Conflitti d’interessi, inopportunità, scivolate sul fronte del buon gusto. A qualcuno è permesso. A Domenico Siniscalco, ad esempio, che si è dimesso dal vertice di Assogestioni senza suscitare grandi clamori. Eppure le regioni di questo abbandono non sono proprio di poco conto. Perché l’ex ministro di Berlusconi (in quota “poteri forti”) era anche presidente in Italia di Morgan Stanley, ossia la banca a cui Telecom ha affidato il mandato per il convertendo e per la vendita delle torri.
C’è qualcosa di male? No, se Assogestioni – che raccoglie fondi – non avesse anche raccolto intorno a sé, nell’ultima assemblea Telecom, qualcosa come il 20% del capitale della società di tlc. E sommando la quota Assogestioni con quella del gruppo Fossati, si andrebbe a mettere in minoranza il gruppo spagnolo Telco. Dunque Siniscalco da un lato sarebbe l’advisor di Telecom e, dall’altro, il presidente di un’associazione che potrebbe scalare la società. Non proprio una bella cosa. Non proprio il massimo della correttezza.
Ma nessuno si indigna più di tanto. A partire da un centrodestra che polemizza su tutto ma si guarda bene dal toccare un ex ministro che aveva sostituito Tremonti per far piacere a chi stava molto più in alto. D’altronde tutta la carriera di Siniscalco è indicativa del ruolo del professore e della sudditanza di una parte politica che non vuol crescere. Dapprima uno dei “Reviglio boys” (insieme a Tremonti), poi docente di Economia politica all’Università di Torino (ogni elemento di somiglianza con l’ex ministro Fornero non è per nulla casuale), quindi consigliere d’amministrazione Telecom e poi Direttore del Tesoro. Infine ministro, scalzando l’ex amico Giulio. Infine il bel gesto delle dimissioni, a fine 2005, per il mancato appoggio del governo alla sua richiesta di dimissioni di Antonio Fazio.
Ma, in base alla teoria delle porte girevoli codificata da Goldman (somiglianze anche con Monti), il prode Siniscalco dopo pochi mesi è già vice presidente di Morgan Stanley international, prima di diventarne il presidente per l’Italia.
Nel frattempo il servilismo del centrodestra fa sì che sia anche indicato come il candidato ideale per la poltrona di sindaco di Torino. Ma Siniscalco ignora la proposta. E viene anche costretto a ritirare la candidatura per la presidenza del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, quando scopre che non c’è accordo sul suo nome.
Ora è la volta di questa nuova scivolata, magari in attesa che il centrodestra alla ricerca di padroni lo indichi come il nuovo che avanza e come il rappresentante non del popolo degli elettori, ma dei poteri forti che sgovernano l’Italia.