“Il mio nome è Bond, James Bond”. Era il 1962 e in Licenza di Uccidere un immortale Sean Connery, in smoking due pezzi e sigaretta all’angolo della bocca, così si presentava a alla conturbante Sylvia Trench (Eunice Gayson) ad un tavolo da poker. Sono passati 51 anni da allora, ma non per 007 che resta sempre un agente segreto affascinante e seduttore. In parallelo alle storie di celluloide prodotte da Albert Broccoli e famiglia, le spy stories con protagonista l’agente doppio zero non si fermano e trovano nuova linfa.
Nel 2013 William Boyd restituisce il personaggio di Ian Fleming alla carta stampata con “Solo”, nuovo volume della saga letteraria che anticipa di un paio d’anni il capitolo cinematografico diretto da Christopher Nolan con Daniel Creig. E’ il 1969 e Bond ha 45 anni. Seguendo la linea temporale dettata dal ciclo cinematografico sono passati tre anni da quando, al largo delle Bahamas, dopo uno spettacolare assalto subacqueo l’uomo del MI6 poneva fine al regno di terrore di Emilio Largo/Adolfo Celi, elegantissimo e terribile numero 2 della Spectre.
Lo scenario di Solo sposta le avventure di 007 nell’Africa delle guerre di decolonizzazione. Un Terzo Mondo che dalla rivolta anti francese in Algeria nei Cinquanta, alla fine degli Anni Sessanta ha visto eserciti mercenari, regimi dispotici e corpi di spedizione europei contendersi le immense ricchezze del Continente Nero. L’azione di Bond porta l’eroe a muoversi tra Africa, America ed Europa. Chiaramente il nemico che dovrà affrontare ha scopi tutt’altro che pacifici, tentando di destabilizzare nazioni come gli USA partendo proprio da aree del Mondo più deboli e soggette a sconvolgimenti politici e militari.
Ma lo 007 di Solo si discosta molto da quello che abbiamo conosciuto negli ultimi 20 anni al cinema. Secondo Boyd l’agente segreto, come ogni uomo, ha i suoi difetti e i suoi punti deboli e, giunto alla soglia dei cinquanta, anche problemi che lo affliggono tra i quali l’alcolismo.
Mamma! Un James versione “Tre metri sopra il cielo” ? Mah, speriamo invece sopravviva quell’altro Bond, quello uscito dalla penna di un ex agente che aveva combattuto i nazisti nella II Guerra Mondiale e che si era ritirato (beato lui) per scrivere nella sua villa in Giamaica. Insomma, Fleming ci aveva donato un uomo bello, attraente, dalla battuta pronta, colto, raffinato, spietato, donnaiolo, grande bevitore di vodkatini, fumatore e anche un po’ senza scrupoli. Difetti? Macché! A generazione di ragazzi e ragazze lui piaceva così, con i vizi e i vizietti che lo rendevano unico e amatissimo dal pubblico mondiale.