Genghis Khan non entrerà mai in Parlamento e il suo volto non sarà mai stampato su una scheda elettorale. La Suprema Corte della Mongolia ha bocciato la costituzione del partito “intestato” al temibile imperatore.
La notizia è stata resa pubblica a Natale quando i giudici mongoli hanno respinto definitivamente la richiesta presentata da un gruppo di cittadini che premevano per la costituzione del Chinggis Khan Party. Le motivazioni sono stringate quanto nette: non si possono formare partiti che nel nome richiamino persone. Fosse anche il mitico fondatore dell’Orda d’Oro, venerato ancora come il padre della Patria mongola a distanza di 850 e passa anni dalla nascita. Basta con il culto della personalità. E poi c’è un altro motivo: il numero degli estensori della richiesta è troppo esiguo. Altro che Orde, Genghis Khan ne ha richiamati pochini di seguaci.
Attualmente, dalle parti di Ulan Bator, ci sono ventidue partiti. L’ultimo a essere ammesso – in ordine temporale – nel panorama politico è il partito conservatore. Al governo c’è una coalizione di centrosinistra, all’opposizione i socialisti rivoluzionari.