Se c’è una cosa che unisce, specie in Estate, tutto il Bel Paese, da Nord a Sud e ritorno, questo è il culto delle “sagre”. Culto laico ed insieme religioso, per la capacità che ha di unire il sacro con il profano, il tempo della festa fa emergere una volontà di condivisione e di gioiosa partecipazione, che pareva soffocata dai meccanismi del consumismo di massa. A volte, nell’eterogeneità del fenomeno, è il dilettantismo a prevalere insieme a non nascosti interessi turistici. Ma quel che più conta è che in essi vengono ad essere riprodotti e rappresentati modi e modelli di vita comunitaria che si pensavano travolti dalla modernità.
Ci vuole poco per percepirli. Basta appena immergersi, senza grette prevenzioni, in una delle tante celebrazioni che punteggiano l’Italia, annunciate da squillanti manifesti murali. Parla la Tradizione. Per un attimo forse, magari per un occasionale incontro estivo, ma parla. E allora è un sentire nuove sensazioni ed emozioni, tra rulli di tamburi, stendardi colorati, frusciare di stoffe antiche, ostensioni sacre. Ritorna la comunità, grande assente nel tempo dell’io. E non serve Tönnies a farcene comprendere l’articolazione sociologica. Brillano di luce propria i resti di tradizioni insieme cristiane e pagane. E ci si dimentica di Eliade.
Nell’inusualità del rito, complesso e ricco nella sua apparente semplicità, c’è il riscatto del Palio sul derby teletrasmesso, della sagra paesana sul talk show, del complesso bandistico sullo smartphone. Ogni paese , ogni festa, esprime questa singolare miscela religiosa e profana, fatta di Madonne e di riti propiziatori, di fuochi celebrativi e di Santi Patroni, di oroscopi e di Fede, di bancarelle e di incenso. Lareligiosità non scompare, ma vive su un piano diverso. A ben guardare, è il “sentimentalismo religioso” , ricco di esteriorità e di intime certezze, ad uscire vincente, zuccheroso come certi dolciumi, stupefacente come gli immancabili fuochi d’artificio, avvolgente come può essere una folla che si sente accomunata da “visioni” condivise.
E’, in fondo, la risposta del “Paese reale” allo smarrimento contemporaneo, a certa cultura impopolare, alla mancanza d’identità chiare. E’ un lampo, niente di più. Ma, sapendolo cogliere, può aiutare a riflettere su ciò che siamo veramente, come popolo, e su ciò che potremmo essere. In fondo, il futuro ha un cuore antico …