Il 29 giugno scorso su Facebook circolava, impazzito, il post di un blog ancora semisconosciuto. S’intitolava “L’Etica Barese e lo Spirito del Chiringuito” e parlava, in maniera estremamente ironica, dell’ormai storico bar barese, punto di ritrovo estivo per eccellenza del Capoluogo. In poche ore, le condivisioni sul principale social network sarebbero diventate più di cinquemila e avrebbero fatto scoprire, a baresi e non, “Il Blog Struggente di un Formidabile Genio”, uno spazio in cui Renato Nicassio sdrammatizza su un’intera generazione e sui suoi luoghi comuni più usati (e abusati). Fra citazioni letterarie e personaggi di serie tv americane, ogni post fornisce una lettura originale e divertente di situazioni quotidiane, sempre con il riconoscibilissimo sguardo di chi scrive. Con lo stesso spirito che popola le pagine del suo blog, Nicassio ha scritto un libro: Un moderato delirio – Sopravvivere a Bari, edito da Wip Edizioni. Ne riportiamo qui un breve estratto:
Dieci o più persone sedut e a uno stesso tavolo non possono parlarsi. È naturale. È umano. È pura logica matematica applicata alla sociologia urbana. Non esiste argomento alcuno in grado di impegnare dieci o più persone in un’unica, grande conversazione. Quando, dopo spossanti e deliranti fatiche, una comitiva trova posto in un locale, le persone si dispongono al tavolo secondo le note regole della geopolitica della conversazione.
Nel caso – abbastanza frequente – in cui la comitiva sia il risultato dell’unione di due gruppi, il tavolo del pub diventa il corrispettivo della cartina europea al tempo della Guerra Fredda. Da una parte il fronte atlantico-occidentale e dall’altra il fronte sovietico. In mezzo non c’è nessuna divisione tangibile ma nonostante ciò esiste un’invisibile cortina di ferro, un ipotetico Muro di Berlino che fa sì che durante la serata non avvenga alcuno scambio verbale o materiale tra le due parti. In realtà, a voler essere precisi, al confine esatto si situa una persona effettivamente in grado di interagire con i due blocchi contrapposti. È la cosiddetta persona a cui appartengono gli altri, così come viene vista e definita da ciascuno dei gruppi diversi. La persona a cui appartengono gli altri è semplicemente l’amico che i due gruppi hanno in comune, il quale, per tutta la serata, è tenuto a voltarsi alternativamente a destra e a sinistra per intrattenersi in conversazioni differenti.
Quando una comitiva è formata da due gruppi, quindi, ciò che accade è relativamente semplice. Il tavolo si spacca in due e le due metà vivono di vita propria e indipendente. Sono infatti solitamente abbastanza piccole per farlo.
Ma che accade nel caso in cui una comitiva è a tutti gli effetti una comitiva, quando cioè non è la risultante di A+B ma è un’unica entità X? Beh, in questo caso le cose si complicano. Il tavolo, infatti, si dividerà non secondo un’unica grande regola generale bensì seguendo un dedalo di convenzioni e occorrenze che, da anni, forniscono materiali ai ricercatori di geopolitica dei locali serali.
La disposizione dei posti in un tavolo di una comitiva non suddivisibile in vari gruppi preesistenti riflette fondamentalmente il grado di amicizia che intercorre tra i suoi componenti. Questa non è tanto una regola ferrea quanto una tendenza di massima.
Le coppie, ovviamente, si dispongono sempre insieme: o Lui accanto a Lei oppure, più raramente, Lui di fronte a Lei.
Gli amici si dispongono in maniera più complessa. A volte la suddivisione è su base di genere: i maschietti da una parte e le femminucce dall’altra. A volte – ed è quello che interessa di più – la suddivisione segue le previsioni della conversazione che verrà. L’obiettivo di una tavolata, infatti, è che nessuno resti con nessuno con cui parlare. Tutti devono avere qualcuno con cui chiacchierare. Sì, ma come? E soprattutto di cosa?
*”Un moderato delirio” di Renato Nicassio Wip edizioni