Tutto va come deve andare. Poche sorprese nella kermesse più attesa dai cineasti, la premiazione degli Academy Awards, meglio conosciuti come Oscar, non hanno dato vita a grosse “perturbazioni” da un punto di vista tecnico. Vincitori più o meno noti, atmosfera elegante meno pomposa rispetto l’anno passato.
Non per questo sono mancati i momenti indimenticabili. La conduttrice davvero esilarante conferma il trend comico e ironico che fa da staffetta: la scorsa premiazione con l’inventore dei Griffin Seth MacFarlane, quest’anno con una donna di “nicchia” Ellen DeGeneres, che aveva già presentato gli Oscar nel 2007. E sarà lei ad aprire la risata con l’osservazione “vedo che in 7 anni sono cambiate molte cose” riferendosi alle nomination, in gran parte ricalcate su quelle del 2007 (vedi Meryl Streep su tutti). Ennesimo momento esilarante che manda in tilt il Doulby Theatredi Los Angeles è stata la distribuzione in platea delle pizze a domicilio, mangiate realmente dalle star (da vedere e salvare la foto di Brad Pitt in smoking ma comunque propenso a ingozzarsi, forse per scaramanzia).
Al di là delle crasse risate, non sono state da meno le citazioni, indimenticabili per pathos. Bill Murray, attore comico apprezzatissimo ad Hollywood, ha ricordato l’amico scomparso il 24 febbraio scorso, Harold Ramis, l’Egon Spenglerdella fortunata saga di Ghostbuster.
L’Oscar della serata va però, alla maniera dei Guinnes WorldRecords, al social network ospite d’eccezione: Twitter. Sarà infatti la già citata e spumeggiante Ellen DeGeneres a scattare la foto che passerà alla storia per essere la più ritwittata (condivisa) con gran parte degli attori presenti nelle prime file. Selfie a parte, il momento più sexy è forse stata l’esibizione di Pharrel con la sua “Happy” che, sceso in platea, ha fatto ballare tutte le belle signore da Oscar, compresa Meryl Streep.
Ma sono due le immagini più significative: l’abbraccio di Mattew McCounaghey a Di Caprio, dopo avergli “rubato” lo scettro di miglior attore (il primo vincendo alla sua prima nomination, il secondo rosicando dopo l’ennesimo flop). Sarà il caso di scomporre la coppia Scorsese-Di Caprio? Forse sì, ma se il bel Leo non è riuscito a conquistare la nomination neanche con il suo ruolo nel multipremiato Django Unchained nel 2013, si può forse parlare di “complotto” all’americana nei confronti di un attore completo che con film come Django, Aviator, The Wolf of Wallstreet (il grande sconfitto di questi Awards) e “Il Grande Gatsby” meritava come minimo l’Oscar per la coerenza!
Il secondo momento da cineteca? La premiazione de La Grande Bellezza, che conquisterà le prime pagine dei giornali con 48 ore di ritardo – la tempistica della carta stampata al JetLag – che comunque, stime alla mano, non aveva lasciato molti dubbi dietro di sé dopo la vittoria ai Bafta (gli Oscar britannici). Sul palco un felicissimo Tony Servillo/Jep e un emozionantissimo Paolo Sorrentino, che si è ispirato a Scorsese e a Maradona, come da lui ricordato. Ma il bravo Sorrentino ha anche parlato di cinema italiano da esportare nuovamente in America, e questo ci pare l’essenziale dopo la vacatio legis degli ultimi 15 anni, data del colpaccio di Benigni con la Vita è bella. E c’è da sperare visto il successo ottenuto da pubblico e critica per un film intenso, emozionante, malinconico, che richiama in qualche modo alla Roma di D’Annunzio – citato nel film tra l’altro – e a quello splendore apparente post felliniano. Piero Tosi è l’altro italiano “da oscar” – alla carriera però – per i costumi, molti lo ricorderanno nelle atmosfere de Il Gattopardo.
La sfida, ricalcando la strategia del 2013, quando 3 film si divisero il paniere (Argo, Vita di Pi e Lincoln) è stata tra Gravity, ben 7 premi Oscar, tutti tecnici a parte la regia del bravissimo Alfonso Cuaron, il già citato Dallas Buyers Club per gli attori e il 12 Anni Schiavo che si aggiudica “solamente”, rispetto almeno ai pronostici, il Miglior film (ritirato da Brad Pitt nei panni di produttore) e sceneggiatura non originale e, ovviamente, alla miglior attrice non protagonista Lupita Nyong’o. C’è da dire che Gravity è il vero co-vincitore della kermesse poiché difficilmente un film “mezzo” fantascientifico riesce a conquistare l’Academy. Non c’era riuscito neanche Stanley Kubrick con 2001 Odissea nello spazio! Ed era dal 2009 che un film non si aggiudicava ben 7 premi Oscar!