Con la vittoria che più fortunosa non si può contro l’Albania di Gianni De Biasi in quel di Genova, l’Italia chiude la stagione solare. In campo, a causa anche degli infortuni e dei forfait dell’ultim’ora, gli azzurri sono parsi solo la sbiadita fotocopia della corazzata che affondò prima l’Olanda e poi la Norvegia, all’esordio – sul ponte di comando – di Conte cittì. La squadra gira poco e, attenzione attenzione, se messa sotto pressione la Nazionale rischia clamorose fregature.
Contro la Croazia di Kovac, l’Italia ha finito per benedire un pareggio che, diciamocela tutta, solo qualche mesetto fa ci sarebbe stato stretto. E meno male che, causa fastidi fisici, i biancorossi avevano perso Luka Modric, il faro del centrocampo, l’uomo in più che già stava suonando la carica della riscossa dopo il bel gol di Antonio Candreva. Ci ha pensato Gigi Buffon a regalare il pari, una papera può capitare anche a lui. E vabbè. Poi una prestazioncina scialba, con la paura costante e continua delle folate del signor Perisic che con la sua bella partita costringerà il presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis a sborsare più di quanto preventivato (e sperato) per portarselo a Castelvolturno. Primum vivere, deinde philosophari. Il pareggio non fa male a nessuno e la nazionale esce indenne da una serata no.
E’ stata la partita con l’Albania, però, a far venire a galla i difetti maggiori della squadra di Conte. Sempre al netto di infortuni, forfait, turnover e diserzioni assortite, gli azzurri hanno traballato fin troppo vistosamente in difesa. Ogni volta che le Aquile di De Biasi riuscivano a ripartire in contropiede, rischiavano di far seriamente del male. La Maginot azzurra sembrava tale e quale a quella francese della Prima guerra mondiale: totalmente inutile, aggirabile con un paio di manovre avvolgenti sulle fasce e qualche ripartenza veloce. Il centrocampo ha filtrato poco, però. Addossare tutta la colpa a Bonucci & friends sarebbe da vigliacchi. La mediana ha pensato più al palleggio che alla copertura ed è anche grazie a ciò che Cikalleshi è sembrato, a tratti, un gigante della trequarti.
In attacco, Cerci sulla fascia fa praticamente quello che vuole. Ma gli è mancata una boa centrale, cosa che Sebastian Giovinco – con Mattia Destro decentrato – non potrà essere mai. Cross e passaggi a volte anche deliziosi, spesso pericolosi e mai concretizzati. Si rischia l’inconcludenza. L’unica azione davvero impressionante, fenomenale, da giustificare la serata è al quindicesimo del secondo tempo. In contropiede e tutta di prima ma la finalizzazione di Destro non è perfetta. Un lampo. E basta. Dopo la girandola di sostituzioni e di invasioni di campo (tre tifosi shqiperioti in campo, alla faccia degli stewards) c’è tempo per il gol di Okaka, in realtà un autogol di Salihi che insacca di testa sugli sviluppi di un calcio d’angolo.
Per Conte meno pazienza che con Prandelli ct
La nazionale vista contro Croazia e Albania è sembrata parente lontanissima di quella del San Nicola contro l’Olanda. Ma vince. A Prandelli si sono perdonati undici partite senza lo straccio di una vittoria, di una reazione, di attaccamento alla maglia. Con Conte, anche nella disgrazia, nel cantiere, almeno si vince. E fa bene a sottolinearlo. Nel dopo partita, però, annuncia riunioni per fare il punto della situazione sullo stato di salute del calcio italiano. Il problema, al netto del cittì, resta sempre lo stesso: all’Italia mancano campionissimi, specialmente in prospettiva. E senza di loro non si vince nulla, manco se in panchina si siede il dio del Calcio.