Venti di crisi nel Mar della Cina: al centro delle tensioni sempre le stesse isole Senkaku-Diaoyu, cinque piccole isole disabitate al largo della Cina, ormai al centro di un’ accesa disputa fra Tokyo e Pechino: controllate di fatto dal Giappone, sono però rivendicate dalla Cina, che ha deciso di includerle nella propria “Zona per l’identificazione della Difesa aerea”, sovrapponendosi a quella del Giappone.
Alla levata di scudi del Primo Ministro nipponico, che annuncia contromisure “contro il tentativo di cambiare lo status quo con l’uso della forza in quanto siamo determinati a difendere il nostro spazio aereo e marittimo”, segue la presa di posizione dell’ Amministrazione americana, che si schiera con l’Impero del Sol Levante. Alle reazioni critiche del Segretario della Difesa Chuck Hagel e del Segretario di Stato John Kerry, ha fatto seguito la “passeggiata” di un B52 nel cielo sopra alle Senkaku il 27 novembre, dopo che, in seguito alla prima ricognizione aerea cinese nell’area, anche i caccia giapponesi si erano alzati. Gli esperti temono l’escalation militare che rischierebbe di sfociare in un conflitto.
Il governo Abe è ormai da più di un anno impegnato in una politica di vero e proprio revanscismo: suo cavallo di battaglia è la riforma delle forze armate, che porterebbe il Giappone ad avere una propria Difesa a tutti gli effetti, modificando la Costituzione e le leggi in materia che applicano gli accordi di pace post-seconda guerra mondiale. Il tutto con forti ripercussioni anche su altri ambiti: alla creazione, ormai data per scontata, di un Consiglio per la Sicurezza Nazionale sul modello di quello statunitense, ormai imminente, si accompagna, in funzione della prospettata attività di scambio di informazioni riservate all’interno ed all’esterno, una legge fortemente restrittiva sui segreti di Stato.
Approvata dalla Camera Bassa fra le vibranti proteste delle opposizioni, in fase di passaggio dalla Camera Alta, la legge estende l’apponibilità del segreto di Stato ad una gamma vastissima di ambiti ( non solo quello militare, ma anche quello dell’intelligence e della diplomazia ed altri ancora) ed allunga in maniera assai sensibile i tempi di durata, rendendo il segreto prorogabile praticamente all’infinito per i casi “più sensibili”. Le burocrazie ministeriali in pratica potranno apporre il sigillo del segreto senza limiti e controlli, e in caso di violazione del divieto rivelazione, non solo il funzionario responsabile (cui non vengono riconosciute possibilità di dimostrare un interesse pubblico) ma anche tutti coloro che concorrono, compresi giornalisti e membri del Parlamento, rischiano il carcere. E questo anche qualora il documento riguardi, ad esempio casi di corruzione.
Fuori e dentro al paese fervono le proteste delle associazioni per la difesa dei diritti civili, che considerano il provvedimento una patente violazione della libertà di stampa e di informazione e temono un’involuzione della democrazia giapponese.
La politica estera e militare di Abe sta sempre più monopolizzando l’attenzione del Primo Ministro, facendo passare in secondo piano l’altro grande cavallo di battaglia del governo: l’Abenomics, la politica di crescita economica basata sulla combinazione di deregulation e forte interventismo dello Stato. Una politica che ha dato, nel breve periodo, una forte spinta propulsiva alla crescita economica, la quale però sembra in fase di esaurimento. Le stime sulla crescita del Pil sono sempre più al ribasso, mentre il debito pubblico cresce (anche se il fatto che sia detenuto al 90% da investitori interni mette al riparo dal rischio speculazioni), lo yen è sempre più debole, e le esportazioni crescono meno del previsto. Le riforme strutturali annunciate procedono con sempre maggiore lentezza, in misura inversamente proporzionale all’accelerazione delle riforme in materia di difesa (anche se va detto, che le categorie economiche stanno contrastando l’Abenomics con una strenua opposizione). Continua invece la politica degli accordi di libero scambio. Il vertice conclusosi il 20 novembre a Kantei col Presidente della Commissione Europea Josè Manuel Barroso e quello del Consiglio europeo Herman Von Rompuy ha segnato un passo avanti nei negoziati. E, nel frattempo, Abe ha pure incassato un sostanziale ok di Bruxelles alla propria politica estera. La qual cosa sembra premergli, al momento, più di tutto il resto.