A Roma va in scena una nuova protesta. Tutto in regola. O meglio, le regole del codice della strada. A proporla, Micaela Quintavalle, pasionaria delle proteste Atac e leader, nonché fondatrice, del sindacato Cambia-Menti m410, il sindacato di categoria del trasporto pubblico locale. Quello capitolino, per l’esattezza.
Già la scorsa settimana, in occasione di un sit-in Campidoglio, la Quintavalle aveva annunciato, insieme ai suoi colleghi, la battaglia alle istituzioni e ai vertici Atac: “Cabine blindate subito, o bloccheremo Roma!” – questa la richiesta della piazza, a seguito dei fatti di Corcolle. Certo è che Corcolle non è un caso isolato, ed E. non è l’unica autista aggredita. Sono 180 le aggressioni registrate nell’ultimo anno, secondo le stime di Cambia-Menti.
E allora ecco che la protesta sui generis prende forma: “Indicheremo guasti con l’eventuale possibilità di arrestare il mezzo, condurremo i bus ad una velocità adeguata alla strada, effettueremo tutte le fermate in sicurezza, non supereremo se c’è la doppia striscia continua”, dove appunto non è prevista la possibilità di sorpasso. Sembra paradossale e surreale, ma è così: questa protesta, evidentemente, mette in luce criticità e debolezze del trasporto pubblico, anche quelle su strada, ed evidenzia la pericolosità – talvolta – dei mezzi sui quali viaggiamo, della condizione dei quali, però, non si può e non si deve parlare.
Come è successo a Ilario e Valentino dell’USB – autisti della Trotta, facente capo al Consorzio Roma TPL, sospesi dal servizio per aver descritto in TV le pessime condizioni dei mezzi che sono costretti a guidare – guai, infatti, a fare dimostrazioni pubbliche. Tanto che, Micaela Quintavalle, per essere apparsa in televisione, per aver parlato in radio, e per aver rilasciato dichiarazioni a giornali “senza autorizzazione” è stata colpita da un nuovo provvedimento disciplinare. Colpevole, di aver parlato degli “stipendi immensi dei dirigenti” e dei loro “premi” – così si legge nel provvedimento.
Le agitazioni, comunque, non riguardano solo il comparto ATAC, ma anche quello privato, del Consorzio Roma TPL, che gestisce il 30% circa del trasporto pubblico capitolino. 24 ore prima del sit-in targato Quintavalle, a Roma è andata in scena una protesta storica: l’intero comparto del trasporto pubblico capitolino – Atac e Roma TPL, pubblico e privato – si è riunito in una giornata di sciopero “per protestare contro la politica dei tagli attuati dal Comune di Roma”. Questo è quanto comunica l’USB, il sindacato che ha indetto la protesta di 24 ore.
I motivi? “Il diritto ad avere lo stipendio pagato regolarmente, i versamenti ai fondi integrativi alla pensione (Priamo etc. ndr), soldi puntualmente detratti dalla busta paga e mai versati ai fondi e contro la vergognosa pantomima del contratto di solidarietà che li vede decurtati di un giorno di lavoro a settimana” – spiegano da USB, convinti anche che gli esuberi non esistano, dal momento che i lavoratori, per rimanere in tema di sicurezza, sono costretti, talvolta ad effettuare doppi se non tripli turni. Pertanto, anche contro i contratti di solidarietà, la battaglia è aperta.
“Diminuisce il salario dei lavoratori, diminuiscono le linee sul territorio” ma “aumentano l’orario di lavoro e le aggressioni a chi è in prima linea” – spiegano ancora da USB, denunciando “un’organizzazione del sistema scriteriata, messa in atto dalla politica con l’avallo di tutti quei sindacati che in tutti questi anni sono stati coprotagonisti”, ad esempio, appoggiando la vendita “di una fetta del trasporto pubblico di Roma con la creazione delle linee J, poi Tevere TPL, oggi Consorzio Roma TPL SCARL”. La cui esistenza, per stessa ammissione dei rappresentanti USB in occasione di un’assemblea interna, era sconosciuta al sindaco Marino.
Nel frattempo, sul caso Ilario e Valentino, gli autisti colpevoli di aver usufruito di un diritto costituzionalmente garantito, ma evidentemente non riconosciuto nell’Italia di Renzi e nella Roma di Marino, quello della libertà di esprimersi, è pronta un’interrogazione rivolta al ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali.
In attesa di una risposta, il messaggio è chiaro: la battaglia a colpi di codice della strada è solo all’inizio.