Lo ha rilanciato (anche) su twitter: «Pregate per la pace!». Papa Francesco ha stilato così l’invito alla giornata di digiuno per la pace in Siria e nel Medio Oriente. «La pace è un bene che supera ogni barriera, perché è un bene di tutta l’umanità», si legge poi nel tweet diffuso attraverso l’account @Pontifex. Nei giorni in cui il G20 ha dimostrato la sostanziale divergenza delle maggiori cancellerie del mondo sull’affare Siria, ci pensa la Chiesa ad incarnare l’unica (forse l’ultima) guida morale trasversale ai popoli e alle religioni.
Mentre il fronte interventista annaspa alla ricerca di sostegno “sulla carta” non passa inosservata invece l’attività del Vaticano: non solo “preghiera” e “digiuno” ma anche diplomazia e moral suasion. Dopo gli appelli del Papa, la lettera a Vladimir Putin (che abbiamo pubblicato integralmente su Barbadillo), gli apprezzamenti dell’Onu, il vertice con gli ambasciatori accreditati, ieri in piazza San Pietro va in scena la “giornata di digiuno per la pace in Siria e in Medio Oriente” alla quale Jorge Mario Bergoglio, domenica scorsa all’Angelus, ha invitato – “nel modo che riterranno più opportuno” – anche “i fratelli cristiani non cattolici, gli appartenenti alle altre Religioni e gli uomini di buona volontà”. Una campagna che, nel giro di qualche giorno, è riuscita a coinvolgere personalità e guide spirituali, semplici cittadini e ministri. In piazza, infatti, oltre che i rappresentanti di tutte le confessioni ci saranno anche gli stessi ministri del Governo italiano e molti parlamentari.
Tutto questo arriva nelle stesse ore in cui il vertice del G20 in Russia ha rappresentato un sostanziale fallimento per il presidente degli States Obama. Il capo della Casa Bianca, infatti, è riuscito a strappare solo 12 “sì” – Germania e Italia inclusi – che significano “comprensione” per l’eventuale intervento armato. Dall’altro lato, invece, il padrone di casa Vladimir Putin “guida” il fronte dei contrari, che comprende tutti i paesi emergenti – dalla Cina all’India e il Brasile. Come se non bastasse adesso per Obama arriva il momento della conta “interna”, dove il “sì” alla guerra rischia seriamente alla Camera una bocciatura simile a quella avvenuta in Inghilterra. Sia fuori che “dentro”, insomma, il presidente degli States appare sempre più isolato.