Non saranno i mondiali del Samba, lo sanno ormai anche le pietre. Chi ancora si ostini a non volerlo ammettere si guardi la partita d’esordio delle stelline cartonate di Felipao Scolari che vincono (senza onore) contro la terribile orda croata di Kovacic, Rakitic e compagnia scalciante.
Non c’è poesia in questa Seleçao che, per battere la Croazia, è costretta a giocare in dodici, con la partecipazione straordinaria del pittoresco arbitro giapponese, tale signor Yuichi Nishimura.
Cominciamo dal principio. La Croazia non ha la minima intenzione di far da sparring partner ai titolati carioca. Undici minuti dopo la fine del convulso sculettare dalla sempiterna Jennifer Lopez e l’inizio della partita, Marcelo inganna il suo stesso portiere, Julio Cesar, finalizzando in porta (quella sbagliata, però), un passaggio in area. Zero a uno, è l’inizio della tragedia. Quando il gioco si fa duro, però, i duri iniziano a giocare. Tocca a lui, il mondo lo guarda. Più spiritato del mitico Totò Schillaci delle Notti Magiche di Italia ’90, con uno scatto degno del miglior Ronaldo dei bei tempi che furono. No, non è Neymar, è Nishimura-san, l’arbitro nippone con il cuore che balla il samba.
Proprio la stellina del Barça firma il pareggio. Azione personale e tiro che buca Pletikosa. C’è un problema: s’è liberato dal suo diretto marcatore, il solido centrocampista Modric, rifilandogli una manata in faccia, stile Bud Spencer. Nishimura non ci pensa proprio a fermare il gioco nè ad annullare la rete. Giusto per non apparire troppo ingiusto, sventola un cartellino giallo sul grugno di Neymar.
Non è finita. Passano i minuti, la Croazia gioca a calcio mentre il Brasile si affida alla sorte e a Nishimura. Che non ne azzecca una. Quando, tutt’ad un tratto, accade l’irreparabile. Al centro dell’area, colpito forse da un cecchino nascosto tra il pubblico di San Paolo, Fred precipita a terra. Una rappresentazione scenica che avrebbe fatto l’invidia di Super Pippo Inzaghi. Il giapponese col fischietto (e la bomboletta per segnare la distanza della barriera sui calci di punizione!) indica il dischetto. Neymar, gol. Due a uno. Da qui in poi non c’è più storia. O meglio: alla Croazia viene annullato il gol del pareggio e Oscar indovina un tiro velenoso di punta che si insacca nell’angolino basso. Triplice fischio finale, valzer di polemiche. Il ct croato Niko Kovac annuncia di essere disposto a tornarsene a casa se il risultato delle partite è già scritto. E vagli a dare torto. L’interista Kovacic s’incazza parecchio e il suo compagno di squadra Hernanes ha voglia di sgolarsi per chiedere che non si dica in giro che il Brasile è ‘condannato’ a vincere.
Non c’è poesia, in questa che pare la Seleçao più brutta di sempre. Peggio pure di quella di Usa ’94, che vinse i Mondiali, d’accordo, ma che non fu mai davvero amatissima in patria. Forse è presto per giudicare. Una cosa, però, già è stata consegnata alla storia: per vincere contro la Croazia, all’esordio, il Brasile ha dovuto ringraziare l’arbitro. Roba da anni ’50. Roba da accendere subito un cero alla sacra Trimurti Varela-Ghiggia-Schiaffino. Hasta siempre, Maracanazo.