Torna a farsi vivo Benedetto XVI, il Papa ex merito della chiesa cattolica. Domenica lo hanno visto tutti in piazza San Pietro, durante la beatificazione di Paolo VI. Francesco è corso immediatamente a porgergli omaggio, così come era già accaduto durante la canonizzazione dei santi Giovanni Paolo II e Giovanni XXIII. Ratzinger era uscito dalla “clausura” anche in occasione del concistoro di febbraio. Si è trattato, tuttavia, di uscite silenziose. Stavolta, ha fatto sentire forte e chiaro il suo pensiero. Sono tre, infatti, i messaggi che ha spedito di recente a tre assise differenti. Li ha intercettati Andrea Tornielli di VaticanInsaider.
Il più articolato ed esteso è il testo che Benedetto XVI ha inviato all’Urbaniana in occasione della dedicazione al suo nome dell’aula magna ristrutturata. Un testo problematico. Il Papa emerito si è chiesto se davvero la missione sia ancora attuale, anche perché «oggi in molti, in effetti, sono dell’idea che le religioni dovrebbero rispettarsi a vicenda e, nel dialogo tra loro, divenire una comune forza di pace. In questo modo di pensare, il più delle volte si dà per presupposto che le diverse religioni siano varianti di un’unica e medesima realtà; che “religione” sia il genere comune, che assume forme differenti a secondo delle differenti culture, ma esprime comunque una medesima realtà. La questione della verità, quella che in origine mosse i cristiani più di tutto il resto, qui viene messa tra parentesi». Una concezione che «è letale per la fede. Infatti, la fede perde il suo carattere vincolante e la sua serietà, se tutto si riduce a simboli in fondo interscambiabili, capaci di rimandare solo da lontano all’inaccessibile mistero del divino».
«Per noi cristiani – ha scritto ancora Ratzinger – Gesù Cristo è il Logos di Dio, la luce che ci aiuta a distinguere tra la natura della religione e la sua distorsione. Nel nostro tempo diviene sempre più forte la voce di coloro che vogliono convincerci che la religione come tale è superata. Solo la ragione critica dovrebbe orientare l’agire dell’uomo».
In realtà «anche oggi, in un mondo profondamente mutato, rimane ragionevole il compito di comunicare agli altri il Vangelo di Gesù Cristo». E c’è anche un più semplice «per giustificare oggi questo compito. La gioia esige di essere comunicata. L’amore esige di essere comunicato. La verità esige di essere comunicata. Chi ha ricevuto una grande gioia, non può tenerla semplicemente per sé, deve trasmetterla. Lo stesso vale per il dono dell’amore, per il dono del riconoscimento della verità che si manifesta». «Annunciamo Gesù Cristo non per procurare alla nostra comunità quanti più membri possibile; e tanto meno per il potere. Parliamo di Lui perché sentiamo di dover trasmettere quella gioia che ci è stata donata».