata agli anni cinquanta quando da una parte i filosofi facevano brillare il pensiero marxista, dall’altra invece volevano bruciare la filosofia della reazione.
Una nuova divisione è provocata dalla prossima pubblicazione – per Bompiani – de ‘I quaderni neri’ di Martin Heidegger, il filosofo che aderì al partito nazionalsocialista nel 1933. Emmanuele Severino, Donatella Di Cesare, Giacomo Marameo, Victor Farias, Emmanuel Faye, tutti, sul ‘Corriere della Sera’, discutono sulla domanda: il pensiero di Heidegger è omogeneo al nazismo dopo la lettura dei suoi riscoperti taccuini? I quaderni neri, cioè gli appunti in cui il pensatore tedesco esprime idee di antisemitismo.
Queste meditazioni nere confermerebbero “l’introduzione del nazismo nella filosofia da parte di Heidegger” come scrive il filosofo Faye. Risponde Di Cesare che afferma che non c’è da “bandire Heidegger” ma è necessario entrare nella complessità filosofica “per pensare nella sua profondità abissale la Shoah.” Nei quaderni del filosofo dell’esistenzialismo tedesco, gli ebrei sono considerati gli “agenti della modernità; ne hanno diffuso i mali. Hanno deturpato lo spirito dell’Occidente (…) L’accusa non potrebbe essere più grave” sostiene la Di Cesare, legando Heidegger a precise responsabilità morali.
Chiamato in causa il più heideggeriano dei pensatori, Severino, egli risponde a tutti, anche ai libri di Maramao e Farias. Lo fa ricordando che Heidegger non è comprensibile in quei quaderni e “Per fortuna Heidegger non è coerente, ossia non esiste una connessione rigorosa tra le sue tesi; sì che si possono lasciar da parte i Quaderni neri senza esser costretti a fare altrettanto con molte altre sue opere…”
La varietà delle considerazioni critiche spinge a scrivere che non è il momento per avvicinarsi alla molteplicità di un sistema filosofico. E non è questa l’occasione per cercare le connessioni tra le affermazione dei quaderni neri e il sistema filosofico heideggeriano.
Il ricco confronto in corso tra i filosofi, invece, consente un altro tipo di riflessione. La prossima pubblicazione dei quaderni neri, se scatena il dibattito e invita alla ricerca, ammette una considerazione sull’intellettuale nel Novecento, sui gravi errori di un’epoca. Le compromettenti riflessioni sulla razza sono il segno dell’epoca dei totalitarismi. Sono il dramma di una generazione che, erroneamente, fissava la sua verità o nel partito o nella classe o nella razza. Purtroppo.
La condizione degli intellettuali del secolo scorso è stata approfondita da decenni di ricerche, alimentando dure contese. Ciò nonostante – e come sempre… – non trovano la stessa attenzione i diari e/o i testi degli intellettuali che suonarono il piffero alle sanguinose rivoluzioni comuniste, alle feroci dittature e alle stragi delle classi borghesi. Il pensiero occidentale è scritto con l’inchiostro del dolore.
Che facciamo, allora, bruciamo, con i quaderni, pure Essere e tempo di Heidegger? O per altro, incendiamo l’opera di Louis Ferdinand Cèline, colpevole di antisemitismo?
Naturalmente, il giudizio morale non deve abbassare la guardia durante il confronto. Ma la ricerca deve poter ricostruire i contesti storici; deve poter leggere, anche nei quaderni neri, l’errore di un secolo che cercò di realizzare la propria sbagliata società o nella malvagia sovietizzazione forzata o nella scellerata arianizzazione criminale del corpo sociale.
Senza un atteggiamento conoscitivo complessivo, il dibattito non va avanti. Scoprendo l’antisemitismo iscritto nell’opera heideggeriana, non si individua la radice della violenza del secolo breve; in questo senso convince la conclusione di Emmanuele Severino sul ‘Corriere della Sera’. Per ricordare analizzare e condannare i pesanti errori degli uomini che teorizzarono la supremazia occidentale sulle altre razze, sarebbe utile riscoprire, anche, quei deprecabili quaderni nei quali il grande scrittore Gor’Kij sparava antisemitismo nei suoi articoli o il celebrato poeta Majakovskij cantava in versi le sue idee antigiudaiche.