Ogni libro ha un suo destino e una sua forza; l’opera di Giovanni Preziosi “La Germania alla conquista dell’Italia”, pubblicata la prima volta nel 1916 è sicuramente un libro attuale, capace di sfidare i ricorsi storici e rimanere riferimento di analisi economico-politica importante. Il libro è stato riedito da Ar con la cura del professor Massimo Pacilio nel 2013.
Preziosi racconta l’Italia ante prima guerra mondiale, alzando il velo dell’ignoranza comune su questioni da pochi padroneggiate, da molti non conosciute, ma che riguardano la sorte di un intero Paese, riflettendo su alleanze, asservimenti, crisi economiche, schieramenti politici, fortuna imprenditoriale e nel raccontare eleva lo stile giornalistico come pochi altri esempi hanno saputo fare. Sferzante, mai volgare, impreziosito da fluide citazioni classiche; la forma usata da Preziosi diventa immagine nelle citazioni e nelle metafore, nelle metonimie, che qua e là ci ricordano i padri da cui abbiamo tratto l’insegnamento delle lettere.
Sotto processo è la Banca Commerciale Italiana, costituitasi nel 1894 con un esiguo capitale, specifica Preziosi, di soli 5 milioni, lievitati in venti anni in 156.000.000, di proprietà italiana ma diretta da banchieri tedeschi. La “piovra teutonica” in pochi anni raccoglie nelle sue mani tutto il commercio bancario e servendosi di società anonime, le odierne società per azioni, partecipa alla economia italiana, dirigendola, in un senso o nell’altro. La precisione giornalistica di Preziosi si incontra in varie parti dell’opera con la perizia di un economista esperto come Pantaleoni, grazie al sostegno scientifico del quale riesce a dimostrare quale sia la natura della Banca Commerciale Italiana, dall’essere creduta un “neutrale centro di interessi finanziari” al rappresentare un istituto di credito integratosi nel vuoto costituitosi in seguito alla caduta della Banca Romana e simili enti di emissione, con la strategia di stringere l’Italia nei tentacoli della “piovra teutonica”, ovvero del disegno egemonico pangermanista.
La strategia finanziaria “errante” come si premette nel sottotitolo si serve dell’istituto bancario per controllare e soffocare la libertà degli Stati, divenendo opera di sfruttamento capitalistico, metamorfico, perché incurante di forme ideologiche e adattabile ai contesti socioculturali e politici più disparati. Che debba promuovere il pacifismo o il nazionalismo poco importa, le tattiche non minano la strategia: impadronirsi delle maggiori industrie incamerandone i titoli, per essere riconosciuta arbitro del loro destino.
Chiaramente “La Germania alla conquista dell’Italia” parte da premesse economiche, a cui dedica ampia trattazione, non si esaurisce in esse tuttavia, andando a sfiorare anche gli aspetti altri della vita di uno Stato, rintracciabili nella politica o nella cultura e nella ideologia. La politica è ingenuamente al servizio dei banchieri tedeschi, la stampa è tributaria della Commerciale e delle Società da essa dipendenti, l’ideologia è lo spauracchio per le masse, e la Nazione è il richiamo studiato per popoli ed eserciti; sotto il velo rimane l’asservimento economico, morale e politico dell’Italia rispetto ai Paesi esteri, quei Paesi per volontà dei quali, potremmo aggiungere oggi, casualmente, qualche anno prima era avvenuta l’unità d’Italia.
Un secolo dopo siamo nelle stesse mani. La BCE con la politica dell’euro assorbe le economie degli Stati e li rende colonie, dettando leggi, non solo riguardanti la sorte economica degli stessi, ma anche politica, giuridica e di costume. La finanza, errando, ha conquistato più di tanti eserciti militari, allevando, con paziente tenacia, le menti, che dopo una breve pausa, hanno preso l’attuale potere politico.
*”La Germania alla conquista dell’Italia” di Giovanni Preziosi (Ar, euro 35)